Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Quei tesori sotterranei dell’isola

Fonte: La Nuova Sardegna
20 ottobre 2008

SABATO, 18 OTTOBRE 2008

Pagina 41 - Cultura e Spettacoli

Il conduttore di «Terzo Pianeta» racconta il suo itinerario con Frau, autore del libro-inchiesta sul Mediterraneo antico


Le domus de janas di Bonorva, lo scempio di Tuvixeddu



Mario Tozzi descrive l’«Italia segreta»: viaggio nel sottosuolo da Torino a Palermo con un capitolo dedicato alla Sardegna

PAOLO MERLINI

Passa anche per la Sardegna il «Viaggio nel sottosuolo da Torino a Palermo», sottotitolo dell’ultimo libro di Mario Tozzi «Italia segreta», uscito da due settimane e già in classifica (Rizzoli, 220 pagine, 18 euro). Geologo, ricercatore del Cnr, documentarista ma soprattutto grande divulgatore scientifico, Tozzi ha dedicato un intero capitolo alle bellezze sotterranee dell’isola. Dalle domus de janas alla necropoli punico-fenicia di Tuvixeddu, sino ai chilometri di cunicoli delle miniere nel Sulcis-Iglesiente. Ma l’intero libro offre una mappa dei tesori italiani, dalla Napoli sotterranea scavata nel tufo alla Roma dove il culto del Cristianesimo veniva praticato nelle catacombe; da Torino, «sottosuolo di maghi e di eroi», alle necropoli degli Etruschi, e poi i Sassi di Matera, la Venezia segreta, le cisterne di Palermo. Il viaggio in Sardegna comincia invece nel territorio di Bonorva, nella necropoli di Sant’Andrea Priu. Una straordinaria testimonianza archeologica, con venti domus de janas che risalgono al Neolitico e che sono state poi utilizzate per secoli e secoli, come dimostrano gli affreschi religiosi in epoca romanica. La descrizione che ne fa Tozzi è affascinante. Un racconto, il suo, che affonda le radici nel mito e nella suggestione che un luogo con così forti stratificazioni culturali, spirituali e religiose provoca nel visitatore. Non a caso il capitolo ha per titolo «All’origine di tutto, le case delle Fate». Un concetto illustrato già nella breve introduzione: «Di come, da qualche parte del mondo, la storia debba pur cominciare e di come sia meglio che inizi a partire da ciò che era già antico per gli antichi. Delle tombe e delle torri di Sardegna e di come, forse proprio da lì, provengano altri popoli».
- Cosa l’ha colpita a Sant’Andrea Priu?
«Sin dalla prima visita mi sono reso conto di trovarmi in un luogo magico, primordiale. Che dire, ho avuto come la sensazione che l’origine del mondo fosse lì dentro. Li si coltivavano saperi antichi, quelli della terra, della terra madre».
- È pur vero che nella sua visita aveva una guida d’eccezione: Sergio Frau, il giornalista di Repubblica che con la sua archeo-inchiesta sulle Colonne d’Ercole e Atlantide ha rivoluzionato una parte importante della storiografia del mondo antico, e messe le basi per nuove conoscenze. Teorie che, per chi ha letto «Italia segreta» ma ha anche seguito i suoi programmi tv, sembrano averla conquistata.
«Ho sicuramente molto interesse per le teorie di Frau, anche perché lui mi ha dato la possibilità di verificarle sul campo. Così, non ho potuto non notare come l’impalcatura di quelle tombe sia straordinariamente simile alle tombe delle necropoli etrusche, che sono molto più recenti. Insomma, è proprio come se gli etruschi fossero figli dei sardi. Al di là di ciò, il mio legame con la Sardegna è ancora più profondo: sono da tempo innamorato dell’isola, non solo perché è una delle regioni più arcaiche del nostro Mediterraneo, ma anche perché nel presente qui si stanno seguendo scelte ambientali che condivido moltissimo e che è raro trovare da altre parti».
- Lei saprà che parte del mondo accademico sardo ha accolto con riluttanza le tesi di Frau.
«Questo non mi stupisce. Il mondo accademico in generale è molto chiuso e non sopporta facilmente il ruolo dell’outsider, e Sergio per loro è un parvenu, uno che non fa parte dell’accademia. Certo Frau ha anche avuto riconoscimenti importanti come l’interesse dell’Unesco o di Giovanni Lilliu, che si sono espressi in maniera molto aperta, se non proprio favorevole, rispetto alla sostanziale chiusura del mondo accademico. È evidente che prima di mettere la parola fine a questa enorme ricerca servono ancora dei tasselli importanti, come la prova dello tsunami che si sarebbe abbattuto sul Campidano, costringendo i sardi a rifugiarsi prima nell’interno e poi nella penisola, dove appunto ritroviamo gli etruschi. Ma credo che se questa ipotesi di lavoro dovesse rivelarsi giusta ne deriverebbe solo un motivo d’orgoglio per tutti i sardi».
- Per scrivere il libro di cui ci occupiamo lei ha visitato gran parte sottosuolo italiano. Che somiglianze ha trovato tra le necropoli sarde e quelle etrusche?
«Be’, gli etruschi le costruivano esattamente come le domus de janas. Per accorgersene basta andare alla necropoli della Banditaccia di Cerveteri, vicino Roma. Ma tra i due popoli ci sono altri punti in comune: gli etruschi lavoravano i metalli quando ancora non avevano scoperto le miniere. Oppure, pensi che sostanzialmente non esistono città etrusche sul mare, se si fa eccezione per Populonia, vicino l’attuale Piombino, ma sui rilievi. È strano per un popolo che aveva nel commercio una delle sue caratteristiche principali. È come se si portassero dietro una paura del mare».
- Nel libro si parla anche di Tuvixeddu, la necropoli fenicio-punica al centro di una polemica molto attuale. Il titolo del paragrafo non è incoraggiante: «La battaglia perduta».
«Un luogo straordinario, è la Collina delle Anime. Andava protetta sin dall’antichità più remota e oggi deve esserlo più che mai. Sono d’accordo totalmente con la Regione che cerca di ostacolare il progetto di speculazione, non credo si possa chiamarlo altrimenti, sull’area protetta di Tuvixeddu ma anche sulle sue propaggini. Mi incoraggia il fatto che il problema di questo eventuale scempio ora stia assumendo un rilievo nazionale, che è quello più appropriato. Domani, per esempio, se ne parlerà nella trasmissione Sabato & Domenica di Raiuno. Credo che la Regione abbia tutte le ragioni a voler preservare questo patrimonio, e non capisco come la Soprintendenza posso autorizzare i lavori per nuovi insediamenti in quest’area. È già un’offesa constatare come la città sia cresciuta senza regole: le sue colline dovevano rimanere intatte anche da un punto di vista paesaggistico».
- Parliamo della televisione, che è poi quella parte della sua attività più nota al grande pubblico. Dopo «Gaia» e «Terzo Pianeta», prevede altre incursioni in Sardegna?
«Attualmente vado in onda con Pianeta Files, una trasmissione in seconda serata, mentre a gennaio dovrebbe ripartire Terzo Pianeta, ma in un formula un po’ diversa rispetto a quella già vista. Quanto alla Sardegna, certamente tornerò. L’isola è una miniera di storia e di informazioni oltre che di natura e di paesaggio».