Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Comunale, l’omaggio di Schellenberger a Debussy

Fonte: La Nuova Sardegna
21 marzo 2012



Una grande prova del direttore bavarese e dell’orchestra del Teatro Lirico




GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Sa il fatto suo il direttore Hans-Jörg Schellenberger. D’altronde è stato a contatto con i migliori. Dalle grandi bacchette come Von Karajan ad Abbado, da Giulini fino a Muti e via dicendo. Insomma, ha visto da vicino modelli direttoriali fra i più esimi.
Sarà per questo che, oltre a essere un oboista ormai “storico” di fama internazionale (per decenni primo oboe dei Berliner Philharmoniker), si dimostra una guida orchestrale di tutto rispetto. Sul podio del Comunale, venerdì e sabato, è stato chiamato a dirigere l’ultimo omaggio che la Stagione del Lirico dedicava al centocinquantenario della nascita di Claude Debussy. Dulcis in fundo, ecco «Prélude à l’après-midi d’un faune», forse la più nota delle partiture debussiane, la più rappresentativa della sua cifra stilistica. Non c’è che dire, la lettura di Schellenberger è davvero pregevole. Ha tutti gli ingredienti al loro posto: il clima onirico, le delicatezze timbriche, le soffuse e ovattate nuances che, per sinestesia, evocano la luce ambrata del pomeriggio, creando così quell’incantato torpore ipnagogico - per l’appunto, il sopore del fauno - da cui, solo a tratti, ci si risveglia per risprofondare in un sogno. Buona performance quella del primo flauto Riccardo Ghiani, ma in generale tutta l’Orchestra del Teatro Lirico ha dato il meglio di sé.
Organico ridotto, invece, per «Folk Songs» di Luciano Berio con la bella voce del mezzosoprano Anna Malavasi, un’autentica miniera d’accenti, timbro turgido, levigato, di emissioni efficacissime soprattutto sulle note gravi: la Malavasi dev’essere probabilmente un’ottima Carmen (guarda caso fra i suoi impegni recenti, diretta da Michele Mariotti). Il direttore bavarese l’accompagna qui con la giusta variegatezza di toni, pur rimanendo sempre nitido e ordinatissimo; così, via via, le diverse configurazioni strumentali si “sintonizzano” sul carattere consono ad ogni inflessione canora, restituendo appieno quelle gemme folkloriche, filtrate o finanche trasfigurate dall’arguta genialità di Berio.
A chiudere il programma è la maestosa «Sinfonia n.3 in do minore op.78» di Camille Saint-Saëns. Pure qua Schellenberger dà prova di sensibilità interpretativa, che la compagine del Lirico rimpolpata un po’ alla Berlioz (come sappiamo, perfino con l’aggiunta di organo e pianoforte) riesce ad assecondare con compattezza e coordinazione. Nell’insieme, a funzionare è il climax crescente che andrà sfociando nella pomposa e debordante magniloquenza del finale. Estremamente poetica, in particolare, è stata però la resa del «Poco Adagio», con la sua intimistica e vespertina malinconia. Meritati i lunghi applausi.