Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nel mondo perduto di Amina

Fonte: L'Unione Sarda
13 ottobre 2008

Teatro Lirico. Ritorna a Cagliari dopo 21 anni “La sonnambula” di Bellini ed è un gran successo

Raffinata e suggestiva la regia di Hugo de Ana

Non lasciatevi ingannare dall'Arcadia: le Georgiche belliniane nascondono la nostalgia di un mondo perduto: una zona d'ombra, un malessere indicibile che soltanto alla fine (forse) si scioglie. È l'eterna lotta tra bene e male, ragione e superstizione quella che si svolge in un villaggio fuori dal mondo. Elvezia, precisa il libretto di Felice Romani. Ma potrebbe essere qualunque altro luogo. Il lago di Como, per esempio, tanto amato dai romantici e da Hugo de Ana, regista, scenografo e costumista di questa Sonnambula che ha debuttato ieri sera con grande successo al Lirico di Cagliari. Il geniale artista argentino, che con l'allestimento della Fondazione Arena di Verona del 2007 ha voluto rendere omaggio a Visconti, lo aveva annunciato: sarà una messinscena pittorica ma non oleografica. Una sorta di fermo immagine delle emozioni, dove la staticità è al servizio della struttura musicale. E dove l'epoca senza tempo del libretto è palesemente Ottocento.
Elemento fisso della storia, un grande prato moltiplicato da due specchi laterali. È la terra sicura su cui si muove il mondo un po' naif del villaggio, lo spazio all'interno del quale agiscono i sentimenti puri di Amina e del suo gelosissimo Elvino. Sullo sfondo, un gioco di suggestioni visive, creato da proiezioni che variano in continuazione: seguono il divenire del racconto (il vecchio mulino, il ruscello, l'osteria di Lisa, la foresta), seguono - soprattutto - i tormenti dell'animo di Amina, orfanella adottata dalla mugnaia Teresa: ingenua contadina durante il giorno, tormentata dal sonnambulismo la notte. Una figura femminile appassionata che se da un lato riflette le luci (un po'noiosette) dell'Arcadia, dall'altra mostra il suo lato oscuro attraverso una modernissima nevrosi. Una figura impalpabile (un fantasma, per i villeggiani che nulla sanno), come impalpabile è il mondo nel quale vive. E nel quale non si identifica del tutto, se ha bisogno di sognare (deambulando) per avere la piena felicità.
Estraneo a ogni forma di regia che cerchi la provocazione e non il senso profondo della storia, Hugo de Ana ha costruito la vicenda con un obiettivo: ricordare La Sonnambula scaligera di Visconti , marzo 1955: dove Amina era Maria Callas, Elvino Cesare Valletti e sul podio c'era Leonard Bernstein. A quell'edizione passata alla storia si rifanno i costumi: soprattutto quelli della protagonista, che ci appare in mises volutamente incongruenti. Troppo ingioiellata ed elegante nel primo atto, vestita e bardata di tutto punto nella scena finale: quando vagando sull'orlo d'un precipizio fornisce inconsapevolmente all'intero villaggio e al geloso fidanzato la prova della sua innocenza (lui l'aveva lasciata alla vigilia delle nozze perché pensava l'avesse tradito col Conte Rodolfo). Più di cinquant'anni fa, la Callas obiettò a Visconti che una contadina non ha gioielli così belli (e chissà, forse gli disse anche che nessuna donna va a dormire vestita e bardata di tutto punto). Lui le rispose più o meno: qui non c'è una contadina, c'è Maria Callas che canta Amina.
De Ana ha seguito la lezione. E ha aggiunto di suo suggestioni pittoriche di grande fascino che evocano le atmosfere cupe e romantiche di Caspar David Friedrich. Rarefatto, di grande bellezza visiva, lo spettacolo proposto da Hugo de Ana è un trionfo per gli occhi. Ricorda la bellezza degli spazi piranesiani la scena centrale: quella stanza d'albergo dello scandalo dove Amina - in stato di sonnambulismo - manifesta il suo amore al Conte Rodolfo scambiandolo per Elvino. E dove viene scoperta dai villeggiani ficcanaso. Sarà proprio il Conte (nel testo originale di Scribe è il padre sconosciuto della fanciulla) ad aprire gli occhi ai sempliciotti elvetici. Lui - deus ex machina della vicenda - a spiegare che il sonnambulismo è una nevrosi, che Amina è innocente, e che nessun fantasma vaga la notte per i boschi.
Una storia ricca di simboli questa Sonnambula di de Ana, (lo specchio della stanza del Conte Rodolfo dove si svolge il dramma, il cannocchiale del ricco signore che proietta sullo sfondo i suoi lontani ricordi, il carro infiorato che trasporta Amina verso la riabilitazione finale (ma per noi sardi troppo evocativo di “ramadure” alla Sant'Efisio). Alla fine molti applausi a tutti (domani come sempre la critica musicale): l'appassionata Amina della cubana Eglise Gutierrez, l'Elvino di Antonino Siragusa, il Conte Rodolfo di Simone Alaimo, la Lisa di Sandra Pastrana, tutta la compagnia di canto. Consensi calorosi al coro e all'orchestra diretta da Maurizio Benini, (maestro del coro Fulvio Fogliazza), a Leda Lojodice che ha curato la coreografia, a Paolo Mazzon, maestro di luci e naturalmente a Hugo de Ana e all'assistente alla regia Filippo Tonon. Molti applausi e un dubbio: davvero La Sonnambula è un'opera a lieto fine? Siamo così sicuri che Amina, se mai guarirà, troverà la felicità tra le braccia dello sprovveduto Elvino? Non sapessimo che il Conte è suo padre (ma il libretto censura la circostanza), potrebbe essere lui a rendere la realtà della ragazza interessante quanto i suoi sogni.
MARIA PAOLA MASALA

11/10/2008