Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Il Teatro Lirico di Cagliari

Fonte: L'Unione Sarda
15 marzo 2012

Al vertice della “United Kingdom Foundation of Arts”, sezione musica
 

ritroverà il suo prestigio»
L'ex direttore artistico Massimo Biscardi a Londra
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È un italiano a guidare la direzione musicale della “United Kingdom Foundation of Arts”, una delle più importanti fondazioni culturali del mondo. Massimo Biscardi, pianista, direttore d'orchestra, compositore, saggista e per diciotto anni direttore artistico del Teatro Lirico di Cagliari, incarico lasciato il 10 ottobre del 2010, ha assunto la carica di direttore del ramo musicale della Fondazione.
Biscardi, in cosa consiste il lavoro del direttore del ramo musicale della più importante Fondazione culturale del Regno Unito?
«La U.K.Foundation of Arts, da quasi cento anni, svolge la propria attività a sostegno della cultura. Individua e finanzia progetti speciali da realizzare; titoli d'opera da mettere in scena specialmente se fuori dal tradizionale repertorio; progetti di studio e ricerca; collaborazioni con teatri e artisti che si ritiene debbano essere conosciuti per le loro particolari capacità».
Perché hanno chiamato lei?
«Durante la mia direzione artistica del Teatro Lirico di Cagliari avevo avuto rapporti con una delle Fondazioni consociate alla U.K.F. nella preparazione dell'opera “A village Romeo and Juliet” del compositore inglese Frederik Delius. Quando un anno e mezzo fa dovetti lasciare il Teatro Lirico di Cagliari fui invitato a una collaborazione come consulente artistico. E ora eccomi a Londra».
Cosa pensa della situazione difficile che sta vivendo il teatro d'opera italiano?
«La situazione della musica in Italia non è difficile. È tragica. È una situazione di totale blocco dovuta a vent'anni di incapacità dei governi nazionali nell'individuare un ruolo moderno per la cultura musicale».
Quanta colpa hanno i teatri?
«Oggi i teatri italiani sono inopinatamente autoreferenziali e non svolgono più il servizio pubblico per cui esistono: le stagioni musicali sono per quantità e qualità tali da non giustificare gli investimenti dello Stato. Non tengono in nessuna considerazione le esigenze del pubblico e degli amanti della musica, per non parlare di tutte quelle professionalità - direttori d'orchestra, compositori, solisti, registi, scenografi, costumisti - che, a causa di questa non-politica, pare che oggi non abbiano più diritto di cittadinanza nel nostro Paese. Ci si preoccupa solo del problema occupazionale all'interno dei teatri: preoccupazione sacrosanta ma vana se diventa l'unico scopo dei finanziamenti pubblici e privati».
Cosa si dovrebbe fare per risolvere il problema?
«Bisognerebbe innanzitutto rendersi conto che si tratta di un vero e proprio problema nazionale, quindi affrontarlo e definire il ruolo che dovrà avere la musica colta in Italia nei prossimi quaranta-cinquanta anni. Io penso che, come è stato fatto per l'istruzione - in Italia ci sono settantacinque fra Conservatori e Istituti musicali pareggiati - , anche all'esecuzione musicale si debba riconoscere un ruolo prioritario e imprescindibile. I quindici più importanti teatri, le orchestre sinfoniche e le principali istituzioni musicali di respiro nazionale dovranno poter raddoppiare il loro impegno economico».
Altrimenti la musica classica morirà?
«Se non si potrà o vorrà farlo, l'unica altra strada, per non lasciar morire la musica in Italia, passa attraverso un'impegnativa opera di riequilibrio fra le spese del personale e quelle della produzione artistica da operarsi in una prospettiva temporale più o meno lunga. Sia per la prima che per la seconda opzione serve che la classe politica del nostro Paese non si preoccupi del consenso in vista di consultazioni elettorali, ma si occupi di legiferare e governare questo settore».
Una qualità britannica che apprezza?
«Il valore che viene dato al merito».
Una qualità italiana che manca in Inghilterra?
«Almeno due: il gusto e l'intuito artistico».
Il Teatro Lirico di Cagliari tornerà ai tempi in cui era il fiore all'occhiello della musica in Italia tanto da fare invidia anche alla Scala?
«Quando ricordo come suonava l'Orchestra e come cantava il Coro del Lirico di Cagliari diretti da Prêtre nel “Martirio di San Sebastiano” o da Giulini, Rostropovic, Maazel, non ho dubbi: quei tempi ritorneranno».
Francesca Figus