Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Da Modigliani a De Chirico è la ricchezza degli “assenti”

Fonte: Sardegna Quotidiano
9 dicembre 2011

MOSTRA

 

L’assenza. Molte volte più forte, e assordante, della presenza. Altre volte, più silenziosa, discreta, anche se si fa sentire, sommessamente. Giorgio De Chirico, Marino Marini, Arturo Martini, Amedeo Modigliani, Luigi Russolo. Fino ad una settimana fa non erano fra gli artisti esposti alla Galleria Comunale d’Arte di Cagliari. “I grandi assenti”, titolo della mostra evento a dieci anni dall’inaugurazione della Collezione Ingrao, un omaggio a quel munifico donatore, che ha portato nel museo istituzionale della città importanti capolavori dell’arte italiana, del Novecento in particolare. Ecco, allora, gli assenti. Fra Boccioni, Balla, Severini, De Pisis, Morandi, Carrà, Depero. Apposite residenze temporanee allestite nelle sale della Galleria, isole espositive che si aprono al visitatore quasi a sorpresa, le opere dei maestri “assen - ti” dialogano e si confrontano con quelle del percorso permanente. Non un’incursione corsara la loro, ma pacifica. La scultura di Marini dal Museo omonimo di Firenze, il disegno di Modigliani direttamente dalla collezione della Galleria Comunale, il bronzo di Martini e i dipinti di De Chirico e Russolo dal Mart, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, diventato, coincidenza particolare, un po’ sardo con la nomina alla direzione di Cristiana Collu. Presenza discreta, si diceva.

I MAESTRI Ma che fa sentire tutto il suo peso. E proprio dal futurista Russolo parte l’itinerario de “I grandi assenti”, anche se il percorso pare cominciare in modo usuale. Ad accogliere il visitatore, infatti, il “Ritratto di Ines” di Umberto Boccioni, esponente massimo del Futurismo (la prima avanguardia artistica italiana del Novecento), quei rossi, gialli, verdi, che scorrono, rapidissimi, fino a condurre alla luce del viso, agli occhi della donna. Dietro la quinta, “Profumo”, olio su tela del 1910, nella sala dedicata a Boccioni, e non poteva essere altrimenti. Del dipinto di Russolo, delicato profilo femminile avvolto da un giro vorticoso, e ondulato, di colore, scrisse Marinetti, fondatore del movimento futurista: “… vi splende il giallo, il rosso vi fiammeggia e il verde, l’azzurro, il violetto vi danzano voluttuosi e carezzevoli”. Descrizione aerea, volante, rispondente all’impressione reale. Di fronte, le tele boccioniane, pennellate veloci, spiegano la matrice comune. Ancora al piano terra, le frecce sul pavimento conducono a “Cariatide ”, di Amedeo Modigliani, matita su carta che per caratteristiche stilistiche si potrebbe collocare fra il 1911 e il 1914. Tratto inconfondibile quello del maestro livornese, essenzialità della linea, la bellezza ideale descritta attraverso la semplicità, primitiva, della forma. “Cariatide ”, soggetto archetipico fra i preferiti da Modì, l’ovale del volto, le geometrie del disegno, restituiscono a chi osserva l’espressione rarefatta della plasticità del corpo. Si salgono le scale, primo piano, e davanti si para “Le Muse in villeggiatura” di Giorgio De Chirico, 1927, a dieci anni da “Le Muse inquietanti”, considerato il manifesto della pittura metafisica. E’ il periodo dell’incontro con André Breton e il Surrealismo. Le protettrici delle arti non sono più statue-manichino, i loro busti teatri aperti, scorci di edifici e case, colori e forme. Le Muse, da una piazza metafisica, si ritrovano in un interno borghese. C’è tutta la poetica straniante di De Chirico, concentrata e materializzata, in quest ’opera. L’osservatore è rapito, avvinto, disorientato. A riportarlo alla realtà, il dialogo con le tele di Carlo Socrate, dietro le Muse, “La vestizione della sposa” (1934) e “Ritratto di signora” (1926). Metafisica contro realismo. Visi definiti, reali, anche se la signora, triste, enigmatica, quasi Musa anche lei. Si chiude con la scultura. “Pugile”, bronzo di Marino Marini, 1935. Posizione plastica, atleta a riposo, sguardo rivolto verso l’alto, metafora dell’uomo davanti alla vita e alla storia. E l’ammaliante, bronzea, “Donna al sole” (1930), di Arturo Martini, maestro di Marini. Carnale, fisica, dormiente con cappello in testa. Spunta leggero un seno, la posizione delle gambe dà alla figura la possibilità di appropriarsi dello spazio circostante. Pieno d’assenza.

Massimiliano Messina