Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Ira Cellino: «Mai più al Sant'Elia, adesso cito il Comune per danni»

Fonte: L'Unione Sarda
10 maggio 2012


Il presidente: stadio pericolante, Quartu e Trieste le alternative

Ivan Paone
Massimo Cellino, presidente del Cagliari perennemente al centro di una bufera, dice di non aver paura di niente, «se non di Dio», e che per fermarlo, quando è convinto di una cosa, «devono abbattermi». Figuriamoci se una guerra con il Comune di Cagliari e il sindaco, Massimo Zedda, lo può scuotere più di tanto. «Anche perché io non mi sento in guerra con nessuno».
Sarà, ma dopo aver consumato due yogurt rigorosamente sardi e una banana rigorosamente honduregna come frugale pranzo di lavoro, qualche cannonata la spara. Partiamo dal credito che l'amministrazione comunale vanta nei confronti del Cagliari. Cinquecento milioni risalenti agli anni '77-'89, lievitati sino a 1,8 milioni di euro e che hanno provocato il pignoramento del conto della società rossoblù presso la Lega Calcio per una somma di 2,9 milioni di euro. «Una violenza senza pari», sbotta Cellino, arrotolando una sigaretta, gesto che, secondo lui, gli permette di fumare meno.
Questo debito esiste o no?
«Secondo me no, perché, in assenza di convenzione, e prima del mio avvento, il Cagliari ripagava il Comune con una grande quantità di abbonamenti e biglietti omaggio e con la cessione della pubblicità».
Il Tribunale ha deciso diversamente, condannando la sua società a pagare.
«Ci siamo appellati, vedremo il secondo grado. Detto questo, pignorare il nostro conto in Lega è stata una violenza. Ero e sono pronto a presentare una fideiussione a garanzia del presunto credito. Poi, nominiamo un arbitro e facciamo decidere a lui».
Quindi, lei sostiene di non avere debiti?
«Esatto. Faccio questa proposta. Se l'arbitro stabilisce che il Cagliari deve denari al Comune, pagherò sino all'ultimo centesimo. In caso contrario, non voglio neanche un euro. Più di così».
Lei conferma che l'unico debito nei confronti del Comune è questo?
«Certo, per il resto abbiamo pagato tutto e, per lavori vari, sinora abbiamo speso circa sette milioni di euro, comprese le tribune Dalmine installate nel 2003».
La situazione appare intricata, come si può uscirne?
«Circa un mese fa il nostro cda ha dato mandato a due consiglieri, il dottor Giovanni Pinna e l'ingegner Mario Marongiu, di trovare un accordo con il Comune. Io mi sono tirato fuori per evitare di personalizzare la questione. Non sono mai stati ricevuti. Per tutta risposta, mi sono sentito dire da Zedda che non mi avrebbe regalato il Sant'Elia. A parte il fatto che il terreno appartiene alla Regione e non al Comune, io non l'ho mai chiesto. La mia proposta è: ristrutturo a mie spese lo stadio e in cambio ottengo una convenzione di vent'anni».
Nel frattempo, è scoppiata la guerra. Perché ha portato via la squadra dalla città?
«Perché lo stadio è inagibile».
A dire il vero sono stati chiusi temporaneamente solo due settori.
«Non è così. Lo stadio è fuori norma dal 2003, quando montammo le tribune mobili, ottenendo dalla Lega Calcio una deroga con la promessa di avviare i lavori di ristrutturazione. Dopo dieci anni, siamo allo stesso punto».
Cosa significa che è fuori norma?
«Che non esiste la certificazione dell'impianto elettrico, che spogliatoi, pavimenti, servizi igienici e tutti i locali sono fuorilegge».
E come è possibile che si sia giocato sinora?
«Grazie alle deroghe firmate da Floris prima e da Zedda poi, che a gennaio ha smesso di assumersi la responsabilità. E così lo stadio è stato chiuso per metà».
Ma adesso i lavori sono stati conclusi.
«Ora è la Lega a chiedere il rispetto delle norme, perché si è stufata. Quando ha preteso il rispetto della capienza minima di ventimila posti, si è sentita rispondere dal Comune che anche gli stadi di Siena e Novara non l'avevano».
E non è vero?
«Sì, ma il Comune dimentica che Siena e Novara sono neo promosse e che hanno una deroga automatica di un anno. Nel frattempo, hanno avviato i lavori per aumentare la capienza. Questa risposta arrogante ha irritato la Lega che ha dichiarato inagibile il Sant'Elia».
Comunque, il Cagliari poteva giocare nello stadio dimezzato.
«La mia idea era di disputare a Trieste solo la partita con l'Inter, un modo per sollecitare il Comune a eseguire i lavori nei Distinti e in Curva Sud. Invece, il collaudo è avvenuto solo ieri».
Ma perché Trieste, il posto più lontano da Cagliari?
«Gli stadi di Serie A erano esclusi. E poi Trieste ci ha accolto, altri no».
E Livorno?
«È peggio del Sant'Elia».
Ma, insomma, il Cagliari dove giocherà?
«Non lo so. Al Sant'Elia no, anche perché ho una perizia giurata che ne attesta la pericolosità».
A Quartu?
«Spero di sì, in alternativa a Trieste».
Lei sta provocando un danno enorme ai tifosi.
«Siamo noi i danneggiati. Abbiamo subito danni di immagine, mancati incassi, spese gigantesche. Promuoverò causa per ottenere un risarcimento da funzionari pubblici incompetenti e amministratori incapaci».
Ma è possibile che non si possa ristrutturare il Sant'Elia?
«Si potrebbe, ma il Comune non me lo permetterà mai e l'ente pubblico non ha i soldi per farlo».
E perché non lo fa fare a lei?
«Ma perché lo stadio è potere, significa ospitare feste, celebrazioni, concerti, avere biglietti omaggio e abbonamenti. E il Comune non lo cederà mai perché è un serbatoio di voti».
E a Elmas?
«Mi hanno tradito. Pur di non farmi costruire lo stadio, mi hanno notificato un avviso di garanzia il 24 gennaio, il giorno stesso della firma della concessione, che è stata bloccata. Un caso»?
Ma è vero che ha negato la chiesa di Santa Caterina per la festa?
«Questa è bella. Il Comune di Elmas mi ha notificato il divieto a utilizzare la struttura perché pericolante. E poi ci vogliono fare la festa. Ho risposto al comitato che se la prendessero con il sindaco. Se l'amministrazione si assumerà la responsabilità, concederò il permesso, come sempre».

 

IL RETROSCENA. Il verbale di presa in carico non è mai stato firmato
Il giallo della consegna
«Straordinari i nostri tifosi, grazie per il sostegno»

Il momento più significativo del “pasticciaccio brutto” del Sant'Elia è il dicembre 2003, quando il Cagliari e il Comune firmano la convenzione, con scadenza 31 dicembre 2013. Cellino racconta: «Stabilimmo che il Cagliari, a sue spese, avrebbe montato le tribune Dalmine. Nel frattempo, il Comune avrebbe iniziato la ristrutturazione».
Così non è stato.
«Appunto. I lavori non sono mai partiti, nonostante l'impegno preso dal Comune».
È vero che il Cagliari non ha mai preso in carico il Sant'Elia?
«Sì. Al momento della consegna, i nostri tecnici hanno rilevato tante carenze nella documentazione che non hanno firmato il verbale di consegna. Nonostante questo, noi abbiamo sempre pagato quanto dovuto».
Lei si dice pronto a costruire a sue spese il nuovo stadio. La gente stenta a credere che lei lo faccia senza tornaconto.
«Eppure è così. Non voglio centri commerciali, negozi, niente di niente. E non voglio costruire case. Non è il mio mestiere».
I tifosi sono disorientati dopo il trasloco a Trieste.
«Li capisco, anche per noi è stato uno choc. Voglio ringraziare tutti i dipendenti del Cagliari, che sono stati esemplari. E poi i tifosi che ci hanno seguito sino a Trieste. E in particolare gli Sconvolts. Sì, i tanto temuti ultras che si sono sobbarcati un viaggio lunghissimo per sostenere la squadra in tutte le partite, senza creare un problema. Grazie di cuore». (iv.p.)