Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

MASSIMA SICUREZZA Il 41 bis sbarca a Cagliari e Sassari «Arrivano 600 mafiosi e camorristi»

Fonte: Sardegna Quotidiano
2 gennaio 2012

 

Seicento detenuti condannati per reati di mafia e camorra stanno per sbarcare nell’isola. Saranno sistemati nei padiglioni speciali già pronti nelle nuove carceri di Uta a Cagliari e Bancali, vicino a Sassari. Ma c’è il sospetto che potrebbero arrivare anche nelle moderne strutture di Oristano e Alghero.

BATTAGLIA IN AULA La denuncia arriva dai Riformatori che la prossima settimana presenteranno una mozione in Consiglio regionale: si chiederà se si intendono aprire i settori speciali e quali sono le spese affrontate per farli funzionare. Attilio Dedoni, capogruppo del partito in via Roma, spiega che «la Sardegna rischia di diventare una moderna Alcatraz». Mentre il consigliere Michele Cossa ribadisce: «La Regione può e deve intervenire con lo Stato per capire cosa sta succedendo». Nessuna sorpresa per Gianfranco Pala, direttore dell’istituto di Buoncammino: «Che arrivassero i 41 bis si sapeva già da tempo». La storia inizia nel 2009, quando una delibera del Cipe dà il via libera alla realizzazione dei reparti creati ad hoc per i detenuti a regime speciale: per Uta vengono stanziati 15 milioni mentre per il carcere di Sassari 16 milioni e 350 mila euro. Contemporaneamente, nel “pacchetto sicurezza” si spiega che “i detenuti sottoposti a regime speciale di detenzione devono essere ristretti all’interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari”. La Sicilia viene esclusa dal momento che è la regione dove la maggior parte dei 41 bis ha commesso i reati. Resta quindi solo la Sardegna. E quello che prima era solo un sospetto diventa certezza. Spiega Anna Maria Busia, avvocato e coordinatore cittadino dei Riformatori: «Il piano carceri prevede che 4 di questi padiglioni si trovino in Sardegna. Sospettiamo che oltre ai 31 milioni previsti per Sassari e Uta ne siano stati messi a disposizione altrettanti per Oristano e Alghero.

La difficoltà nel reperire i dati è enorme perché è tutto coperto dalla massima segretezza». Ma quello che scatena la reazione dei Riformatori è che nessuno ha parlato di aumento del personale di polizia penitenziaria, che soffre di una cronica carenza d’organico, né del rientro nell’isola dei detenuti sardi reclusi oltremare. Come spiega Dedoni: «La certezza della pena deve essere garantita ma deve essere fatta con umanità tenendo presente l’aspetto riabilitativo». Continua la Busia:«È recente il caso di un carcerato rinchiuso nelle Marche che ha dovuto fare lo sciopero della fame per rientrare in Sardegna. Ma non è servito perché subito è stato riportato nell’istituto marchigiano». E poi c’è la questione della sanità penitenziaria, che grava sulle casse della regione Sardegna: «Se dovessero arrivare 600 detenuti in più - sottolinea ancora la Busia - i problemi che già ci sono sarebbero drammatici». Ma la preoccupazione più grande, come sottolinea Michele Cossa è che «la Sardegna è finora rimasta fuori dalle maglie della criminalità organizzata. Una così alta concentrazione di reclusi sottoposti a regime speciale per reati come mafia, ‘ndrangheta e camorra porterebbe nell’isola le loro famiglie, con l’altissimo rischio di infiltrazioni anche qui». Ma per Gianfranco Pala, a capo del carcere di Buoncammino: «Questo è un falso problema: per tanti anni li abbiamo tenuti all’Asinara e non mi risulta che a Porto Torres ci siano state organizzazioni mafiose. Il fatto è che loro investono dove ci sono i soldi e qui non penso ci sia la convenienza». Quanto poi al nodo relativo alla carenza di organico, sottolinea: «Penso che sia prematuro parlarne. I detenuti sottoposti a 41 bis vengono trattati dai reparti di polizia speciali.

Ben venga se arrivano insieme a più agenti, educatori e soprattutto direttori di strutture». Non è dello stesso parere Annamaria Busia che attacca: «C’è il timore che il personale di polizia penitenziaria venga dirottato ad Uta ad occuparsi dei capi clan». Rincara la dose Michele Cossa: «Nulla ci è stato detto sugli agenti di polizia penitenziaria in servizio nelle carceri italiane. E soprattutto dei detenuti, si continua a non parlare della territorializzazione della pena». Altro aspetto è il rientro dei 40 sardi rinchiusi negli ospedali psichiatrici giudiziari sparsi nel resto dell’Italia. «Devono tornare qui perché la Regione paga per il loro mantenimento » . Francesca Ortalli