Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

I contemporanei dalla Pop Art al Concettuale al Palazzo di Città

Fonte: Sardegna Quotidiano
21 giugno 2012

 LA MOSTRA

 

La cornice conta, certo. Uno scrigno prezioso non è forse l’ambiente più adatto e dignitoso per le gemme? L’Antico Palazzo di Città, sontuosa residenza a Castello dell’arte cittadina, apre all’arte contemporanea con l’aria di chi rinasce ogni volta, come se si riandasse in scena l’inaugurazione. E lo fa con autori di tutto rispetto e di respiro europeo, acquisizioni recenti e più lontane. Tanto che questa sera alle 19, alla vernice della mostra “Gli Spazi dell’arte. Dalla pop art al concettuale”, rimarrebbe sorpreso chi si dovesse imbattere per la prima volta nel Giò Pomodoro, nell’Arroyo o nel Nespolo. Visto che c’è da scommettere che molti ignoreranno persino che Cagliari dispone di una cospicua collezione anche d’arte contemporanea. Oltre la nota Collezione Ingrao, beninteso. La mostra - che rimarrà aperta al pubblico fino al 30 novembre - è solo un primo assaggio per gli appassionati, una sorta di prima sezione della Collezione d’arte contemporanea di proprietà dei Musei Civici. Trentotto opere suddivise in “Arte Pop ”, “Astrazione e pittura analitica”, “Arte concettuale” e “Arte povera”. È già prevista, all’inizio del 2013, una seconda sezione con “Arte Minimal”, “Optical ”e“Arte Cinetica”. Le acquisizioni, da parte della Galleria Comunale, cominciarono nel 1975: si pescò tra i più noti artisti italiani ed europei degli anni Sessanta e Settanta. Da Carena, a Polini, da Rossi a Andolfatto, da Verna a Olivieri. E forse è qualcosa di più di una suggestione pensare che un po’ di quella temperie, di quelle idealità intrise di volontà di incidere nel mondo, aleggi ancora fra le sale dell’Antico Palazzo di città. «È fondamentale reinventare i nostri spazi con forme artistiche –dice l’assessore alla Cultura, Enrica Puggioni - e questo coincide con una restituzione alla città dei propri luoghi e del proprio patrimonio come quello dei Musei Civici». L’amministrazione Zedda, è il refrain dell’assessore, intende i centri di cultura cittadina non come edifici isolati ma come centri di una rete, aperti ai cittadini e fucine di elaborazione, residenze creative. Tanto più che - sembra suggerire la Puggioni - in “tempi di indigenza” (per riecheggiare il Poeta) è necessario ripiegarci su noi stessi, sul nostro patrimonio, sulle ricchezze che già possediamo. Si deve porre in essere - continua l’assessore - «una rete di relazioni tra i vari musei che partecipano a un progetto, a un laboratorio, rimarcando la grande importanza di rispettare un preciso modello gestionale ». Sulla stessa linea la curatrice della mostra, Anna Maria Montaldo: «È necessario esporre continuamente e in maniera ciclica, ricominciando dalle proprie collezioni». Dato che, sottolinea con orgoglio la Montaldo, «quella di proprietà dei Musei Civici è senz’altro una delle collezioni più importanti d’Italia». Le diverse sale che ospitano la mostra pongono ciascuna un mondo espressivo autonomo anche se, spiega la curatrice, «non è sempre facile distinguerne nettamente i confini» e forse è preferibile orientarsi grossomodo, «per aree di ricerca». Immagini coloratissime, recupero della tradizione dadaista del collage e fotomontaggio, amiccamenti al fumetto e supporti che assomigliano a cartelloni pubblicitari nella sezione “Pop Art” con maestri come Mimmo Rotella, Paolo Baratella, Eduardo Arroyo, Emilio Tadini e Pietro Gallina. Una concettosa riflessione sul fare della pittura, sul rapporto fra artista e tela, fra opera e autore, nella sezione “Astrazione e pittura analitica”con Olivieri, Rosanna Rossi, Claudio Verna, Carlo Battaglia, Gaetano Brundu e Primo Pantoli. E Giò Pomodoro. La preminenza dei concetti, dell’elemento ermeneutico rispetto al risultato estetico e percettivo nella sezione “Concettuale e arte povera”, materiali comuni, oggetti presi dalla vita quotidiana, umili, quotidiani. Artisti come Vincenzo Agnetti, Giulio Paolini (per l’arte concettuale), Ugo Nespolo e Piero Gilardi (per l’arte povera). E poi ancora Aldo Tagliaferro, Antonio Carena e Ugo Carrega. Se l’ar - te, e non l’Arte, è l’elenco delle opere di tutti gli artisti del mondo - definizione circolare e logicamente viziosa ma forse l’unica possibile - un pezzettino di eternità riposa - sub specie artis - fra quelle sale a Castello. Massimiliano Lasio