Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Bisogna rispondere al dolore del Sulcis»

Fonte: La Nuova Sardegna
24 ottobre 2012



Cagliari, 2mila per il rottamatore. Tappe a Carbonia e Iglesias




di Giampaolo Meloni wINVIATOA CARBONIA La svolta alla politica italiana che propone Matteo Renzi è sulle stesse corde del progetto di Obama: «Il cinismo degli adulti non deve impedire di continuare a crederci, soprattutto per i ragazzi, per i bambini che si aspettano un futuro». In quel futuro il candidato alle primarie del Pd vuole essere in prima fila, «perchè la nostra è una battaglia di idee che deve andare oltre il Pd, oltre la politica che tutela privilegi. Non c’è ora una ricetta per uscire dalla crisi, c’è una buona politica che ci può aiutare». Lo ha detto chiudendo poco dopo le 22 la seconda tappa del suo tour in Sardegna (oggi prosegue a Oristano, Nuoro, Olbia e Sassari) alla Fiera di Cagliari, in un palazzo dei congressi pieno all’inverosimile (poco meno di duemila persone). Se perderà il confronto con Bersani e Vendola, «starò dove sono, continuerò nel mio impegno». Ma soprattutto, ha detto, «non chiederò premi di consolazione: non sarò ministro, nè sottosegretario, perché le primarie non sono una battaglia per la seggiola». Respinge le accuse sulle infiltrazioni ai seggi: «Vogliamo rinunciare a un voto in più che viene da chi si è pentito di avere creduto in Berlusoni e che oggi ci potrebbe permettere di vincere le elezioni politiche?». Il no è un coro. Nessuno in sala dice di avere così peccato ma è un silenzio che ammette tanti pentimenti, anche perché gran parte di questo popolo non viene dal centrosinistra benchè abbia accolto con un caloroso apprezzamento (ecco, si cambia, appunto) la presenza cortese del sindaco Massimo Zedda: «Non voterà per me», chiarisce il collega sindaco di Firenze. Due, tre volti noti della politica che Renzi vorrebbe rottamare. Mentre tra i suoi sostenitori di prima fila c’è Chicco Porcu, consigliere regionale del Pd e ex leader dello schieramento di Soru. Per chiarire il concetto, Renzi spiega che il punto sta nell’invocare la stagione della quiescenza per chi «negli ultimi venti anni ha contribuito a ridurre il Paese in queste condizioni». Una questione di anagrafe, ma che riguarda «la politica che ha fallito». In Italia come in Sardegna. Due esempi. Con il primo accende i sorrisi: «La Nasa ha speso meno denari per mandare la sonda Curiosity su Marte di quanti ne abbia spesi l’Anas per i lavori sulla Roma Reggio Calabria». L’altro danno compiuto da «questa politica che ha fatto il contrario di quanto necessario e ha fallito nelle scelte», viene dal Sulcis, questa «terra disperata», dove molte analogie richiamano il caso Ilva di Taranto e gli effetti collaterali sulla salute dell’uomo. Che fare di questa terra? Dovesse dare ragione a quel gruppo di «disperati» provenienti dagli appalti che ormai poco lavorano per le grandi imprese dimagrite tra chiusure e cassa integrazione, Renzi dovrebbe autorottamarsi. Lo hanno accolto come un politico della mischia colpevole, a Carbonia, nel pomeriggio, in un salone d’albergo, pieno anche in questo caso di cinquecento uomini e donne. Ma è stata una contestazione «non all’uomo», gli hanno spiegato, quanto per tenere sempre alta la voce del territorio ora divorato dalla miseria. E messo sempre più a rischio da una’Alcoa che volta le spalle: «Se vogliono andare via, lo dicano – è la valutazione di Renzi – ma devono essere obbligati a ripristinare il territorio, come prevede la legge». Scelte sbagliate, anche quelle della grandi industria alla quale venti e trenta anni fa si dava qualsiasi lasciapassare senza tenere conto dell’ambiente. Renzi a Carbonia conta già su un consigliere comunale, Alessandra Tresalli, eletta con il Pd, ora animatrice del comitato che sostiene la sua candidatura. Lo ripete a Iglesias, alle 18.30 nella breve tappa del viaggio per Cagliari. Quattrocento persone in una piazza che senza organizzazione mirata all’incontro se lo ritrova davanti. Stringe mani, gli portano una sedia, ci monta su e comincia a parlare. Poche cose sull’Italia da cambiare, per esempio anche istituendo un fondo di venti miliardi (progetto Jeremiè) per dare garanzie sul credito alle piccole imprese, oppure riducendo i costi dell’energia (a Cagliari, davanti al palco ci sono i lavoratori di Energit, anch’essi senza più lavoro). In questa Italia minacciata dall’imperativo “Ricordati che devi morire” indirizzata dal frate a uno spaventato Troisi nel film “Non ci resta che piangere” citato con una clip da Renzi, come altri film, per semplificare alcune idee della sua proposta, il candidato alle primarie ha raccolto in cinque giorni di tour centomila euro. «Tutto trasparente – dice, per rivendicare analogo comportamento dai partiti, tutti –, quelli che hanno portato il debito pubblico sul tetto dei 32mila e 800 euro a carico di ogni bimbo che nasce». Ma cosa si può pretendere, obietta, da chi parla di pensioni, produce riforme «che io avrei fatto diverse», ma continua «a non toccare i propri emolumenti?». Si cambia, dice Renzi, con la Camera delle autonomie, «tutelando il lavoro, anche senza il totem dell’articolo 18». Ma soprattutto cancellando «il dolore e la rabbia che ho trovato nel Sulcis». ©RIPRODUZIONE RISERVATA