Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Islam Spazi negati, rabbia dei musulmani

Fonte: Sardegna Quotidiano
7 novembre 2011

VIA DEL COLLEGIO La festa del sacrificio nella moschea Le accuse: Zedda ci aveva promesso spazi di preghiera 

 

«È un nostro diritto avere un posto gratuito dove poterci riunire almeno per le feste, non possiamo permetterci di pagare: il sindaco ci aveva detto che avremmo avuto i nostri spazi per pregare ». Sono le parole che ieri i rappresentanti della comunità musulmana, alla fine della preghiera per la festa del sacrificio, hanno rivolto alle istituzioni cagliaritane. «Abbiamo chiesto al Comune un locale da più di un mese», ha detto Sulaiman Hijazi, portavoce della comunità, «l'assessore al Patrimonio Gabor Pinna ci aveva detto che ci volevano dare un padiglione della fiera, e invece il sindaco Zedda ci ha detto che se lo vogliamo, dobbiamo pagare». L'ideale per i musulmani sarebbe una nuova moschea, ma per ora basterebbe uno spazio più ampio dove pregare. «Almeno per il venerdì», ha detto Hani Ramahi, un membro della comunità, «abbiamo dovuto spostare il nostro orario di preghiera per non disturbare la scuola media». Per la festa di ieri, avevano ricevuto uno spazio all'aperto nel parco di Monte Claro, ma il maltempo li ha costretti a rimandare tutto nella loro moschea. Troppo piccola per ospitare tutti. Cinquanta metri quadri, senza finestre, contiene al massimo 150 persone. È stato necessario ripetere la preghiera tre volte per farla ascoltare a tutti. Il piccolo spazio in via del Collegio, la pioggia, il vento e l'abbassamento delle temperature non hanno fermato i circa 500 fedeli che si sono avvicinati per ascoltare la preghiera dell'imam Triki Mehrez. “Allah Akbar”, Dio è grande. La voce si diffonde da un impianto collegato a un microfono, sistemato in un angolo, perché anche chi sta nelle ultime file possa sentire. Sono seduti per terra, sopra centinaia di tappeti. Quasi tutti  uomini, le donne sono poche e relegate in misero spazio di pochi metri, separate da un lenzuolo bianco. Ci sono anche bambini. E Uomini che arrivano dal Kazakistan, Palestina, Kurdistan, Iraq. Fra di loro qualche sardo convertito all'islam, una decina in tutto in città. Indossano tuniche variopinte: viola, verde, turchese. Qualcuno ha preferito un arcobaleno di colori, altri l'abito di tutti i giorni: maglione, camicia e jeans. Ci si stringe la mano o si tocca la testa e il petto in segno di saluto. Centinaia di scarpe sono sistemate all'ingresso, sulla sinistra, tutti se le devono togliere prima di entrare. La testa delle donne, anche se non sono musulmane, deve essere coperta. È Id Al Dha, la Festa del sacrificio, una delle più importanti del calendario islamico, che prevede lo sgozzamento di ovini: pratica che ha suscitato l’indi - gnazione di gruppi di animalisti. Ricorda quanto grande fosse la devozione a Dio di Abramo, disposto a sacrificargli Isacco, il suo unico figlio. Alla fine della preghiera ci si saluta così: Salam Aleikum, che significa “va in pace con Dio”. E poi si va da un pastore autorizzato per compiere “il sacrificio”.

Monica Magro