Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il vu cumprà-filosofo

Fonte: L'Unione Sarda
8 novembre 2012


IL PERSONAGGIO. Cerno,il senegalese adottato dai residenti e clienti
 

Da 22 anni nello stesso posto: vende davanti al bar
«Prima il cuore, secondo la salute, poi il lavoro». Cerno (lo chiamano tutti così) detta le sue priorità di vita mangiandosi ancora qualche parola di italiano malgrado i due decenni trascorsi nel belpaese. Nel 1990 è approdato in Sardegna, un pioniere tra venditori senegalesi che il linguaggio dell'epoca etichettava come «vu cumprà». È timido, non rivela il suo cognome, tantomeno gli anni segnalati soltanto dalla barbetta bianca e dai denti non più smaglianti: da ventidue anni a questa parte ogni mattina piazza la mercanzia di fazzoletti e accendini davanti al bar. Pioggia o non pioggia, caldo o freddo polare. La sera invece si sposta in mezzo alla folla dei ragazzi che fanno la fila per una pizzetta al taglio sfornata dal locale -cult del settore nella piazzetta. All'imbrunire Cerno sale sul numero 6 che lo riporta a casa. Domani sarà di nuovo qui.
Senegalese con moglie e due figli in patria, è ormai un'istituzione del posto. Non l'ha tradito neanche nei giorni delle lenzuola appese in segno di protesta e nei due anni di cantiere aperto. Nella piazza ad alta tecnologia ha subito ritrovato la sua postazione: nella ringhiera, a due metri dalla moquette rossa dove sono posizionati i tavolini all'aperto occupati da signore ben vestite e giovani professionisti dall'aria rampante. Cerno è lì davanti, seduto su uno sgabellino sotto un ombrellone azzurro, recuperato tra quelli vecchi del locale che il barista gli ha regalato quest'estate per aiutarlo a ripararsi dal solleone. «Adesso gliene diamo uno nuovo, è uno dei nostri», promette Matteo. È vero: Cerno non chiede nulla, tanto la gente sa chi è. Osserva il viavai di camerieri e clienti, habituè che non gli negano un «ciao» o una stretta di mano. Magari scambia quattro parole con uno dei pensionati con le buste in mano della spesa. Resta diffidente, però: gli basta incrociare uno sguardo di sbieco, un'occhiata fredda e ostile per capire che il razzismo è ancora circolante in dose massiccia tra i cagliaritani che passano da queste parti. E se qualcuno gli chiede un'opinione sulla piazza, allarga le braccia in segno di resa: «Uno straniero è meglio che non faccia commenti». Predica il distacco dallo stress e dall'ansia, l'importante è stare bene con se stessi e voler bene a «Lui», e lo indica col dito come la persona che sta sopra tutti noi. I guadagni? «Un giorno sì e uno no, non importa», dice, fedele alla filosofia di vita di persona in pace che vuole essere in pace con tutti. (a.m.)