Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Serve un'idea di città per combattere sciattoni e indifferenti

Fonte: L'Unione Sarda
9 ottobre 2012


L'OPINIONE.

Il futuro di Cagliari
 

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Per cercare di capire cosa ne pensano i cagliaritani della loro città (e, per evidente conseguenza, dei suoi attuali amministratori) è molto utile seguire le opinioni e segnalazioni che inviano i lettori di questo giornale. Perché da esse si può trarre il convincimento di quanto la città appaia complessa e contraddittoria anche agli occhi dei suoi abitanti. E che sembra essere entrata in una sorta di catalessi per via di un'overdose di indifferenza e di sciatteria che ne vanno minando l'esistenza.
Ora, per tentare una diagnosi, la causa di quest'overdose starebbe innanzitutto nella mancanza di una condivisa “idea di città” su cui realizzare dei nuovi programmi.
Per quest'impegno occorrerebbe che il “palazzo” voglia superare le difficoltà odierne, comprendendo che “asfaltare non è governare”, come si diceva un tempo. Che è poi la metafora di quella politica ruspante, incapace di volare alto, che va precludendo alla città ogni progresso futuro. Ma non è solo questa la ragione, dato che anche le altre élite della società civile (cioè quelle dell'impresa, delle professioni, del lavoro e della cultura) paiono anch'esse senz'ali, inadatte quindi ad ogni possibile volo ad alta quota ed indisponibili al varo di iniziative che ridiano impegno per disegnare il futuro. Diciamo quindi che si è di fronte ad una difficile e complessa questione cagliaritana, che è poi una questione di classi dirigenti. E la ragione andrebbe ricercata in quei meccanismi anomali con cui si va favorendo, da qualche tempo in qua, l'emersione delle élite, e che qualcuno attribuisce ai vizi di un carrierismo esasperato, di un clientelismo arruffone e nell'esistenza di caste e camarille bloccate, parentopoli o comparopoli che siano. Senza dimenticare che anche la scuola universitaria sembra avere disatteso a quello che, per definizione, è il suo ruolo preminente: la formazione delle nuove classi dirigenti.
Chi scrive è fortemente convinto che la Cagliari d'oggi abbia comunque in sé, nel suo patrimonio umano e nel suo entroterra culturale, quanto necessario per liberarsi da quelle criticità. Lo è, non per un'astratta convinzione o per un'esagerata opinione sulle valenze dei suoi concittadini. Lo è perché quotidianamente riscontra che esiste una città reale, ben differente da quella che si può ritrovare nelle istituzioni e nelle manifestazioni pubbliche. Occorre quindi rimettere in circolo dei circuiti virtuosi di emersione delle élite, puntando su quella parolina sparita purtroppo dal nostro vocabolario: il merito.
Da qui potrebbe partire il tempo per una nuova primavera cagliaritana. Constatando innanzitutto che Cagliari non è più una città dalla dozzina di rioni, ma è ormai una città d'equilibrio territoriale, dove si sommano differenti funzioni extra cittadine. Ogni giorno in città vi giungono all'incirca duecentomila “user-cities” che ne utilizzano le strade, le scuole, gli ospedali, gli empori, gli uffici, i terminal marittimi ed aerei. Non dimenticando che queste differenti destinazioni sono per lo più disperse ai quattro venti, per cui un nuovo e razionale sistema di viabilità e mobilità interne è divenuto oggi irrimandabile.
Sarebbe quindi utile e urgente ritrovare una nuova “great generation”, e questo nella politica come nell'economia, nel lavoro come nella cultura, che intenda risanare Cagliari dalle sue odierne criticità e che, volando alto al di là di movide e piste ciclabili, la riporti a ritrovare la strada per il progresso.
Paolo Fadda
(storico e scrittore)