Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sant'Efisio sul Cocchio taroccato

Fonte: L'Unione Sarda
21 aprile 2008

Il Cocchio ha appena 59 anni e non 350 come si è sempre detto. Parola di Zino Sechi: «L'ho costruito io».DAL NOSTRO INVIATOPAOLO PAOLINISARROCH Il cocchio di campagna di Sant'Efisio compie 350 anni. Più per professione di fede che per anzianità maturata sul tragitto Nora-Giorgino e ritorno. «In realtà è tanto più giovane di me, che di anni ne ho 81», giura Ignazio Zino Sechi, doratore ufficiale di Villa d'Orri ai tempi del marchese Vincenzo Manca di Villahermosa - «L'ho costruito insieme ad altri artigiani attorno al 1950, quando don Vincenzo decise di fare un regalo alla Confraternita di Sant'Efisio».Il restauratore si trattenne a Villa d'Orri dal 1947 al 1971. Iniziò per caso: «Mostrai al marchese alcuni disegni, mi disse: "Da domani lavori a palazzo"». Nei giorni scorsi ha letto un articolo che l'ha fatto sobbalzare: «C'era scritto che il Cocchio di campagna era un pezzo storico, di fine Seicento. Forse lo è il carro, è possibile, ma il Cocchio no». Perché? «È un dono di don Vincenzo alla Confraternita. Ricordo che una mattina fu lui a dirmi: "Dobbiamo costruire il cocchio nuovo per Sant'Efisio". Lui aveva frequentato l'accademia delle belle arti, abbiamo fatto il disegno insieme. Ci aiutarono tanti altri artigiani, la lista completa è scritta a olio sul fondo».I nomi? «Il mio insieme a quelli di fabbro, intagliatore, falegname, pittore e due garzoni».Quanto avete impiegato per costruirlo? «Non ricordo il tempo esatto».Il costo? «Non ci occupavamo delle spese. Don Vincenzo comprava il legno grezzo, mi pare che fosse castagno. A villa d'Orri c'erano tutti gli attrezzi possibili e immaginabili per sagomarlo e lavorarlo». Altri hanno contribuito? «Non so, magari la Confraternita ha dato qualche lira. Il mio collega Tatano lavorò anche alla creazione degli angeli della portantina della Vergine del Carmelo, custodita nella chiesetta di Villa d'Orri».Avete anticato l'opera? «Direi proprio di no».A che cosa vi siete ispirati? «Il disegno è diverso da quello del Cocchio precedente. Per averne la prova basta prendere una foto d'epoca del vecchio, bianco con strisce azzurre, e confrontarlo con quello utilizzato oggi».Un modello? «Abbiamo preso spunto da quello sul quale viaggia il santo da Giorgino a Stampace».Dov'è finito il vecchio Cocchio di campagna? «Ho sentito dire che tanti anni fa andò nelle mani del parroco di Pula».E oggi? «Non ne ho idea».Sant'Efisio ha fatto il miracolo: nessuno si è accorto della differenza. «È complicato dire qualcosa su questa vicenda».Perché? «A Cagliari, quelli che si intendono di arte, ricordano sistematicamente che l'opera risale ad alcuni secoli fa, ma a Sarroch in molti hanno sempre saputo la verità».Che tracce ha lasciato a Villa d'Orri? «Il restauro della stanza cinese è opera mia».La pagavano bene? «No, proprio no, si moriva di fame». Il rapporto con don Vincenzo? «Lui si occupava solo di arte, per me è stato come un padre. Il figlio, don Stefano, seguiva le questioni finanziarie: era oculato, parsimonioso e anche qualcosa di più».Cattolico? «Sì, ma che c'entra?»Ha provato una soddisfazione più grande? «Mi piaceva il lavoro e l'ho fatto con dedizione. Anzi, sono stato davvero fortunato perché mi sono potuto dedicare alla più grande delle mie passioni trasformandola in un lavoro».In questi anni non ha ricevuto neppure un grazie. Accusa qualcuno di irriconoscenza? «No, perché il regalo l'aveva fatto don Vincenzo, mica io».Ha ancora senso parlare di nobili e nobiltà? «È un mondo che non esiste più».Mai sentito in imbarazzo con loro? «Il popolo li chiamava vossignoria qui, vossignoria là. Personalmente non ho mai provato il minimo disagio».Il Cocchio ha bisogno di un restauro. Disponibile? «Mi offro volontario, i miei figli sono pronti a darmi una mano. Se c'è bisogno di me, sono qui, basta chiedermelo». 19/04/2008