Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Salvata sull'orlo del suicidio

Fonte: L'Unione Sarda
8 febbraio 2012

 

 

Cinquantenne disperata: «Con 200 euro non è vita». Interviene il Comune
 

Blitz decisivo degli agenti: «Non ce la faccio più»
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Ha chiamato in redazione annunciando il suo suicidio, ma è stata salvata da due ispettori della squadra Mobile che, avvisati dai giornalisti, sono andati a trovarla a casa sua. Lei ha 50 anni e vive insieme alla figlia a Mulinu Becciu con un sussidio di 200 euro al mese. Non ha lavoro. Ha perso la speranza in un futuro migliore.
SALVATA DAGLI AGENTI Quando gli agenti hanno bussato alla sua porta era in uno stato di prostrazione fisica e mentale molto serio: «Sì è vero, ho deciso di farla finita - ha detto loro con una lucidità folle quanto agghiacciante - e porterò con me anche mia figlia, perché questa vita fa schifo, questo mondo fa schifo. Non scherzo, lo faccio davvero». I poliziotti, un uomo e una donna, l'hanno fatta ragionare, le hanno dato un po' di conforto e poi, di tasca propria, le hanno regalato i soldi per pagare l'iscrizione a scuola per la figlia sedicenne. Conquistata la sua fiducia hanno poi chiamato gli assistenti sociali e il 118. «Per qualunque necessità chiami noi, non faccia sciocchezze», le hanno detto. Lei ha sorriso, forse per la prima volta da tanto tempo. E ha promesso: «Non farò sciocchezze, per ora».
 

LA TELEFONATA Una storia di ordinaria disperazione al tempo della crisi. Una delle tante che si possono scovare in questa Isola in ginocchio, dove non c'è lavoro né prospettive. «Pronto, l'Unione Sarda?» Inizia così la telefonata ricevuto da un nostro redattore lunedì sera. Dall'altro capo della cornetta una donna cagliaritana di 50 anni, madre di una ragazza di 16. Chiama per annunciare il suo suicidio. Dice di averci già provato una volta. E sembra determinata. Basta un controllo incrociato per capire che non è il caso di prenderla sottogamba. In passato ha già provato a togliersi la vita. Così il caso viene segnalato alla polizia. Anche negli uffici della Questura il suo nome è conosciuto. Alla squadra Mobile lavora l'ispettore che era intervenuto quando aveva tentato il suicidio la prima volta. Era stato proprio lui a salvarla. Così si offre per andare a parlarci, per cercare di dissuaderla dai suoi propositi. Ad accompagnarlo è una poliziotta, specializzata nel trattare questo genere di casi che hanno più a che fare con la psicologia che con la repressione del crimine.
 

L'INTERVENTO DELLA POLIZIA Ieri mattina i due agenti si presentano a casa della donna. E si trovano davanti un fantasma: non mangia da tre giorni ed è sfinita. Lei si sfoga: ce l'ha col Comune, coi servizi sociali, con tutti. «Non ho un lavoro - dice -, mi avevano promesso che me lo avrebbero trovato ma non ho visto nulla. E hanno pure mandato via gli assistenti sociali che mi aiutavano, di cui mi fidavo. Sono costretta a campare con un assegno di 200 euro al mese con cui non riesco neanche a comprare da mangiare. Non ho neanche i soldi per iscrivere mia figlia a scuola per il prossimo anno». A quel punto l'ispettore tira fuori dei soldi: «Li usi per pagare la scuola alla ragazzina - le dice -, ma mi prometta che non farà sciocchezze». Un gesto spontaneo, che magicamente abbatte il muro che la donna aveva alzato tra se e gli altri. Da quel momento lei cambia atteggiamento. Ed è più facile convincerla a farsi aiutare. I poliziotti possono così chiamare gli assistenti sociali e il 118. Il medico visita la donna, le dà dei calmanti. Lo psicologo le parla a lungo. Poi si fa vivo anche un delegato del sindaco, che le promette che qualcosa si muoverà. Alla fine lei si convince a lasciar perdere ogni insano proposito, «almeno per ora». È bastato un briciolo di umanità e attenzione. «Ora però - sospira lei -, mi aspetto risposte concrete, non voglio assistenza, voglio poter lavorare».

( m. le. )