Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Pane più caro: aumento servito

Fonte: L'Unione Sarda
3 ottobre 2011

 

CAGLIARI. Con l'Iva al 21% ora si teme l'“effetto euro”: rialzi generalizzati senza controlli
 

 

Prezzi, arrivano i primi ritocchi all'insù. Più colpiti gli anziani
Consumatori costretti a stringere la cinghia. Non solo per l'aumento dell'Iva dal 20 al 21% ma per il rincaro generalizzato dei prezzi di beni e servizi. L'indice viene puntato contro quei commercianti che hanno colto la palla al balzo per ritoccare all'insù i prezzi, specie degli alimentari, anche se solo di pochi centesimi. Ma se si tratta di beni che si comprano tutti i giorni come il pane, a fine mese, quando si fanno i conti, il rincaro alleggerisce non di poco i portafogli. Nelle panetterie l'aumento è anche di 50 centesimi al chilo. Una famiglia che consuma in media un chilo di pane al giorno sarà costretta a sborsare 15 euro in più al mese. All'anno 180. E solo per il pane. Per questo in tanti pensano che ci sia il rischio di un nuovo “effetto euro” quando, con l'introduzione della nuova valuta nel 2001, i prezzi vennero aumentati senza nessun controllo.
AL MERCATO Per tastare il polso dei consumatori non c'è luogo più idoneo del mercato civico di San Benedetto a Cagliari. «Mentre compri non ti accorgi degli aumenti ma a fine mese sì», spiega Alberto Civolani. Invece Paolo Ghiani, venuto a Cagliari da Quartu, ha notato i rincari: «Mi sembra che abbiano aggiornato i prezzi: le pesche che ora costano 1,80 e anche 2 euro al chilo, prima le trovavi a 1,50». Anche per Gianna Garau «frutta e verdura sono leggermente più costose». Ed è proprio su queste ultime categorie di prodotti che chi viene da altre parti dell'Isola trova Cagliari una città cara. Gabriella Casula fa la spesa con suo padre Gregorio e i suoi tre bambini. «Rispetto a Oristano i prezzi di frutta e verdura sono più alti, anche di un euro in più al chilo», spiega, mentre suo padre invece sottolinea come al contrario, rispetto alla città giudicale, «il pesce sia molto conveniente e i rivenditori più cordiali e disponibili».
Contro queste opinioni c'è una levata di scudi unanime da parte dei rivenditori. «Non abbiamo alzato i prezzi». E in molti casi in effetti è così, ma ci sono anche i furbi. E chi invece afferma di averli abbassati. Una scelta strategica, come spiega il formaggiaio Federico Iale. «Preferiamo guadagnare sulla quantità venduta che sul margine dei prodotti». E aggiunge: «Non c'è altra soluzione: con i prezzi alti le persone non comprano, non ci sono più soldi», osserva, lamentandosi anche del calo dell'afflusso durante i giorni della settimana. «C'è movimento per lo più il sabato, quando vengono i giovani che cercano prodotti di qualità. Durante la settimana comprano solo gli anziani, che percepiscono in media 500 euro di pensione».
I TARTASSATI In effetti i quartieri di San Benedetto, di Villanova e di Stampace sono abitati in prevalenza da persone nella terza età. «Il nostro potere di acquisto diminuisce costantemente, mentre la pensione è sempre la stessa», si lamenta Rosanna Podda, mentre risale via Manno con il carrello della spesa. «C'è un aumento generalizzato, specie nel centro storico: noi anziani non ci possiamo spostare facilmente come i giovani, siamo costretti a comprare qui, dove tutto è più caro. Ci vorrebbero maggiori controlli».
NESSUN CONTROLLO Ed è proprio sulla difficoltà di verificare l'aumento fraudolento dei prezzi che punta il dito Giuliano Frau dell'Adoc Sardegna. «Quando chiamiamo la Guardia di Finanza ci rispondono che non hanno abbastanza personale per inviare una pattuglia. Ci consigliano di andare in caserma e presentare un esposto. Non possiamo farlo tutti i giorni, figurarsi i cittadini», lamenta Giuliano Frau, segretario regionale dell'associazione in difesa dei consumatori. La sua associazione monitora la variazione di prezzi e anche se non si è arrivati ad aumenti del 7%, come è avvenuto su scala nazionale, anche nell'Isola ci sono stati aumenti. «Di pochi centesimi ma generalizzati, soprattutto sugli alimentari».
L'ABBIGLIAMENTO La situazione è diversa per quanto riguarda l'abbigliamento. Il 17 settembre i commercianti avevano affermato che, finché non sarebbe arrivata la merce con l'Iva al 21% nemmeno loro avrebbero applicato i rincari. E così è stato: un paio di slip da donna continuano a costare 5 euro, una gonna parte da 30 euro, i jeans femminili da 69 a 119 euro.
I RINCARI Bisogna invece stare attenti a quei negozi che hanno applicato da subito la nuova aliquota, ad esempio le farmacie. Un esempio? Una confezione di assorbenti prima dell'aumento costava 3,99 euro. Se si toglie il 20%, si ha la base imponibile: 3,325 euro. Che è la cifra su cui applicare la nuova aliquota al 21%, che equivale a 0,70 euro. Sommato viene 4,025 euro. Peccato che la stessa confezione il 17 settembre costasse ben 4,10 euro.
«Per ora i prezzi sono rimasti invariati», spiega Giusi Frau mentre guarda le vetrine in via Manno. «Ma il picco son sicura che deve ancora arrivare, ce ne accorgeremo tra un paio di mesi». Tutti sperano che abbia torto.
Mario Gottardi