Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Preghiere e “sciollori”

Fonte: L'Unione Sarda
3 maggio 2012

In cammino da Stampace a Giorgino dietro il cocchio del Martire
 

Umanità e frasi rubacchiate a bordo Sagra
Vedi tutte le 2 foto
Siamo gente semplice noi che andiamo dietro al Santo. Applaudiamo una statua, un legno. E ci pigiamo in piazzetta Sant'Efisio per avvistare con ansia il primo spigolo di cocchio che esce dalla chiesa. Tremiamo mentre un tenore (Floris Gianluca, secondo banco a destra ai tempi del liceo) urla: «Evviva Sant'Efisio!». Siamo moltitudine che si commuove e ride, come sciocchi. Ci viene il groppo in gola quando le navi mugghiano in via Roma, fra pellegrini ci guardiamo con complicità per dirci «meno male, ci sei anche quest'anno» e ci diamo di gomito, sghignazzando, per tutti gli sciollori che sentiamo a bordo Sagra. Siamo imperfetti e ci chiediamo lungo il cammino verso Giorgino con distacco laico, o certezza di fede, quale senso dare non a una vita ma al minuto che seguirà. Siamo piccola gente perché ci piace da morire persino il miracolo di un sole superbo che repentinamente umilia la coltre triste di nubi e scaccia la pioggia.
IN PIAZZETTA Ci conquista un ragazzino, Luca Melis, che in piazzetta attende fra la ressa l'uscita di Efisio. Indossa per la prima volta la tonaca azzurra dell'Arciconfraternita. Il suo cruccio sono le scarpe nuove, nere, lucide, da basket, comprate per l'occasione la sera prima dal padre (piccolo artigiano) che come tanti, oggi, fa sacrifici anche per un paio di Adidas. Luca lo sa e sta attento che nessuno gliele sporchi, gliele pesti, «con quello che sono costate!». Il suo rimpianto è che per la prima volta di maggio non c'è più suo nonno Tore, che fu Terzo Guardiano nel '63. E se glielo si fa notare si nasconde dietro un confratello alto e grosso. Perché non vuol fare vedere i lacrimoni, che secondo lui non sono concessi neppure a uno di quasi undici anni.
FAMIGLIE E poi ridiamo a perdifiato, quando il cocchio è lontano persino da via Azuni, per il primo sciollorio. Sulla scalinata di Sant'Anna due anziane sorelle pigolano senza sosta, a loro fianco un marito-cognato imperturbabile come una roccia sino alla domanda della cognata: «Oh Lino cosa le chiedi quest'anno al Santo?». Lino di spalle: «Che vi faccia star zitte poco poco».
MIRACOLI Più in là, quasi al bivio con piazza Yenne, c'è Francesco Cicero, sino allo scorso anno capo di gabinetto del sindaco Floris. Non è mai stato fra la folla, in piedi, gomito a gomito, a farsi riempire gli occhi di colori, arcobaleni di abiti che sfilano. Ma è sempre stato in Municipio, per dovere e sicuramente anche piacere. Sul collo una profonda cicatrice che svela ciò che pubblicamente solo in maniera sommessa è circolato. Il segno del bisturi per fermare una malattia balorda, improvvisa, che senza avviso pochi mesi fa gli ha teso una trappola che voleva essere definitiva. Ed ora è qui a godere con un'emozione bambina ciò che stava per perdere.
COMMARI Nelle orecchie, per non domandarci ora qual è il vero sentimento che ci sappia rendere liberi da ogni giudizio, preferiamo farci rimbombare quello che si è sentito in via Sassari, all'inizio di questa lunga giornata. Il secondo sciollorio poco dopo le vetrine del maestro Canelles. Amica con tono sprezzante, ironico: «Oh Rita ma poitta ses bennia con su cani?». Rita: «E tui poitta ses bennia con quello strumingio di tuo marito?».
CASTEDDAIUS Perché la Sagra è così. Presa di coscienza di ciò che siamo. Buffi, dispettosi, generosi ma mai troppo, fratelli e poco dopo coltelli. Ci stringiamo le mani fra lo scorrere dei cavalieri e delle amazzoni, fra sudori animali e umani, e forse non ce le stringeremo più per l'intero anno, perdendoci e mentendo «perché mamma mia quante cose ho da fare». E poi va a finire che ci diciamo cose banali e strampalate. Amico magrolino: «No l'anno scorso non c'ero mi sono preso un anno sabautico, così si dice vero? Sabautico?». Amico cicciottello: «No! Si dice sabbiatico». Magrolino: «Ah! È vero, sabbiatico! Infatti ero a su Poettu». Cose che se non si sentono di persona, sembrano barzellette.
SU SINDICU La festa quest'anno per noi è stato passare emozionati come balossi in via Roma, al seguito del cocchio, senza imbragature di tribune d'onore. Vedere autorità civile (sindaco) e religiosa (vescovo) fianco a fianco, a terra, in piedi, non su predelle feudali ma in basso rispetto al Santo che oggi si onora. Poi proseguire verso viale La Playa con Zedda Massimo, cittadino, in scarpinata affrontare il ponte della Scaffa (con i pellegrini in viaggio verso Giorgino) e vedere l'effetto che fa. Lo stupore di anziane signore in polemica: «Signor sindaco non va bene questa cosa della Ztl a Villanova!». E le risposte infastidite di chi già è in preghiera: «Oh sa signora aiò però... a si cittiri... guardi che questo è momento di Efisio non di Ztl». Per finire con gli increduli. «Ismì Lorella! C'è anche su sindicu a pei cumment'e nosu». Lei: «Ebba' chi nun è issu, Zedda è prus mannu. Custu è pitticheddu cummenti unu cachi».
MOGLI Siamo gente che si tiene a braccetto con le mogli, perché magari siamo claudicanti, privi di vista, deboli. Insicuri soprattutto quando non avvistiamo Giorgino e il sole picchia. Ci tengono saldi e sorreggono il nostro peso, se lo dividono a metà o per intero. Su tutte, Monia, sposa di Francesco Ballero, Alter Nos: caracolla fra il marito che scende da cavallo per andare incontro ai fedeli del rione pescatori e il cocchio. E lei è lì, quasi a dirgli con gli occhi «Francesco tranquillo, anche se senti il peso di questo incarico, gli occhi tutti puntati su di te, io ci sono». E anche noi c'eravamo, anche quest'anno, dietro una Statua a chiederci perché ci sentiamo così piccoli davanti a questo mistero di maggio.
Francesco Abate