Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

AMBIENTE MOLENTARGIUS TRA IL FARE E IL NON FARE

Fonte: Sardegna Quotidiano
19 marzo 2012

 

di ANTONELLO GREGORINI

Oggi si svolge l’incontro alla memoria dell’emerito Professor Lilliu dedicato “alla battaglia per la salvaguardia e la valorizzazione di Tuvixeddu”. Questa guerra, non battaglia, può definirsi ormai persa perché la necropoli è chiusa da quasi un decennio e, con essa, resta chiuso anche l’ormai leggendario Parco Archeologico. Chiunque può verificare in cantiere e rendersi conto che i lavori in essere sono minutaglie, in rapporto a tutto ciò che sarebbe necessario realizzare per mettere l’area in condizioni di sicurezza, visitabile e godibile da tutti. Queste azioni ammantate di propaganda, sempre politicamente corretta, con il passare degli anni assumono la parvenza di ciò che in realtà sono: dispute di punto, politica di bassa lega. Diceva alla presentazione di un libro sul Poetto un noto cagliaritano, tutore dell’estetica del paesaggio, che alla cultura politica “del fare” occorre contrapporre l’arte del “non fare” e che questa necessità deve essere diffusa e curata. Il non fare del poeta, però, sta lasciando uno sterrato incolto e dilavato nel pendio di Tuvumannu del quale, di là dal progetto di grande parco, evocato ma irrealizzabile, nessuno sa che farne e resterà lì: quale monumento alla sua cultura del non fare. Lo stesso accade per il Molentargius, il grande parco incompiuto, cerniera dei progetti strategici della città. Una legge attuativa, sempre disattesa, ha portato degli enormi investimenti pubblici con lo scopo di rilanciare l’attività produttiva del sale e restituire al paesaggio i mucchi cristallini. Le saline significano qualche decina di posti di lavoro veri e produttivi, con la connessa possibilità di riprendere l’itticoltura e di quant’altro di sviluppabile. Nessuna incompatibilità scientifica con i passaggi pedonali e ciclabili verso il Poetto ma neanche con la presenza dei volatili rosa. Sant ’Antioco, Santa Gilla, Cabras e le altre aree umide della Sardegna ne sono la prova evidente. Niente di tutto ciò però sarà fatto, nonostante le aziende sarde del sale abbiano chiesto di poter lavorare investendo capitali propri nel ripristino degli argini e degli impianti. L’impresa, per le associazioni del ambiente politicamente corretto, è fatta dai “prenditori rapaci”. Meglio spendere il denaro pubblico, quindi, per generare pletore di politicanti amministratori del niente con le connesse industrie del precariato assistito. Polo Civico Cagliari