Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Gambarotta «cucina» le ossessioni della borghesia torinese

Fonte: La Nuova Sardegna
6 settembre 2011



La consueta ironia dell’autore ritorna nel nuovo libro, «Le ricette di Nefertiti», presentato a Cagliari




ROBERTA SANNA

CAGLIARI. Le ricette degli egizi, le smanie della borghesia torinese e l’Unità d’Italia attraverso un viaggio musicale. Sono questi i temi sviluppati sabato scorso nella giornata cagliaritana di Bruno Gambarotta, autore e attore di cabaret, collaboratore all’Unità, la Stampa, la Repubblica, Comix, Torino Sette, e scrittore di romanzi di genere giallo-ironico.
Per il nuovo «Le ricette di Nefertiti», in prossima presentazione al festival di Mantova e in libreria dall’8 settembre, nell’anteprima cagliaritana alla Feltrinelli Gambarotta sceglie l’auto-intervista. Per raccontare che «No, non è l’ennesimo libro di ricette: già l’anno scorso ne sono usciti 700».
Piuttosto prende in giro quella moda e anche una certa borghesia torinese, città dell’autore e del romanzo: «Anch’io ne faccio parte, ma senza certe loro smanie».
Come quelle del protagonista, Paolo Maria Barbarasa, egittologo “sfigato” del celebre museo torinese, che scova i papiri con dodici ricette attribuibili a Nefertiti. Il risvolto mediatico è assicurato, come la copertura finanziaria della Fondazione Pasco, contrazione dei nomi dei santi Pasquale e Scolastica, in allusione all’importante istituto torinese e alla recente disputa sul papiro di Artemidoro. A pochi giorni dall’annuncio i manoscritti spariscono dalla sua abitazione.
Comincia così quella che Gambarotta definisce una commedia moderna con aspetti farseschi. «Se fosse un film ci sarebbero almeno 14 parti per attrici mature, cosa rara: spero che qualcuna di queste signore me ne sarà grata», scherza l’autore. Non c’è però un ladro da arrestare in questa vicenda paradossale. Barbarasa scopre infatti che le dodici ricette sono state inviate dalla sua vendicativa consorte ad altrettante signore scelte fra quelle, numerosissime, sulle quali l’egittologo ha fantasticato per iscritto, sceneggiando incontri amorosi in un diario segreto. I libro è scandito dal tempo che resta per ritrovare i preziosi papiri, che le destinatarie della Torino bene hanno nel frattempo utilizzato nei modi più artistici e creativi.
Bruno Gambarotta mantiene la sua acuta e garbata verve nel recital «Viva V.e.r.d.i.», ospite della Scuola Civica di Musica di Luigi Puddu, sabato notte in Municipio.
Sulle note delle trascrizioni verdiane interpretate magistralmente dal trio Giuseppe Nova (flauto), Rino Vernizzi (fagotto), Giorgio Costa (pianoforte), Gambarotta è l’affabulatore arguto di considerazioni sull’epoca di Verdi e la nostra. Un esempio? «Altri tempi, adesso negli uffici dei politici ci sono musicisti come Apicella e più che di passioni si parla di passere. Sia Verdi che Manzoni diventarono senatori. Non, però, per meriti culturali ma perché pagavano più di 500 lire di tasse all’anno. Se anche oggi l’elezione fosse legata al reddito dichiarato si potrebbe trasformare in un cospicuo gettito per il Fisco o in un bel modo per ridurre il numero dei parlamentari».