Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Piero Schiavazzi, la voce e il mito

Fonte: La Nuova Sardegna
25 maggio 2012



Il nipote del celebre tenore cagliaritano racconta le emozioni di un’incredibile carriera d’artista




di Walter Porcedda CAGLIARI «Canta Piero» gli urlarono gli amici assiepati sulla banchina mentre il piroscafo per Livorno lentamente s'allontanava da Cagliari. E Schiavazzi intonò una romanza che il vento portò a chi salutava agitando braccia e fazzoletti. Era una mattina di febbraio del 1896 il giorno dell'addio alla Sardegna per un altro tenore che, come Demuro e De Candia, avrebbe conquistato successo e fama nei teatri di tutto il mondo. Morì a 71 anni a Roma nell'ottobre 1949. Un altro piroscafo ne riportò i resti nella città natìa. Le cronache del tempo raccontano che una folla accolse quella nave al grido di "Canta Piero". Cento anni dopo un altro Piero Schiavazzi, giornalista e nipote del tenore per uno strano gioco del destino si ritrovò, per lavoro a ripercorrere come un’ombra gli stessi luoghi dove l’avo conobbe la gloria e il successo. «È stato emozionante trovarmi al Coliseo di Buenos Aires, perchè negli anni d’oro dell’Argentina, granaio del mondo – ricorda Piero Schiavazzi, una incredibile rassomiglianza con il tenore – cioè la prima decade del Novecento, coincidono con quelli di migliore espressività vocale di mio nonno. Nelle Americhe andava spesso. Al nord, a New York, con Mascagni, come al sud, in Sudamerica e soprattutto in Argentina. Sono stato anche all’Avana, nel teatro dove si esibì, e così a New York. Poi, con grande emozione, a Bucarest, dove ho tenuto nel 2003 una conferenza davanti al governo rumeno, proprio nel teatro nazionale dove mio nonno di solito cantava quando era in tournèe. Erano gli anni della Belle Epoque e Bucarest era un po’ la Parigi dei Balcani.Allora il mio parente era intimo, la storia è nota, molto intimo della regina di Romania. Trovarmi tra quegli stucchi, su quel palcoscenico, ovviamente in veste diversa, è stata una sensazione indescrivibile”. E Schiavazzi, a proposito di Belle Epoque, era un artista che incarnava bene quel Mito. Bello e famoso, grande artista e seduttore. “Sì lui era proprio la Bella Epoque, nel portamento e nella eleganza. Le foto danno un’immagine di staticità (io lo vedrò per la prima volta in movimento oggi nel film ritrovato) non raccontano come invece fosse tutt’uno col movimento. Uno spirito ribelle, inquieto, un uomo libero. Amava ricordare come quando lasciò Cagliari si trovò solo con il vento. Ecco, il vento è il compagno, forse più idoneo della sua vita. E un grande periodo di quella la visse con il soprano pucciniano Ersilia Costantini, mia nonna, una romana verace di Banchi Vecchi dove ebbero un figlio, mio padre. Entrambi però mi hanno educato a sentirmi sardo e cagliaritano. Soprattutto mia nonna, nonostante in seguito si fossero lasciati conmio nonno, mi educò al suo mito, e di questo le sono grato. Nessuna rimozione, anzi. E così mio padre. Questo mi fa sentire le mie radici sarde. Come mio nonno conosco i suoi sapori. Amava i carciofi crudi e i muggini che andava lui stesso a pescare, proprio vicino dove gli è stata intitolata la via. Non mi dispiace che sia una zona periferica. C’è accanto un porticciolo e un villaggio di pescatori dove si sarebbe trovatobenissimo. Lui amava il contatto con il popolo, del quale era figlio. Una volta stava al caffè Genovese, tolse la scopa a un netturbino invitandolo a sedersi al tavolino mentre lui ramazzava l’intera piazza. Credo di avere ereditato questo suo grande amore per la Sardegna. Una passione che mi ha spinto in Gallura dove ogni anno, a Tempio, sfilo a cavallo per la festa di Sant’Isidoro”. Il cantante e il mito. “Fu un tenore verista e mascagnano. Mascagni voleva sempre andare oltre, sfidando se stesso. Mio nonno nella vita era uguale. Andava oltre, senza limiti. Viveva nella vita quello che poi interpretava sulla scena. Con Mascagni che sta al suo secolo come Munch alla pittura, irrompe il Novecento tragico. Una modernità tragica e senza regole. Mio nonno in questa temperie fu una voce senza regole che pagò il prezzo di una stagione troppo breve. Però, se non fosse stata una voce così maledetta, probabilmente oggi non ci sarebbe il suo Mito». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Il grande cantante e il film ritrovato

Oggi all’Auditorium di Cagliari l’anteprima della pellicola “Il trionfo della vita”




CAGLIARI Piero Schiavazzi, il grande tenore cagliaritano e il film ritrovato. “Il trionfo della Vita”, girato nel 1922 da Antonio Gravina – molto probabilmente anche di produzione sarda – di cui il cantante fu interprete è stata pescata in modo fortunoso tra centinaia di pezzi di un collezionista romano dalla Cineteca Sarda che ne ha curato con amore il restauro. Il film verrà mostrato oggi in anteprima all’Auditorium del Conservatorio con l’accompagnamento musicale della pianista Gabriella Artizzu . Il film sarà preceduto da una introduzione di Giuseppe Pilleri della Cineteca sarda e dal critico cinematografico Sergio Naitza. Il film, il cui ritrovamento è un vero e proprio evento per la cultura della Sardegna, è una preziosa testimonianza del tenore, allora celebre in tutto il mondo che si dedicò anche al cinema muto. Il suo primo film fu “Il bastardo” di Emilio Graziani Walter, del 1915. Seguirono “La morte del duca D’Ofena” dello stesso regista, “L’ombra di un trono” di CXarmine Gallone del 1921 e appunto “Il trionfo della vita”. L’opera che sarà mostrata nei prossimi giorni anche nella Capitale, sarà riversata il prossimo anno in un dvd a corredo di uno speciale numero di “Film praxis” conenetene studi e ricerche storiche attorno al film stesso e all’opera di Schiavazzi. Il cantante originario di Stampace, antico quartiere cagliaritano fu destinatario di una borsa di studio del sindaco Ottone Bacaredda che gli permise di completare a 20 anni gli studi presso il il lieco musicale di Pesaro sotto la direzione di Piero Mascagni che lo definì un “Detentore di grazia”. Dopo aver debuttato nel “Silvano” nel 1899 a Pesaro, ebbe il suo esordio ufficiale nella “Boheme” di Puccini lo stesso anno. Fu un trionfo. E l’inizio di una carriera straordinaria che portò il tenore sardo in giro per le capitali più importanti. Fu diretto da Mascagni, Vigilio, Mugnone e dal grande Toscanini (w.p.)