Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Dolore, kibbutz e compassione il romanzo di Oz

Fonte: Sardegna Quotidiano
11 giugno 2012

IL FESTIVAL

 

A CASTELLO Il grande scrittore israeliano per la prima volta a Cagliari per “Leggendo Metropolitano”. I ricordi, le speranze di pace, il valore lenitivo della scrittura, il suo travagliato Paese Il dolore, il kibbutz, la compassione e la comprensione. Potrebbe intitolarsi così il romanzo della vita di Amos Oz, scrittore israeliano, nato a Gerusalemme nel 1939, riconosciuto come una delle voci più importanti della letteratura mondiale, intellettuale influente e stimato nella sua terra. Per la prima volta è arrivato in Sardegna, a Cagliari, dove ieri sera, intervistato dal critico e giornalista Michele De Mieri, ha nobilitato ancora di più e chiuso il festival letterario Leggendo Metropolitano, parlando di tempo della vita e tempo della letteratura, mai coincidenti: «Io ho messo molto della mia vita nei libri ma la vita reale e quella letteraria sono due cose molto diverse». Infatti. Il dolore. IL DOLORE L’ha vissuto Oz, ha segnato profondamente la sua esistenza e l’opera letteraria. Era poco più che dodicenne, la morte della madre, il suo suicidio. Ancora oggi, quando ricorda, il suo sguardo mite tradisce un’espressione contratta: «Ero così arrabbiato con lei, come se fosse scappata con il suo amante, furibondo con mio padre, perché aveva lasciato che la perdessimo, e con me stesso. Pensavo di essere un cattivo ragazzo, che se fossi stato un bravo bambino mia madre sarebbe rimasta». Molti gli anni in cui non volle più parlare di quel fatto tragico. Quindicenne va in un kibbutz, per metabolizzarlo quel dolore lacerante. Il tempo, passa, trent’anni in quell’isola verde, gli studi universitari, la letteratura lo aiuta, ancora dopo tanto tempo.

IL SUO PAESE Il romanzo autobiografico “Una storia di amore e di tenebra” (2002), dove Oz racconta, attraverso la storia della sua famiglia, le vicende storiche del nascente Stato di Israele, la guerra di indipendenza, gli attacchi terroristici dei feddayn, la vita nei kibbutz. Prima, opere collegate da un filo rosso, “Il monte del cattivo consiglio”, pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 2011, tre novelle scritte a metà degli anni ’70, Gerusalemme alla vigilia del 1948, anno che segnò la nascita dello stato ebraico: «Sono più vecchio del mio Paese. Ricordo le grandi aspettative, poi disattese. Si pensava che tutto sarebbe cambiato, che gli uomini sarebbero cambiati, senza più egoismi ». In quei racconti lo sguardo di un bambino in cui si riconosce l’au - tore, si riconosce anche la sua famiglia. La morte della madre ritorna alla mente: «La rabbia poi è svanita e ha lasciato posto alla compassione, al perdono, alla comprensione, al sense of humour». E quanto ha inciso sullo scrittore israeliano, tradotto in più di trenta lingue, riconoscimenti prestigiosi sulle spalle, autore di saggi (“Contro il fanatismo”, 2004) e centinaia di articoli, la sua esperienza nel kibbutz. «Un’univer - sità di vita fantastica per uno scrittore. Quasi tutto quello che so della natura umana l’ho imparato in quel microcosmo». Che ritroviamo anche nell’ultimo libro di Oz, fresco di pubblicazione in Italia, “Tra amici”. Un kibbutz israeliano negli anni Cinquanta, otto racconti, che «parlano delle cose semplici della vita, l’amore, la perdita, la nostalgia, la morte, la disperazione. Storie universali » .

I DUE STATI Lo scrittore israeliano, dai tempi della Guerra dei Sei Giorni (1967), in cui ha combattuto, è un autorevole sostenitore della soluzione dei due stati nel conflitto israelo-palestinese. Posizione conciliatoria. «La buona notizia ora è che i due popoli sono pronti ad arrivare a questo compromesso pragmatico, lo dicono anche i sondaggi. La cattiva è che i leader politici non hanno il coraggio di portare fino in fondo questo processo ». E usa una metafora efficace: «Il paziente è pronto per la sala operatoria ma i medici sono dei codardi». Ed è difficile dire se il movimento di scrittori e intellettuali israeliani (“colombe ” come Grossman o Yehoshua) riuscirà ad influenzare il processo di pacificazione: «A nessuno piace essere influenzato da altri. Non ho mai sentito dire: ho letto uno dei tuoi articoli e ho cambiato opinione». In Italia si sente a casa Oz, che conosce la letteratura italiana: «C’è una storia d’amore tra i lettori italiani e israeliani. I vostri scrittori sono molto amati in Israele e viceversa. Ci sono tante similitudini fra i due Paesi». E, sorridendo, dice, con sottile senso dell’ironia: «Non veniamo da un film di Bergman ma da uno di Fellini». Arrivando a Cagliari via mare, Elio Vittorini venne catturato dalla sua visione, la definì Gerusalemme di Sardegna. «Mi sento a casa in questa città mediterranea. Ma voi avete il mare, noi abbiamo il deserto». Oggi Oz torna a casa, ad Arad, nel mezzo del deserto. Massimiliano Messina