Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Dateci la cittadinanza italiana»

Fonte: L'Unione Sarda
17 settembre 2012


Nasce un'associazione per tutelare i diritti della comunità bosniaca

Un'associazione per dire “basta”: basta ad ogni esclusione, emarginazione, intolleranza e disuguaglianza. Alcuni componenti della comunità rom, fino a due mesi fa residenti al campo sulla 554, l'hanno presentata ieri mattina alla sede Usb (Unione sindacati di base) di via La Maddalena, alla stampa e a un cospicuo numero di simpatizzanti. Si chiama “Dosta”, che in lingua romani significa appunto “basta”, e riassume in tre punti le fondamenta da cui trae ispirazione il programma: «il riconoscimento della cittadinanza italiana, la piena integrazione nel mondo del lavoro e il diritto dell'abitare nella piena consapevolezza di riconoscere (secondo le direttive europee) la tutela delle tradizioni della minoranza etnica rom».
Principi fondamentali che, evidenzia il presidente Satko (per tutti Boban) Halilovic, «riconoscono la piena cittadinanza di un essere umano e che allo stesso tempo diventano per noi anche obiettivi, visto che ancora non li abbiamo ottenuti».
La presentazione della neonata associazione è stata anche motivo di discussione sull'attuale situazione dei Rom dopo la chiusura del campo. Alcune famiglie si trovano a San Sperate, altre a Monserrato e a Flumini di Quartu; altre ancora aspettano alla Caritas di via Po che il Comune trovi una soluzione. «Ci siamo rivolti in via Roma tre giorni di seguito - commentano in coro - ma ancora non ci hanno fissato una data per un incontro». Gli fa eco Antonello Pabis, responsabile dell'Asce (Associazione sarda contro l'emarginazione): «Il punto dolente sta proprio nel fatto che prima pensavamo ci fosse la volontà da parte del Comune di istituire un tavolo, ora non ne siamo più così sicuri».
Ma la comunità rom vuole ripartire, o partire per la prima volta, da qui. Da un'associazione che, appena fondata, conta già una quarantina di soci e aspira a diventare punto di riferimento per tutti i rom dell'Isola e per le altre minoranze etniche. Forse, domani, si trasformerà in cooperativa. «Non abbiamo uno Stato, è vero - commenta Rubino Sulejmanovic - ma abbiamo anche noi gli stessi diritti e doveri dei cittadini. Siamo stati perseguitati per troppi anni, è giunta l'ora di far valere la nostra parola». È giunta l'ora, sembrerebbe voler dire, di dire “dosta”.
Michela Seu