Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

URGURÙ A TUVIXEDDU DOPO AVER VOTATO SI

Fonte: Sardegna Quotidiano
10 maggio 2012

 

  di Carlo Antonio Borghi

Urgurù, in licenza premio dalla Caserma sassarese di Li Punti, si era trattenuto a Cagliari fino a domenica 6 maggio. In questo modo aveva potuto partecipare a Monumenti Aperti e votare per i 10 referendum. Il dovere elettorale lo aveva compiuto ad apertura di seggio. Il seggio destinato a quelli come lui provenienti da siti archeologici si trovava al Regio museo archeologico. Del resto proprio lì dentro era rimasto depositato, dopo essere stato rinvenuto a Monti Prama di Cabras, nel 1974. Nel Regio seggio di Piazza Indipendenza si era incontrato con tanti Menhir e Perdas Fittas, convenuti per rispondere ai quesiti referendari. La sua amata Bustiana, era rimasta in albergo, a Calamosca per dedicarsi all’abbronzatura e ai primi tuffi di stagione. In più non glie ne importava dei referendum. Un altro milione di sardi avrebbero fatto uguale. Da uno scoglio si lanciò in acqua, con bello stile e fece un tuffo nel passato. Intanto Urgurù aveva votato 10 Sì su schede di pietra vulcanica. Altri avevano avuto per scheda tavolette di argilla e di travertino. «Io ho votato SI alla abrogazione di Soprintendenze e Prefetture» – diceva una testa di Tigellio a un torso di Ercole. «Io ho votato NO alla costruzione del Mu- seo Bettile» – diceva un Menhir a una Pietra Fitta. Urgurù tirò dritto per la sua strada evitando capannelli e cricchette di pezzi da museo. In un battibaleno raggiunse Tuvixeddu, dove lo aspettavano Tuvix e Tuvu ripuliti a festa e vestiti con l’abito buono. Si salutarono nelle rispettive lingue identitarie. I due gemelli in parole fenicio-puniche prive di vocali e il gigante nel linguaggio dei segni tipico della gens megalitica. Una conversazione fitta di codici e frasi cifrate. Misteriosi traffici. Dopo essersi congedato, Urgurù discese dal colle portando con sé un gran mazzo di asparagi che Tuvix e Tuvu gli avevano omaggiato. Bustiana era golosa di asparagi selvaggi da unire al riso o alle uova. «Se proprio devo finire a Cagliari – pensava – vorrei mettermi sulla cima di questo colle e non in uno stanzone museale, dove pensano di collocarmi i museologi». Intanto Bustiana archeologa era riemersa dal suo tuffo nel passato del Poetto, quando in spiaggia c’erano i casotti pieni di palafittari che chiamavano Casottisti o Casottari. Bustiana era riemersa come una vera Venus o una Sirena Morena. Portava con sè preziosi reperti databili alla seconda metà del secolo XX. Mangiadischi, radioline a transistor, scoobidoo, temperini, biglie di vetro, cerbottane, gettoni del telefono. Tutta roba utile per il suo progetto di Museo arteologico. Mentre si trovava lì in pieni anni Cinquanta, si era fatta sedurre da un giovanottone da spiaggia, un bellimbusto campione di twist al Twist Bar della 6° fermata. Era soddisfatta dell’esplorazione ma sperava di non essere rimasta incinta di quel tipo da spiaggia. Tornato in hotel, Urgurù le raccontò tutto il suo itinerario monumentale. Lei raccontò a lui del suo tuffo nel passato recente. A letto, dopo una cena di crostacei, si tuffarono l’uno nell’altra. Prima o poi, Bustiana sarebbe rimasta incinta di Urgurù.