Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Pirrotta, blues siciliano

Fonte: La Nuova Sardegna
14 ottobre 2008

MARTEDÌ, 14 OTTOBRE 2008

Pagina 36 - Cultura e Spettacoli

Sardegna dei teatri, il monologo del teatrante sabato alla Vetreria


Un’incursione nel cuore dell’antica Palermo




WALTER PORCEDDA

CAGLIARI. Di questi tempi oscuri, tra crisi economiche incombenti e preoccupante inaridirsi della voglia di discutere - del nostro tempo, del presente e del futuro - con il definitivo sigillo digitale all’anestetico per tutti, quello televisivo, si respira aria a pieni polmoni ad ascoltare e vedere dal vivo un teatrante come Vincenzo Pirrotta, primo ospite della rassegna «Sardegna dei teatri», negli spazi dell’Eliseo a Nuoro, del Comunale a San Gavino, a San Sperate e alla Vetreria di Pirri. Un teatrante come non tantissimi - sono pochi ma fortunatamente nel nostro Paese ce ne sono ancora - che solo con l’arte del gesto e della parola, senza scenari e senza artifizi, rapisce e, con magnetica forza, non lascia più sino alla fine, catturando lo spettatore grazie a una affabulazione torrentizia, affilata come lama. Entra fino in fondo. Tocca il cuore ma anche le viscere. Apre piccoli spazi di poesia per rinchiuderli subito nel nero profondo di una realtà infernale. Un quotidiano, tra vicoli e strade di una metropoli antica e difficile come è quella di Palermo. Pirrotta prende per mano e conduce con scarti di tempo arditi nel cuore nero di una gioventù e di una città che mostra le ferite, le sue profonde lacerazioni. Ne esce così allo scoperto l’anima intima e manifesta, pubblica e privata di un malessere che coincide con quello più generale del nostro Meridione. Del Sud vilipeso e offeso. Sfruttato e corrotto, martire e vittima. Violentato nella poesia di una storia nobile e antica, assueffato dallo stillicidio di un presente segnato da morti ammazzati e dalle cento mafie che hanno saccheggiato, ucciso e stuprato.
È una realtà da cuore in gola che Pirrotta, accompagnato magnificamente dal chitarrista e percussionista Luca Mauceri traduce nel lungo e ininterrotto blues dell’anima «Malaluna». E, come un blues, va seguito a tempo, entrando nell’essenza stessa del ritmo. Ritmo battente come quello di una tarantella spiritata, che niente ha di esotico. Come le storie che Pirrotta intreccia con la severa eppur raffinata arte del «cunto» appresa dal grande Mimmo Cuticchio. Lungo flusso sonoro in siciliano con tutte le consonanti che si aprono a marcare meraviglia, come le onde del mare in burrasca, e si chiudono diventando imbuti stretti stretti come le nuvole nere che si chiudono nel cielo prima del temporale.
Esplodono così anche le canzoni. Improvvise, ritmiche. Impastate di suoni gutturali. Declinano, come nel blues la malinconia e la rabbia per una società ingiusta e malata. E, ancora proprio come il blues vanno ascoltate - non importa se non si capiscono sino in fondo le parole, quello che conta è il “mood” - imparate e conservate nella propria anima. Ultimo grido di rivolta di una umanità che non ci sta ad essere sempre sconfitta.