Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Mamma mia ho perso la scuola

Fonte: L'Unione Sarda
14 ottobre 2008

I sindacati denunciano i tagli. Calo demografico e contenimento delle spese: si va verso gli accorpamenti

A rischio i 57 Comuni con meno di 50 alunni

In molti Comuni si fa lezione nelle pluriclassi: alunni di diversa età nella stessa sezione.
Non è più il segreto di Pulcinella. Il tam-tam dei media ha ufficializzato la notizia, gridandola ai quattro venti: i piccoli comuni con meno di 50 alunni (ben 824 in Italia) resteranno senza scuola. Spariranno 4200 plessi scolastici, su un totale di oltre 40 mila sedi sparse in tutta Italia. Per la Sardegna, che di piccoli comuni è composta, «è una strage», denunciano i sindacati, l'ultimo colpo di scure dopo anni di drastici tagli che hanno ridimensionato l'organico (quest'anno più di 1500 docenti a spasso) e le classi (334 in meno): nell'isola sono 57 i comuni con meno di 50 alunni e 230 le istituzioni che rischiano la chiusura (su 426 autonomie scolastiche). «Spariti la caserma, l'ufficio postale, persino il parroco ora tocca al presidio scolastico - denuncia il segretario della Cgil scuola, Peppino Loddo - le poche piccole scuole sono mantenute col sacrificio delle classi sovraffollate dei grossi centri urbani e gli studenti diventano pendolari fin dalla materna».
La chiusura delle scuole nei comuni più piccoli è solo l'ultima brutta notizia che arriva dal ministero di viale Trastevere. A dire il vero non è una novità assoluta per l'Isola: già da adesso - come risulta da una tabella della Regione - sono 28 i Comuni che non hanno neppure una sede stracciata di scuola. Il calo demografico e la progressiva diminuzione del numero degli alunni, si sa, ha costretto i territori più piccoli ad accorpare gli istituti sottodimensionati (ce ne sono 360 nell'Isola su 1780). Ma quel che non si sapeva, forse, è che in molti paesi il diritto all'istruzione sopravvive grazie alle pluriclassi: l'ha scoperto l'Anci, dopo aver chiesto ai Comuni la fotografia del proprio territorio. Così, scorrendo alcuni dati in anteprima, si scoprono alcune mostruosità assieme ai nomi dei Comuni che rischiano di perdere la scuola. Alcuni esempi: ad Aidomaggiore 13 bambini, dalla prima alla quinta elementare, sono divisi in due pluriclassi. Lezioni comuni anche ad Armungia, dove alunni di seconda e terza elementare studiano assieme, così come quelli di quarta e quinta, e in più con la soppressione della materna non ci sono bambini di prima elementare e le medie sono concentrate in un'unica sezione per tutti gli alunni. Così le pluriclassi funzionano a Valledoria, Banari, Burcei e San Nicolò Gergei.
Non c'era bisogno di Fioroni per scoprire che la scuola è un disastro: l'ex ministro ha fatto semplicemente sapere che l'ultima novità del governo, la norma sull'accorpamento sotto i 50 alunni, era «nascosta» in un decreto legge sulla sanità. Lo stesso che contiene l'ultimatum alle Regioni: entro il 30 novembre, pena il commissariamento, anche la Sardegna deve consegnare al ministero dell'Istruzione la mappa delle istituzioni scolastiche, quel Piano di dimensionamento della rete scolastica tanto atteso dalla Gelmini per dare il via alla sua rivoluzione che in un triennio prevede di tagliare 132 mila posti. «Rispetteremo questa scadenza, stiamo lavorando», assicura l'assessore Maria Antonietta Mongiu, che oggi sarà al Senato, in commissione Istruzione, con i colleghi di Lazio e Lombardia. La Regione promette battaglia contro i tagli, annunciati e prossimi venturi: «Se si continua così, nel giro di 5-6 anni, ritorniamo alle condizioni del secondo dopoguerra, con la maggior parte dei paesi senza neppure una scuola: se si lavora sui numeri e su questi parametri nazionali saremo perdenti. La situazione è allarmante: non abbiamo avuto una compensazione adeguata sulla natalità come al Nord, dove i ragazzi extracomunitari hanno sostituito i residenti. Questo governo da una parte insiste sul federalismo e dall'altra esercita competenze degli enti locali: noi chiediamo soluzioni che non siano la desertificazione. Chiudere una scuola può significare far sostenere ai Comuni una spesa ben più alta di quella che lo Stato sosterrebbe se la scuola rimanesse aperta».
CARLA RAGGIO

14/10/2008