Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Questa Carmen è di tutti: parola di Marina Bianchi

Fonte: L'Unione Sarda
7 dicembre 2011

Venerdì alle 20.30 al Lirico di Cagliari l'ultima opera della Stagione

Scene di Sabrina Cuccu, costumi di Mino Fadda

Quattordici macchinisti, dieci sarte e quattro attrezzisti. Non uno in più, per la “Carmen” che venerdì alle 20.30 debutterà al Lirico di Cagliari, col coro e l'orchestra del teatro e la direzione dell'inglese Julia Jones. Non uno di più: i tempi grami non lo consentono. Così come non consentono di mettere in piedi un nuovo allestimento. E allora si fa di necessità virtù. Si affida a due eccellenze del teatro il compito di firmare costumi e scene. Ai primi pensa Mino Fadda. Ne ha preparato trecento, barocchi di fogge e colori, utilizzando tutto ciò che passava il magazzino: gli abiti di una lontana “Carmen”, quelli (suoi) dell'“Orfeo all'Inferno”, altri preparati per progetti mai andati in porto, o prototipi. Alle scene pensa Sabrina Cuccu, direttore degli impianti tecnici (un'altra donna, Liana Achenza dirige in teatro gli allestimenti scenici). Dalla sua la Cuccu, che nasce architetto, ha un carattere di ferro e una passione tutta geometrica nel bilanciare colori, linee, forme. Tutto deve essere pulito, sobrio, essenziale. Precaria di lusso - dove il lusso è la bravura - è al suo esordio nel ruolo di scenografa.
Regista di questa “Carmen” che si aggira come spese di allestimento intorno ai diciassettemila euro (un record) è un'eccellenza esterna: Marina Bianchi, che ha lavorato con registi del calibro di Strehler, Cavani, Nekrosius, che ha firmato moltissime opere di grande interesse. Al Lirico nel 2004 curò la ripresa del “Don Giovanni” di Strehler, nel 2008, aiuto regista di Nekrosius, lavorò alla “Leggenda della città invisibile di Kitesh”. Ora ritorna, e porta con sé un bagaglio prezioso di conoscenza e di esperienza. A far la differenza, dicono di lei Cuccu-Fadda, è la sua grande capacità di impastare tutto quello che le passa tra le mani, l'intelligenza di non dire mai di no a nessun suggerimento. «Ha sempre colto, valorizzato e fatto sua ogni nostra proposta. Si è fatta carico di tutto, e anziché mettere problemi ha trovato soluzioni».
«Questa Carmen nasce davvero da un lavoro di gruppo», dice la regista milanese. E tiene subito a precisare che dovendo utilizzare materiale esistente sarebbe stato facile attuare una grande opera di pirateria. «Non ci è sembrato corretto, tutto quello che c'è in scena proviene da altri allestimenti del teatro, ma non è mai riconoscibile. Abbiamo smembrato e riutilizzato tutto, attrezzeria, ferro, legno, tela. Rubare non va bene, reinventare sì, il diritto d'autore è materia assai complessa».
Una “Carmen” povera, quella che ci aspetta, e molto al femminile: nella direzione d'orchestra, nella regia, nella scenografia, ma anche nelle coreografie di Tiziana Colombo. Restano le luci, di Giuseppe di Iorio, e i maestri del coro: Fulvio Fogliazza ed Enrico Di Maira (voci bianche).
«“Carmen” è molto fastidiosa per le donne», prosegue Bianchi. «E infatti io immagino che questa storia così scura sia vista da un uomo, un vecchio. Essendo un'opera assai abusata non aveva alcun senso inventare cose nuove. Sono archetipi, Carmen e Micaela, la madonna e la puttana, giocare sui contrasti è stato il nostro tema. Carmen è energia primitiva, sin dal suo ingresso in scena. Tutto ciò che fa è necessario. Quanto a Don Josè, mi fa pensare al San Francesco di Liliana Cavani, passato da una vita dissipata alla grazia. Don Josè nasce bene ma poi combina qualcosa e si fa soldato, nel tentativo simbolico di tenere a bada la sua vera natura. Carmen coglie questo buco nero della sua anima, nella mia lettura, e per questo è così attratta da lui. I due sono molto più simili di quanto non si creda. Lei va incontro alla morte consapevolmente, lui è preda della follia. Incapace ormai di gestire la sua passione».
«Mi piace partire da quello che ho», continua. «Soldi zero, masse pochissime, e allora ho rinunciato (volentieri) ai cortei di picadores e banderilleros. Ho puntato su altro». Cercando suggestioni minime, scovando passioni comuni (come quella per Anselm Kiefer che condivide con Sabrina Cuccu). «Abbiamo lavorato tutti in grande sintonia».
Compito non sempre facile. Lei poi ammette di complicarsi l'esistenza, col suo bisogno di mescolare finzione e realtà. «È il motivo per cui amo così tanto Nekrosius e la sua famiglia di teatranti, io inseguo le interferenze tra vita e teatro, per questo non vedrete mai in una mia opera la stessa regia per il primo e il secondo cast. Un cantante è innanzitutto un attore, non può essere ingabbiato e ingessato». Le gabbie e i gessi Marina Bianchi, con la complicità di Cuccu-Fadda, le lascia in questa opera ad altri momenti. Svelarveli sarebbe un peccato.
Maria Paola Masala