Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Cinque milioni in affitti non riscossi

Fonte: La Nuova Sardegna
27 febbraio 2012

 
Alta l’evasione della Tarsu (30 per cento) e dell’Ici sulle aree edificabili 
 
 
 
 
ROBERTO PARACCHINI 

CAGLIARI. Gli affitti delle case di edilizia residenziale pubblica (Erp) non pagati ammontano a cinque milioni di euro. Nella passata consiliatura l’amministrazione aveva affidato a Equitalia il compito di riscuotere gli arretrati con l’esito di tanti sfratti esecutivi, poi bloccati. Ma non è solo il settore immobiliare ad avere «buchi» di diversi milioni: c’è anche la riscossione della Tarsu (la tassa sui rifiuti) che presenta voragini di evasione. Anche se è difficile avere una quantificazione esatta (non eistono dati, per il momento), l’amministrazione presume che si arrivi a una media del trenta per cento. Il che significa oltre dodici milioni in meno di entrate. E ancora: l’Ici sulle aree fabbricabili rappresenta un’altra zona di nessuno, in cui occorrerebbe rimettere ordine.
Nello stesso tempo sta per cadere sul Comune la mannaia dei tagli ai trasferimenti, circa trentuno milioni di euro: ventitrè dalle riduzioni delle precedenti Finanziarie nazionali e otto dai vincoli del patto di stabilità. Da qui la necessità di tovare nuove risorse, anche con la razionalizzazione della riscossione dei crediti nei tributi locali. Per la questione-casa, «però bisogna fare dei distinguo - sottolinea Marisa Depau, consigliera comunale della Sel, da sempre attenta alla questione degli alloggi - tra le persone che non pagano l’affitto sono in tanti ad avere una pensione sociale o perso il lavoro. Per questo chiedo che si proceda a un controllo per individuare le situazioni di reale indigenza. In questi casi il Comune potrebbe utilizzare il fondo per gli affitti (da stanziamenti regionali), ma modificando il regolamento in modo da renderne più facile l’utilizzo. Per gli altri, chi può pagare, si proceda a una rateazione e con chi si rifiuta si attui il giusto rigore».
L’obiettivo dell’amministrazione è quello di salvaguardare i servizi essenziali (delle politiche sociali) e colpire il meno possibile le famiglie più indigenti e le imprese. Compito non facile se si considera anche il ritorno dell’Ici per la prima casa. Se da un lato il governo centrale ha lasciato una certa discrezionalità per la sua applicazione, i paletti entro cui i Comuni devono operare sono molto rigidi. Le amministrazioni potranno esigere dal 2 al 6 per mille, ma dovranno in ogni caso versare allo Stato centrale il cinquanta per cento di un’Ici ipotetica del quattro per mille. E per Cagliari la cifra da dare a Roma sarà di 23 milioni, mentre prima era il Comune che ne riceveva dodici (come compenso per l’eliminazione della tassa sulla prima casa). In più ci sono gli aumenti catastali del sessanta per cento. A conti fatti, una mazzata. Da qui la necessità, se si vuole in qualche modo salvaguardare i meno abbienti, di trovare altre risorse (e non poche). Una potrebbe essere l’Ici per i terreni fabbricabili visto anche che, secondo le aree edificabili, la città potrebbe avere volumetrie per 210mila abitanti, mentre oggi ne ha 160mila. Il che significa che molti terreni sono soggetti all’Ici, ma questo non viene verificato. Nello stesso tempo, spiega Ninni Depau (Pd, presidente del consiglio comunale) «in molte zone non vi sono ancora i piani attuativi per poter costruire». Il livello dell’evasione dei tributi, continua Ninni Depau, «è altissimo anche perché la nostra anagrafe non è ancora attrezzata per fare tutti gli incroci di dati necessari. Ad esempio, chi ha fatto un condono negli anni passati per un aumento della volumetria, in genere continua a pagare la Tarsu sulla base di quella vecchia». I problemi da risolvere sono molti, anche se l’amministrazione comunale li sta impostando. Di certo la strada è in salita.