Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

LO SCIOPERO In ventimila con la Cgil per dire no alla Manovra

Fonte: Sardegna Quotidiano
7 settembre 2011

 «Cambiare si può, e si deve». Ieri mattina oltre tremila lavoratori di tutti i settori produttivi dell’Isola sono scesi in piazza a Cagliari sotto le bandiere della Cgil per protestare contro le misure economiche varate del governo Berlusconi. In tutta la Sardegna, il sindacato ha contato circa 20mila partecipanti ai cortei contro la finanziaria che si sono svolti in tutti i capoluoghi di provincia. Negli slogan più frequenti, le proteste contro la possibilità di licenziamenti facili e la richiesta di maggiore equità nei sacrifici.

IL RADUNO IN PIAZZA GARIBALDI La manifestazione cagliaritana è iniziata con il raduno delle 9 in piazza Garibaldi. Dopo poco più di mezz’ora, il corteo si è mosso imboccando via Sonnino. In testa i pensionati. «Non siamo stanchi di lottare, siamo qua per il futuro dei nostri figli» dice Eugenio Plano, ex camionista di 73 anni. «Noi siamo stati fortunati, io ho iniziato a lavorare a 14 anni», conferma Angela Atzeri, 66 anni, in pensione da 11, «ora bisogna battersi per il lavoro, ma anche per le pensioni e l’assi - stenza. Dobbiamo farci sentire: questo governo non ascolta i lavoratori». Con le scuole ancora chiuse e gli studenti a casa, l’età media di chi partecipa al corteo è alta. Per trovare i volti più giovani bisogna attendere i ricercatori del Crs4. «Il corteo rispecchia l’attuale stuazione del sistema sindacale », sostengono Gianluigi Caddeo, 33 anni e Marco Agus, 36, «purtroppo la maggior parte dei giovani o sono poco interessati, o sono precari senza tutele che non possono scioperare». «Quì dovrebbero esserci soprattutto quelli che il lavoro non ce l’hanno, anche più di chi è precario» sostiene Mauro Uda, 32 anni, che dietro lo striscione dei lavoratori delle comunicazioni e dei call center quasi in coda al corteo. «Noi siamo qui anche per loro - continua Uda -. Per combattere misure come l’articolo otto della manovra che semplifica i licenziamenti». «La finanziaria è un attacco diretto contro lo statuto dei lavoratori che ci colpisce tutti e mira a toglierci potere contrattuale», conferma Sofia Pinna, 34 anni, da otto a Sky.

Tra i pensionati in testa e i giovani in coda, nel corteo di ieri mattina le diverse facce del lavoro in Sardegna: dai lavoratori Unilever, a quelli dell’azienda suinicola di Isili, la fluorsid di Macchiareddu, e tutte le altre categorie. «È una manovra che scarica i costi su lavoratori e pensionati. Cosa c’entra con la crisi toccare l’articolo 18?» si chiede Francesco Carboni, 49 anni. «Serve più equità», dice Cinzia Sciò, 48 anni, insegnante elementare, «la scuola, poi, subisce i tagli del governo da tre anni. L’istruzione è un diritto costituzionale ». «Riduzione della tredicesima, l’articolo otto della manovra: se dovessi elencare i motivi per i quali sono in piazza staremmo qua delle ore» scherza Daniela Aru, 52 anni, da 14 precaria della scuola. Hanno aderito al corteo Cgil, tra gli altri anche il comitato dei lavoratori dello spettacoloe delle arti sceniche Cosas e la confederazione sindacale sarda. «La Sardegna sta chiudendo e questa manovra non dà nulla all’Isola. Condividiamo appieno le ragioni dello sciopero », spiega il segretario generale Giacomo Meloni. Il corteo arriva in piazza del Carmine attorno alle undici e un quarto. Accanto ai lavoratori c’erano alcuni esponenti del centrosinistra cittadino e il sindaco Massimo Zedda. Dal palco parlano delegati e lavoratori, poi si tirano le somme della giornata. «L’adesione è stata superiore alle aspettative: è segnalata attorno all’80% per le aziende sindacalizzate », segnala Mariano Carboni coordinatore regionale della Fiom, «questa è l’imponente reazione all’articolo otto che tenta di introdurre sotto mentite spoglie la libertà di licenziamento ». «I 20mila scesi in piazza, rinunciando al salario, sono la risposta a chi ha chiesto perché la Cgil ha proclamato lo sciopero». Spiega il segretario regionale Enzo Costa, in polemica contro gli altri sindacati che hanno deciso di non scendere in piazza. «Perché stare zitti quando gli altri parlano di te, del tuo salario e del tuo futuro? Questa manovra presentata come “indispensabile ” è già stata cambiata tre volte, da pochi chiusi in una stanza. C’è un deficit di democrazia in questo Paese. Dobbiamo ripartire dai bisogni della gente». Michele Salis