Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Ma Cagliari è bella proprio così

Fonte: L'Unione Sarda
13 giugno 2012

AMORE E RABBIA. I racconti tramandati oralmente che non dovremmo dimenticare
 

Un'anima che riemerge dal profondo grazie al dialetto
Vedi la foto
Prescindendo deliberatamente dalla preoccupazione di qualche narratore della simpatica “pattuglia” che allieta da alcune settimane le colonne della cronaca de L'Unione Sarda, di “migliorare” Casteddu mannu frori de su mundu, mi sia consentito, anche in questa sede, di dichiarare tout-court che Cagliari va amata così, com'è.
Amo di questa città le bellezze che le riconosco da quando vi arrivai bambino e ne rimango oggi sempre maggiormente affascinato, perché Cagliari, per dirla extra culpam, è semplicemente splendida. Se Parigi e Madrid, Roma, Firenze e Barcellona sono anche per me assai belle e per altri molto più belle di Cagliari, Casteddu non ndi tenit curpa!
SAN PIETRO E veniamo a is contixeddus che i lettori sono stati invitati a scrivere anche per narrare di Cagliari minuzzoli di un'anima che solo a tratti riemerge e che pure permette alla tradizione culturale orale di entrare a far parte di una non indegna certa letteratura. Parlando della bellezza dei Santi particolarmente venerati in città, e sostenendo che Sant'Efisio era più bello di San Pietro, Teneru (Avendrace) un giorno si sentì dire da un amico: «Asculta, at èssiri bellu Sant'Efis, cun su tzugu totu prenu de oru e is mustatzus fattus a pinzellu; ma comente Peldu, mi apu a isballiai,… comente Peldu non nci arribat mai!». Ci scrisse sopra Ignazio Cogotti che curiosò non poco sulle particolarità del dialetto cagliaritano di allora… con la elle al posto della erre.
Un altro Peldu, appartenente alla dinastia cagliaritana de' Nieddu, molto parlò e molto fece parlare di sé, impavido e spavaldo nella vita di tutti i giorni e vero protagonista di prodezze e di eroismo in guerra. Ingiustamente incolpato di avere mandato in frantumi uno specchio gigante in una bottega da barbiere, si ribellò a ben quattro guardie civiche ferme nella decisione di sequestrargli su corpu de su riatu: un'arresoja salda. «A mei, a mi disalmai? Custu est un'arregoldu de una battaglia binta po vilturi de Peldu, intintu de sànguni avvelsàriu!». Le guardie non cambiano parere e Peldu poi ricorda: «E biu ferrus!... Dongu un'accildinara… e tres a terra: sa gualdia scelta, totu stuldia nci arrùiri a suba de su balberi chi fiat faendi sa balba a unu signori: ddi craccat s'arresoja e… moltu s'avventori!!!».
ERITREI E DERVISCI In guerra, Peldu conquistò il forte di Kàssala ai confini dell'Eritrea e fece una strage di Dervisci. «Su capu de is Delviscius, currendi a sa sfrenara, …nci arrùiri a unu fossu… Ah, anima coralda! Dd'assaltu e ddu sgranguenu cun s'arresoja salda!».
In conclusione, racconta sempre Peldu: «Peldu fairi in Kàssala s'ingressu triunfali! Mi donant sa meraglia de oru e su Generali fairi unu disculsu, s'eselcitu presenti: “Ebbiva Peldu Nieddu! Ebbiva su salgenti de altiglieria de foltesa! Custu est pelsona digna! E is soldaus a boxi alta: “Ebbiva sa Saldigna!”.
Ne scrisse Emanuele Pili.
FISIETTO DA PIRRI E che dire di Fisietto da Pirri, di cui non ho mai saputo il cognome? Non credo che si sia trattato di un Pistis! Quando presero a circolare in città i tranvai allora non dotati di sostegni per gli utenti, Fisietto salì su un tram con un lungo e grosso tubo in lega leggera, acquistato poco prima, per fare rientro a Pirri. Trovò subito, sulla carrozza, un giovane che lo aiutò a tenere alto, con la mano destra, il tubo in punta, mentre Fisietto ne reggeva la coda. Molti viaggiatori, scoperta la novità, si appoggiarono al tubo e, in effetti, lo reggevano, dando involontariamente una mano a Fisietto. Il quale, ad un certo punto del percorso, meravigliando i presenti esclamò: «Sono Fisietto da
Pirri, fra quattro fermate, scendo!».
E così via: «Sono Fisietto… scendo fra tre fermate! …Scendo alla seconda! … Alla prossima scendo!...
E Fisietto scese effettivamente alla stazione della piazza principale di Pirri, dopo avere esclamato, tra la meraviglia generale: «Sono Fisietto da Pirri, scendo, il tubo me lo prendo e vi ringrazio tutti per la collaborazione!»
IL CONTINENTALE E toccat una borta… un venditore di fumo continentale, bullo di periferia urbana, attaccabrighe tracotante e villano, certo Vito Sgorbigoni, decise di diventare deputato e pensò bene di candidarsi in Sardegna, notissima terra di facile conquista. Giunto nell'isola, incantò un sacco di gente ingenua e generosa e finì per essere eletto, in particolare dal corpo elettorale femminile, il più sensibile all'offerta gratuita di fumo. Da furbo visitò, nella buona stagione nella quale caddero le elezioni, i paesi del suo collegio uno ad uno, per dedicare alla conquista di Cagliari gli ultimi venti giorni della campagna elettorale. E anche Cagliari fu con lui generosa.
ARIA FRITTA Quando in una delle tante piazzette rionali, trovava gruppi di dieci, quindici persone, si fermava, si presentava e friggeva o rifriggeva la propria aria, e intanto conquistava voti. Solo in piazza Sant'Efisio incontrò un vecchio che, nel silenzio dei vicini affascinati dal nulla delle sue parole, ebbe il coraggio di interromperlo per dirgli, facendo ricorso al proprio italiano malcerto e sgangherato: «Senta, lei ci sta alluvionando. Se proprio lo vuole sapere, purchè smetta di parlare e se ne vada, le assicuro che qui voteremo tutti per lei, in che mai l'avessi conobbi!».
CAMPANILISMO Quando anche in Sardegna si diffuse il campanilismo, una sorta di malattia che diventa comunque pericolosa se chi lo professa non vede al di là del proprio …campanile e se l'egocentrismo finisce per soggiacere a se stesso, Cagliari faceva un po' di ombra alle altre città isolane. Sorse la moda di creare is dìcius, di fare ricorso a is ciascus… Sassari si dotò per prima di un proprio detto anticagliaritano: «Tatari mannu e Cagliari minori!». Seguì, a distanza di decenni, il detto dei Sanluresi che, tutt'alpiù, riconoscevano a Roma la dignità di caput mundi: «Roma capumundu e Seddori segundu!».
Cagliari incassò i frizzi con disinvoltura, li metabolizzò chetamente e, solo dopo qualche secolo, foggiò per sé un detto immortale che non vive purtroppo felicemente sulle labbra di tutti i cagliaritani: «Casteddu mannu frori de su mundu, Londra tertza e Napoli segundu!».
E non ce ne vogliano gli amici Sassaresi e Sanluresi.
Matteo Porru