Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Manca qualsiasi idea su come progettare la Cagliari del futuro

Fonte: L'Unione Sarda
31 ottobre 2012


L'OPINIONE. No ai micro-interventi


Non so quanti cagliaritani abbiano conoscenza di quell'immaginifica idea della “Cagliari del XX secolo” che nel 1902 Edmondo Sanjust, professionista di riconosciuto valore nazionale, visto che fu lui a redigere il piano regolatore di Roma per il famoso sindaco Ernesto Nathan, illustrò ai duecento e passa convenuti in città per il Congresso degli ingegneri italiani. Dirò, comunque, come non sia molto importante ricordarne i contenuti, dato che molti di essi apparirebbero obsoleti od utopici, quanto sottolinearne l'importanza come metodo per immaginare, idealmente prima ancora che urbanisticamente, il futuro della propria città.
Ecco perché, riflettendo sulla Cagliari d'oggi, ci si rammarica che continui a mancare, ad iniziare dall'agenda dei nostri consoli municipali, un'immagine definita di quel che dovrebbe o potrebbe essere la città nei prossimi venti o trent'anni, ad esempio. Si tratta di una mancanza a dir poco preoccupante, a cui si dovrebbe sollecitamente ovviare. Il perché di questa preoccupazione è presto detto. Appare infatti riduttivo, se non proprio riprovevole, che si continui a procedere con dei micro-arrangiamenti urbanistici od edilizi, senza avere ben chiaro quale dovrebbe essere la “forma” globale della città futura. E, insieme, a quale ruolo quel nuovo insieme urbano dovrebbe soddisfare.
Si è infatti dell'idea che non si possa progettare un nuovo intervento, che so, per Castello, Barracca manna o Sant'Elia, senza collocarlo all'interno di un riordino generale della città, che ne rispetti le sinergie fra quartieri diversi; così come appare restrittivo pensare ad un'area vasta agendo attraverso degli accordi “politici” fra vertici comunali, senza che si studi una pianificazione “areale”, creando idonee integrazioni ed interrelazioni socio-economiche fra le diverse realtà abitative dell'hinterland.
Così l'idea-guida per la nuova grande Cagliari di questo nuovo secolo dovrebbe tenere conto innanzitutto di quelle che sono le esigenze d'una città che non ha più problemi d'espansione territoriale, ma che ha l'urgenza di ricompattarsi al suo interno e di riconquistare alla fruibilità cittadina aree interne occupate da funzioni ormai divenute obsolete (parco ferroviario e filoviario, caserme e demani militari, carcere, manifattura dei tabacchi, fabbriche dismesse, impianti sportivi inidonei, aree fieristiche, reliquati vari, ecc.). E, ancora, di dover razionalizzare la rete viaria interna, in troppi casi gravata da funzioni sovrapposte od improprie; di programmare dei collegamenti veloci di trasporto collettivo per favorire la pubblica mobilità nel rispetto dei flussi abituali del traffico interno e areale; ed infine di impostare una razionale policentralità di servizi infrastrutturali, per temperare l'attuale emarginazione-ghettizzazione di cui soffrono molte zone periferiche.
Perché, quindi, s'è inteso riprendere l'esempio della nuova Cagliari come immaginata dall'ingegner Sanjust un secolo e passa or sono? La risposta sta proprio nel fatto che proprio per la città di domani “come la si vorrebbe”, ci si attende che essa debba essere immaginata, cioè definita idealmente attraverso gli apporti, le attenzioni e gli studi di quanti, a vario titolo, ne vanno osservando e soffrendo il progressivo decadimento. Frutto - sembrerebbe questa la morale - di una politica senza immaginazione (e, quindi, rimasta sterile per definizione).
Paolo Fadda
storico e scrittore