Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Le incompiute verdi tra colli e zone umide

Fonte: La Nuova Sardegna
20 agosto 2012



La Sella del Diavolo è diventata off limits, la laguna di Santa Gilla è abbandonata, il colle di Tuvixeddu è chiuso da anni e i progetti per Monte Urpinu sono bloccati

 

CAGLIARI «In rapporto al numero degli abitanti Cagliari ha una delle superfici verdi tra le più alte d’Italia, ma non tutte sono fruibili», afferma Vincenzo Tiana, presidente regionale di Legambiente.

Per un immaginario turista, o cittadino, che voglia fare una gita nel verde pubblico di Cagliari, il terreno diventerebbe in salita. E non tanto per il caldo quanto perché, innanzi tutto, «manca un sistema di itinerari e di collegamento tra i vari parchi», come precisa Tiana; e in secondo luogo in quanto diverse aree verdi sono inagibili e poco valorizzate. Al primo posto negativo si trova la Sella del Diavolo che negli ultimi anni era diventata un fiore all’occhiello delle gite naturalistiche all’interno dell’area cittadina. Recentemente, invece, c’è stato il ripristino da parte del Comune di un’ordinanza di 25 anni fa, emanata a seguito di una frana che aveva prodotto un morto. Recentemente inoltre dal lato di Calamosca c’è stata la caduta di un masso verso il mare.

E questo ha prodotto la richiesta al Municipio, da parte della Prefettura e della Capitaneria di porto, di intervenire. «Solo che - sottolinea Stefano Deliperi, responsabile del Gruppo di intervento giuridico - l’itinerario naturalistico da noi predisposto sulla Sella del Diavolo (e transennato dal Comune) non ha niente a che vedere nè col tratto in cui 25 anni fa era avvenuto l’incidente, nè con la zona di Calamosca in cui è caduto di recente il masso. Il nostro itineriario arriva sino alla parte alta della Sella, all’altezza delle torri, poi si ferma poichè il resto del percoso sarebbe molto problematico. Basterebbe che il Comune mettesse un cartello sul divieto di proseguire, invece ha traansennato un percorso naturalistico collaudato da anni di esperienza». Poi c’è il problema della laguna di Santa Gilla dove, a suo tempo, sottolinea Deliperi, «si è intervenuto col progetto Gilia che coinvolgeva diversi comuni ed era finanziato dalla Comunità europea. Ora, però, è tutto fermo. Chi oggi volesse fare un itinerario naturalistico nella zona dovrebbe percorrere gli argini dello stagno di Capoterra». Un altro i polmone verde e importante sito archeologico è il colle di Tuvixeddu, dove insiste la necropoli punico romana. Sito tuttora inagibile: lo è stata solo in due occasioni tramite il Fai, Fondo ambiente Italia, e Monumenti aperti. L’inagibilità dell’area deriva dal fatto che non è ancora stato risolto il contenzioso tra Regione, Comune e Coimpresa.

Da settembre la questione-Tuvixeddu sarà all’ordine del giorno dei lavori del Comune. Ma anche a Monte Urpinu non tutto va bene. Negli anni scorsi c’era un progetto di valorizzazione di una sua parte con la realizzazione di un piccolo orto botanico, ma non se n’è fatto nulla. In una sua parte esiste tutt’ora un cantiere archeologico (relativo agli scavi del vecchio monastero di Sant’Elia) che va a rilento per mancanza di fondi. Poi c’è il problema delle aree degli ex serbatoi militari, di cui ancora non si capisce che fine franno. Resta invece fruibile il colle di San Michele e il parco di Monte Claro ma, come accennato, manca un discorso di collegamento con le altre aree verdi. In positivo vanno segnalati sia i giardini pubblici al cui interno si sono svolti (e si stanno svolgendo) in collaborazione con la Pinacoteca una serie di iniziative culturali (tra cui gli aperitivi del giovedì), che l’orto botanico (gestito dall’università) che permette di fruire di un patrimonio (pur a pagamento) di inestimabile valore naturalistico. Infine c’è Molentargius che continua ad avere problemi di finanziamento e anche gestionali, viziati dal non aver ancora risolto il problema dell’abusivisto edilizio nella zona di Is Arenas. (r.p.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA