Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Vita impossibile nel campo rom

Fonte: L'Unione Sarda
27 settembre 2011

Viaggio nell'accampamento ai margini della Statale 554, dove risiedono 151 persone

Borse da 400 euro ai nomadi per pulire i terreni dai rifiuti

L'odore della plastica bruciata si sente già prima del ponticello che segna il confine - neanche tanto immaginario - tra la città e il campo nomadi: poco più di una passerella su un canale in secca che da via Umberto Ticca porta alla cittadella dei rom. Nel grande spiazzo all'ingresso il terreno è annerito dai roghi (quotidiani) e i rifiuti sono così tanti che è difficile metterli a fuoco: ci sono salvagenti da barca (nuovi, provenienza ignota), vecchi divani, copertoni, scheletri di batterie d'auto, cumuli di plastica sciolta e altre amenità. Gli incendi sono all'ordine del giorno perché al tramonto qui i Suleimanovic - una delle due famiglie che abitano nel campo - bruciano i fili elettrici per ricavare il rame da rivendere. «Squagliano la plastica perché il metallo ha un prezzo superiore se è già ripulito», spiega Fulvio, che per l'associazione I Sardi ha lavorato nel campo, come operaio, fino a luglio.
LE PULIZIE Racconta che fino a qualche settimana fa le condizioni dell'accampamento erano decisamente peggiori: davanti all'edificio del Comune che ospita l'asilo per i bimbi e gli uffici dei Servizi sociali c'era una montagna alta quattro metri e lunga «almeno 50». Rifiuti misti. Ora è sparita perché i giovani delle famiglie Suleimanovic e Ahmetovic (sei da una parte e sei dall'altra) hanno firmato una «borsa-lavoro» per ripulire il campo in vista della ristrutturazione, che il Comune spera di portare a termine in tempi brevi. «Prendiamo quattrocento euro al mese», dice «uno dei Suleimanovic», tradizionalmente restii a parlare con i cronisti. Diversa è l'accoglienza degli Ahmetovic, che abitano più in fondo, al confine con la Statale 554. «Scrivete che qui, prima di tutto, c'è bisogno di rifare la strada. E che a noi non arriva l'acqua», chiede Renato Ahmetovic, 29 anni. Eppure le condotte di Abbanoa ci sono, eccome. Lungo la stradina sterrata che attraversa il campo, dove sono parcheggiate anche Mini e Mercedes, scorre un rigagnolo grigio. Raccontano che ci sia sempre stato. Chi conosce bene le dinamiche rom spiega che i rubinetti dell'acqua, all'ingresso, vengono lasciati aperti dai Suleimanovic 24 ore su 24 per due motivi. Il primo: in questa maniera la pressione idrica che arriva agli Ahmetovic è quasi inesistente. E i rapporti tra le due famiglie sono da sempre molto tesi e caratterizzati da «dispetti» di questo tipo. Il secondo è che tanto paga il Comune: circa 130 mila euro solo nel 2010. Anno dell'ultimo censimento: nelle baracche vivono 151 persone.
I BAMBINI In questo pantano, inquinato dallo scolo dei rifiuti e dai roghi di decenni, i bambini giocano come se niente fosse. Sono tutti quasi completamente nudi. «Ma avete scritto che mangiano i topi, non è vero», ripetono ossessivamente le mamme, facendo brillare i denti d'oro. Un'altra donna, sponda Ahmetovic, ti prende da una parte e dice sottovoce: «Hanno detto che vogliono fare due campi e noi siamo d'accordo: non stiamo bene con i Suleimanovic. Vedrete: se ristruttureranno le nostre case le rispetteremo e le tratteremo bene, a noi non piace vivere come stiamo adesso». Condizioni disumane, segnalate anche nell'ultima relazione degli assistenti sociali. Dove non a caso si chiede lo sgombero immediato del campo.
Michele Ruffi

 

Mozione di Chessa (Udc)
«Spenderemo
200 mila euro
per l'acqua»

Quasi tutti, sia tra i consiglieri comunali che tra gli stessi rom, indicano il campo di Monserrato come un esempio da seguire. Casupole costruite dai nomadi, nessun attrito tra le diverse famiglie, condizioni igieniche distanti anni luce da quelle dei terreni stretti tra viale Monastir e la Statale 554.
Un modello. Per evitare che dopo la ristrutturazione (il Comune dovrà impegnare i fondi regionali entro la fine di ottobre) la situazione torni in poco tempo quella di adesso. La stessa che viene ben descritta nella mozione presentata da Gianni Chessa (Udc), e che dovrebbe essere discussa oggi in consiglio, dopo le dichiarazioni programmatiche del sindaco Massimo Zedda.
LE ASSOCIAZIONI Chessa nel documento critica anche le scelte del Comune, che avrebbe assegnato la gestione di alcuni servizi a due associazioni. Apparentemente, dice il consigliere, senza grandi risultati. «Il Comune nel 2007 ha concesso in affidamento diretto le manutenzioni e la pulizia ordinaria alla cooperativa “Sa Strigiula”, e dal 2007 sino ad oggi, all'associazione I Sardi, lo stesso incarico per un importo di 72.000 euro annui», è scritto nella mozione.
«Nonostante il Comune elargisca puntualmente soldi pubblici alle associazioni assegnatarie, un rapido sguardo dell'intera area e delle sue piazzole abitative ci dà la conferma che il campo nomadi versa in uno stato di totale abbandono e degrado, oltre che di gravissima e pericolosissima carenza igienico-sanitaria, con cumuli di pattume bruciato e non, emanante odori nauseabondi percettibili a distanza, e con presenza di grossi ratti che circolano liberamente all'interno del campo».
SPRECO D'ACQUA Ma secondo Chessa lo spreco più importante è quello dell'acqua. «I servizi igienici, o quello che ne resta, sono parzialmente demoliti e in totale disuso e gli impianti idrici ed elettrici sono privi di qualunque sistema di sicurezza». Secondo il consigliere «nei primi mesi del 2009 sono stati pagati 87.631,78 euro di consumo idrico.
Nel 2011 a seguito del sopralluogo dei Servizi Tecnologici si segnala l'aggravarsi dell'anomalia nei consumi idrici, rilevando un consumo di acqua ingiustificabile rispetto al numero delle utenze presenti, che dovrebbero teoricamente consumare meno di 450 metri cubi al mese, mentre vergognosamente si rileva un consumo mensile di 9.000 metri cubi, equivalente a 3,3 litri al secondo». In pratica: i consumi idrici dei nomadi superano di venti volte le previsioni. E se continua così, la bolletta che quest'anno il Municipio dovrà pagare sarà da record. «Se dovessero essere confermate queste cifre di consumo, il Comune dovrebbe pagare per l'anno corrente circa 200.000 euro». ( m.r. )