Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Costellazioni d'origano e galassie di curry: il cielo è lo Spicy Space

Fonte: L'Unione Sarda
17 ottobre 2012


Originale mostra all'Exmà del fotografo Gianni Pisanu


Costellazioni di origano, buchi neri di cardamomo, stelle nane di zenzero, galassie di curry e pianeti in salsa di paprika. È la volta celeste secondo Gianni Pisanu, il singolare universo speziato di questo grafico e fotografo trentottenne di Cabras che non ritrovando il cielo stellato del Sinis a Copenhagen, dove vive da otto anni, ha pensato bene di ricrearselo, trasformando i pulviscoli colorati delle spezie in poetiche geometrie celesti. Dall'infinitamente piccolo all'infinitamente grande, l'occasione gliela offre un sacchetto di paprika, che lui, figlio di ristoratori e appassionato di cucina, intende utilizzare per un piatto nuovo. Salvo poi innamorarsi di quel rosso così vivo, spargerlo su un foglio bianco, e cominciare a giocare con la macchina fotografica, «eleggendo da quel momento gli umili condimenti al rango di soggetti».
Nasce così il primo esperimento di spezie che diventano spazio, nasce il nocciolo della mostra che sarà ospitata fino al 21 ottobre a Cagliari, nella sala delle Terrazze dell'Exmà. Organizzata dalla Fondazione per l'arte Bartoli-Felter, che ha già proposto in due collettive le opere di Pisanu, «Spicy Space» è presentata da Alessandra Menesini e patrocinata dal Comune-Consorzio Camù. In esposizione grandi fotografie colorate, a raccontare di felici incontri tra cielo e terra. Esplosioni di forme e di colori, per comporre un paesaggio galattico che seduce la vista e l'olfatto. Al centro della sala, raccolti in vasetti variegati, le materie prime delle fotografie ci ricordano che (anche) ad altro servono il pepe, il curry, e tutte le polveri coinvolte loro malgrado in questo inedito viaggio interstellare.
Gianni Pisanu – grafico e visual marketing che si è formato a Cagliari alla Man Ray Photo School di Stefano Grassi – vive nella capitale danese dopo alcuni anni trascorsi a Liverpool. Sposato con Julie (trascrizione inglese di un complicato nome della Mongolia che significa fortunata e felice), ha una bambina di otto anni che si chiama Enkgin. La nostalgia per il cielo della sua terra, racconta, è nata dopo il trasferimento a Copenhagen. Qui ha fatto il cuoco, si è iscritto all'Università e ha trovato lavoro in un'azienda di occhiali di lusso. «Ci vivo bene, è una città cosmopolita che offre tante possibilità, ma mi mancava il cielo. E allora me lo sono inventato». Placando il rimpianto con «una volta celeste punteggiata non già dai veri astri - invisibili nelle città molto illuminate - ma dai saporiti corpuscoli del ginger e delle miscele di semi, radici, cortecce tritati riposti in dispensa». Partendo dal rosso della paprika è arrivato a paesaggi celesti che talvolta sembrano marini. Spargendo la sua casa di polveri colorate («col pepe è stato un disastro di starnuti») le ha poi fissate con l'obiettivo, trasfigurandole con lo zooming, il panning e altre diavolerie della post produzione in vortici affascinanti, visioni inattese, letture del tutto nuove di una realtà apparentemente univoca: quella trattenuta nei vasetti variopinti al centro della sala, che ci parla di aromi e sapori forti.
Ma le vie del pepe, si sa, sono infinite. E anche quelle dello zenzero, utilizzato per la locandina della mostra: una sorta di buco nero che ricorda l'obiettivo di una fotocamera. Un polo di energia pura per racchiudere l'anima di questo giovane dall'aria timida e un po' stralunata in grado di vedere cose che altri non vedono.
Maria Paola Masala