Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Caos Province e la Regione va in crisi

Fonte: La Nuova Sardegna
10 maggio 2012

 
Il Consiglio nomina quattro consulenti esterni. Dalla fine del mese la burocrazia e i pagamenti saranno bloccati 
 
 
 
di Alfredo Franchini

CAGLIARI La Sardegna come laboratorio nazionale. Lo sostiene il Movimento referendario che ieri ha fatto il punto sulla vittoria e ha annunciato la nascita di «Sardegna si cambia». Significa che il movimento non diventerà un partito ma anche che non si scioglierà: «E’ stata vinta la prima fondamentale battaglia ma ora siamo arrivati alla sfida vera per il cambiamento del sistema politico», afferma Pierpaolo Vargiu davanti a una platea di persone, tra cui molti sindaci e amministratori che hanno condiviso la battaglia referendaria denominata “anticasta” e anche altri che si sono aggiunti a risultati acquisiti. «Non è un problema», chiarisce Vargiu, «il Movimento non è proprietà privata ma è uno strumento a disposizione di tutti coloro che vogliono provocare un cambiamento». E Vargiu si toglie anche un sassolino dalla scarpa: «Ci sono calunniatori che continuano a dire che noi prenderemo centinaia di migliaia di euro come rimborsi elettorali. Non è così: per i referendum regionali non è previsto». Più che un cambiamento l’esito del voto ha generato un terremoto politico. Il Consiglio regionale è paralizzato dalle divisioni e il tempo stringe: dal 31 maggio, con lo scioglimento delle nuove Province, tutti i meccanismi burocratici si bloccheranno. Non si potranno effettuare pagamenti alle imprese e c’è da risolvere la questione del personale; i territori delle nuove province non possono tornare a far parte dei quattro enti storici e, senza la nuova delimitazione dei confini, non si può nemmeno andare a votare. Il movimento referendario respinge ogni accusa per il vuoto normativo creato: «Abbiamo fatto il referendum proprio perché il Consiglio regionale non aveva legiferato. Le proposte di legge ci sono ma non sono approvate», ha chiarito Vargiu, «quella parte di Sardegna che è maggioranza fuori dal Palazzo è minoritaria nell’assemblea sarda». Il referendum, commenta Massimo Fantola, è stata una scossa, ora gli atti amministrativi conseguenti li deve fare l’assemblea regionale. Da qui un appello al presidente Cappellacci e al Consiglio perché si affrettino a dare risposte. In realtà il presidente della giunta è in malattia, dopo il tamponamento avvenuto proprio pochi minuti prima del suo intervento davanti al Consiglio regionale. E l’assemblea regionale è molto divisa sul modo di proseguire e c’è chi sta accarezzando l’idea, per la prima volta, di andare ad elezioni anticipate. (Una decisione che comporterebbe un vantaggio...per la casta visto che verrebbero eletti ancora 80 consiglieri e non 60 come accadrà tra breve con la nuova legge). Un po’ per le divisioni interne e un po’ per la difficoltà del momento, il Consiglio regionale ha deciso di nominare quattro giuristi esterni che dovranno indicare la strada per uscire dal terremoto istituzionale . Si tratta di Andrea Deffenu, Pietro Ciarlo, Benedetto Ballero e Gianni Contu. Claudia Lombardo, presidente del Consiglio spiega: «Sarà abrogata anche la legge che delineava gli ambiti territoriali provinciali, con effetti sulle province storiche. Siamo in una situazione di caos normativo che ci preoccupa. Per questo abbiamo deciso di acquisire i pareri di amministrativisti e costituzionalisti». La presidente Lombardo è scettica, peraltro, sull’ipotesi di un commissariamento delle abrogande province, per gestirle in una fase transitoria, emersa subito dopo il risultato della consultazione referendaria: «Come si possono commissariare enti inesistenti?». Quanto alle indennità dei consiglieri regionali, dovrà essere l’assemblea, con una nuova legge, a stabilire l’importo per i consiglieri regionali cui il voto ha tolto lo stipendio. Gli emolumenti dei consiglieri regionali, infatti, rischiano di restare sospesi dal momento della pubblicazione sul Buras dei decreti del presidente della Regione con cui vengono cancellate le norme oggetto dei cinque referendum abrogativi ai quali i sardi hanno detto sì domenica scorsa. «E’ una delle tante conseguenze, quando c’è uno choc il corpo si deve riprendere ma non c’è da fare un dramma. Non bisogna avere paura. Spetta al Consiglio regionale dire come si deve uscire da questa crisi», sostiene Cugusi. Il movimento refendario ha contestato anche la scelta di avvalersi del parere di giuristi esterni: «A cosa serve? I consiglieri sono stati investiti dell’incarico e hanno dichiarato la loro inadeguatezza? Perché se così non fosse, non si capirebbe perché pagare ancora consulenti esterni, spendendo denaro pubblico e delegittimando le professionalità interne alle istituzioni che dovrebbero rappresentare il fior fiore della burocrazia regionale».