Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Il carcere? Parco urbano»

Fonte: L'Unione Sarda
29 dicembre 2011

BUONCAMMINO. Le opinioni del preside di Architettura sul futuro dell'istituto

Il soprintendente Tola: edificio storico, vincoli rigidi

Il conto alla rovescia per la chiusura del carcere di Buoncammino è già iniziato. Il vecchio istituto di pena, con l'apertura di Uta, sarà a disposizione della città, dei cagliaritani e dei turisti. Sul suo impiego futuro i vertici di Regione, Provincia e Comune invitano a decisioni condivise e democratiche. Ma che ne sarà dell'edificio realizzato oltre 150 anni fa in un punto tra i più belli del capoluogo? Quali saranno le soluzioni per il suo impiego visto che è un monumento (con vincoli rigidi della Soprintendenza) e che il Dipartimento penitenziario vuole tenere per sé la parte amministrativa per trasferirci la sede del Dap attualmente ospitata in una palazzina in affitto in via Tuveri? Museo, campus universitario, albergo, biblioteca? È opportuno iniziare a ragionare sul tema in tempi molto brevi.
«UN BENE STORICO» Gabriele Tola è soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici della Sardegna. «Difficile ipotizzare soluzioni sino a che il carcere di Buoncammino non verrà dichiarato dismesso con un decreto del ministro della Giustizia». Il provveditore Gianfranco de Gesu ha annunciato il completamento dei lavori dell'istituto di pena di Uta a giugno. Almeno c'è una data di riferimento. «Come tutte le grandi opere il penitenziario di Buoncammino è imbarazzante. È un monumento storico per la città, un'opera architettonica di valore inestimabile e per questo motivo sottoposto a vincoli di tutela molto rigidi. Una cosa è certa - afferma il soprintendente Tola - l'edificio che ospita il carcere deve essere conservato». Demolirlo? «Non se ne parla neanche: la legge lo vieta». La soluzione? «Bisogna partire dal fatto che la città ha fame di luoghi. Serve un percorso di riflessione con tutti gli enti interessati, scartando scelte irrealizzabili: trasformare le celle in suite di lusso sarebbe certamente troppo costoso». Il Dap ha messo il veto sugli uffici. Rimane da valutare l'impiego della zona detentiva. Sull'argomento Tola è scettico. «Non è possibile pensare che una parte venga utilizzata dal Dipartimento penitenziario e l'altra venga dismessa. La coabitazione di due realtà diverse sarebbe difficile, soprattutto in un edificio così omogeneo».
PARCO URBANO Il carcere è solo un tassello di un mosaico che comprende grandi aree pubbliche. È da questo presupposto che parte il ragionamento di Antonello Sanna, preside della facoltà di Architettura. «Penitenziario, Orto botanico, Ospedale civile, Anfiteatro, Terrapieno fanno parte di un grande Parco urbano. Un polo della cultura e dell'istruzione che va restituito al capoluogo nel quale l'Università è disposta a giocare un ruolo». Rispettando vincoli e opzioni, quale potrebbe essere l'utilizzo della struttura? «Gli edifici potrebbero essere trasformati facilmente in strutture di archivi e biblioteche universitarie aperte al pubblico. Prima - precisa il preside - bisogna conoscere come è fatto il carcere, come sono disposte le celle, i corridoi, gli spazi. E questo, per ovvi motivi di sicurezza, si potrà conoscere solo una volta che il penitenziario verrà dismesso. Per decidere il destino, comunque, è fondamentale una partecipazione pubblica. Tutti devono essere coinvolti».
UTA, LE CRITICHE Dal vecchio carcere di Buoncammino al nuovo di Uta. «Locali inadeguati, spazi insufficienti per gli operatori e i colloqui con i familiari, servizi e rete viaria carenti. Il nuovo carcere di Cagliari, che sta sorgendo in una landa desolata nel comune di Uta, rischia di nascere con una serie di pecche che ne condizioneranno la funzionalità». Lo denuncia Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione Socialismo diritti riforme. «È indispensabile convocare all'inizio del nuovo anno una conferenza dei servizi che coinvolga tutti i soggetti istituzionalmente responsabili per trasformare un territorio isolato in un zona accogliente, con apposite strutture ricettive, servita da collegamenti pubblici. In caso contrario verranno ulteriormente compromessi l'umanizzazione della pena e il diritto all'affettività, nonché quello alla salute considerata la distanza dalla città di Cagliari e quindi dagli ospedali».
Andrea Artizzu

 

La critica
Busia: «I sardi
scontino
la pena
in Sardegna»
«Cagliari e la Sardegna non devono diventare la Caienna d'Italia». Sull'apertura del nuovo carcere di Uta che ospiterà decine di reclusi, in genere camorristi o mafioso, sottoposti al regime di detenzione del 41 bis prende posizione Anna Maria Busia avvocato penalista e componente della Commissione paritetica Stato-Regione per il passaggio della Sanità penitenziaria. «Lo sconcerto per l'apertura delle nuove carceri in Sardegna è legato al silenzio del ministero in ordine al principio della territorializzazione della pena». Il legale cagliaritano chiede che si concretizzi nel più breve tempo possibile «il rientro dei detenuti sardi che si trovano da decenni in istituti della penisola con tutte le conseguenze facilmente intuibili».
Anna Maria Busia è particolarmente dura sui detenuti ricoverati negli ospedali psichiatrici giudiziari, veri lager. «È importante tornare sulla questione del rientro dei 40 reclusi sardi presso gli Opg di tutta Italia , i quali, a seguito della riorganizzazione della Sanità penitenziaria, dovranno essere presi in carico dalle nostre Asl».