Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Un incontro di musica e vita

Fonte: La Nuova Sardegna
17 settembre 2008

MERCOLEDÌ, 17 SETTEMBRE 2008

Pagina 49 - Inserto Estate

Il documentario «Zulu meets Jazz» di Vicentini Orgnani girato in Sud Africa con il trombettista sardo



Una storia di amicizia, socialità e radici culturali



Un progetto nato due anni fa al Festival del cinema di Durban

GIANNI OLLA

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CAGLIARI. Alle 21,30, nel giardino di Villa Muscas, con un pubblico già infreddolito e infagottato per il maestrale Paolo Fresu accenna, con la sua tromba, ad uno dei motivi conduttori di «Zulù meets jazz», il film che lo vede protagonista di una sorta di “full immersion” nella musica di una band di Durban, metropoli sud africana che si affaccia sull’Oceano Indiano.
Accanto a lui il regista Ferdinando Vicentini Orgnani che parla di una straordinaria casualità nella realizzazione di questo documentario - ma il termine è riduttivo - che racconta di musica, socialità, tribalità, amicizie, lotte politiche del periodo dell’apartheid.
«Tutto è nato nel 2002 - esordisce - quando sono stato invitato a presentare “Ilaria Alpi, il più crudele dei giorni” al festival di Durban. L’organizzatore del festival è di origine italiane e il console addirittura un sardo di Bosa. E poiché le musiche di quel film erano appunto di Fresu - che loro conoscevano - mi fu chiesto se era possibile farlo incontrare con i musicisti locali. Così, dopo diversi viaggi di approccio, ma già con la macchina da presa in funzione, progressivamente è nata questa lunghissima “jazz session” che ha finito per uscire anche dai confini musicali. Difatti Durban è una città particolare: è la terra d’origine degli Zulù, ma ormai ha già tre milioni di abitanti, in larga maggioranza indiani. Vennero qui come mano d’opera per costruire strade e ferrovie nell’Ottocento, ma poi furono organizzati da Gandhi, che qui cominciò la sua battaglia per i diritti civili della popolazione indiana e di colore. Nel film, non a caso, intervistiamo la nipote di Gandhi, che racconta l’importanza della musica popolare nelle proteste; quest’aspetto viene poi sottolineato anche da altri testimoni, sia bianchi che neri. Gli Zulù sono quasi tutti urbanizzati e abbastanza stratificati socialmente, ma in tutti loro rimane il ricordo dell’apartheid, e l’idea della musica, dei balli e dei canti, come parte della loro cultura particolare è rimasta fortissima, anche oggi»
Fresu si aggancia a questa considerazione, ricordando la difficoltà di entrare nel mondo di questa orchestra di 26 elementi dal nome esotico-modernista, Kzn Vintage Legenda Orchestra, una vera istituzione sudafricana. «All’inizio - dichiara - provavo ad inserirmi con alcune composizioni scritte per l’occasione, ma oltre ad una chiusura/diffidenza che mi ricordava i sardi, c’era anche l’anarchia giocosa della band. Il che non significa che non ci fossero elementi validi, Tra loro, Theo Bophela e Ndikho Xaba, i leader del gruppo. Xaba è percussionista, cantante e tastierista, ha vissuto tutti i movimenti sociali e razziali del suo paese, ha girato il mondo, è vissuto negli Stati Uniti dove ha lavorato con i grandi del jazz. Theo Bophela invece, ha vissuto sempre in Sud Africa: è stato autore di canzoni di successo e a sessant’anni è tornato sui banchi di scuola per studiare composizione».
«Il confronto - spiega ancora Fresu - è andato avanti a lungo: loro chiedevano delle cose a me, io mi incuriosivo per certi strumenti musicali che non conoscevo, per delle canzoni, dei motivi particolari, delle danze. Alla fine - e si vede nel film - proprio Theo Bophela ha salutato la riuscita dell’esperimento, dichiarando che era nato un bambino, i cui genitori erano l’Italia e il Sud Africa. Da questo momento, il bambino avrebbe dovuto crescere per conto proprio».
Come si capisce dalle dichiarazioni, «Zulù meets jazz» è molto di più che un film sulla musica. Forse è un film di viaggio che include storie recenti e passate, anche tragiche, e dove la musica è un segno di riconoscimento culturale che si apre a nuove esperienze, allo scambio, come nel teatro di Eugenio Barba. Da questo punto di vista, anche il coinvolgimento di Paolo Fresu apre un nuovo capitolo nella sua carriera artistica: il regista ha infatti parlato di un progetto messicano con Marcello Fois e Fresu, richiesto espressamente dai produttori di Città del Messico. Questa carriera parallela si può sintetizzare così: «Fare musica per lo schermo». «Per un musicista è un grande sfida - dice Fresu - sottrarsi all’idea di comporre per se, seguendo il proprio istinto, per misurarsi con schemi che non ha creato lui. Insomma accettare la gabbia del cinema, sapendo però che le immagini filmiche prenderanno vita anche a partire dai brani musicali che lui compone. Quindi una grande soddisfazione. Credo che tutti i musicisti contemporanei sognino di scrivere musica per il cinema, perché dentro questo universo c’è davvero tutta la storia musicale, tutti i generi, tutto il “conosciuto». Insomma, è una bella sfida, anche se poi «Zulù meets jazz» è stato molto di più che una colonna sonora, ma piuttosto un’esperienza di vita creata attraverso la musica».