Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Palazzine per topi, gatti, piccioni

Fonte: La Nuova Sardegna
5 settembre 2011



Una città nella città: gli edifici pubblici e privati chiusi e tutti in rovina




ALESSANDRA SALLEMI

CAGLIARI. Ruderi no, ma edifici cadenti, rugginosi, spesso transennati per i pezzi caduti all’improvviso su marciapiedi trafficati, inesorabilmente chiusi in qualche caso senza che ci sia memoria esatta di quel che sono stati o di chi li abitò. Quasi non c’è strada di Cagliari che non abbia un caseggiato con porte e finestre sprangate, di sicuro abbandonato, anche se magari con una proprietà definita che non sa risolvere questioni ereditarie oppure, anche questo è frequente, proprio non ha la disponibilità economica per restituire qualità all’edificio. Poi ci sono i caseggiati pubblici ma non per questo meglio tenuti: stessa rovina e uguale inutilità di quelli privati, con l’aggravante che sono quasi tutti di ampie dimensioni. Uno spreco di spazio. Una delle cose più preziose per il centro di una città è proprio lo spazio: non ce n’è abbastanza da nessuna parte e tantomeno a Cagliari perché si possano tollerare caseggiati in disuso. Studenti in cerca di alloggio, associazioni che hanno bisogno di luoghi di incontro, coppie che vorrebbero abitare nella stessa città in cui lavorano e mandano a scuola i figli. Anche l’igiene diventa una voce del problema: in via San Lucifero angolo via Sant’Eusebio l’ex istituto industriale «Scano» sarebbe anche un bel caseggiato: muri scrostati, inferriate arrugginite, buchi nelle pareti che lasciano intravedere l’interno vuoto, ormai habitat naturale per piccioni e gatti, con una quantità di piatti di plastica carichi di avanzi di cibo che svolazzano nei giorni di vento. Anche in via Alghero, preteso cuore dello shopping, c’è una palazzina grigia, chiusa, senza più balconi, dove ha preso casa una colonia di piccioni. Niente piccioni ma stessa fatiscenza anche davanti all’ospedale civile, angolo via San Giorgio: una casetta bassa e chiusa, con le inferriate arrugginite, in una zona dove c’è fame di luoghi di ritrovo, magari anche punti di sosta e di ristoro per i parenti dei ricoverati in visita provenienti spesso da centri lontani.
La descrizione può continuare. Castello conta 150 edifici nelle stesse condizioni. In corso Vittorio Emanuele ogni quinquennio compare una transenna e cominciano lavori di ristrutturazione di palazzine che sono restate chiuse e abbandonate anche per 40, 50 anni, mentre in tanti cercavano casa in città ma dovevano andare nei dormitori di altri comuni perché quasi non si trovava nessuno cui chiedere se fosse possibile sistemare quelle come altre case per abitarle.
Il Comune non ha tutte le responsabilità, ma qualcuna sì.
Sul proprio patrimonio non ha ancora le idee chiare. Anni fa commissionò all’esterno un censimento (costo: oltre un milione di euro), il lavoro però restò incompleto e adesso gli uffici dell’assessorato al Patrimonio hanno ripreso in mano la pratica: va conclusa e anche in fretta, il patrimonio comunale ogni tanto rivela ancora piccoli casi clamorosi di super appartamenti affittati per pochi soldi e non a persone indigenti. La giunta comunale, su richiesta dell’assessore all’Urbanistica, Paolo Frau, prepara un’iniziativa tarata su Castello e gli altri quartieri storici, dove si trova la maggior parte degli edifici privati abbandonati: un ufficio che sia sportello di ascolto per raccogliere le esigenze degli abitanti e anche le proposte e che sia inoltre motore di promozione di incontri e conferenze per ragionare su qualificazione e rilancio dei quartieri storici finalmente assieme a chi questi quartieri continua ad abitarli e a farli vivere.
Il Comune non può agire direttamente sugli edifici di proprietà privata lasciati in stato di abbandono. Ma potrebbe intervenire attraverso politiche (altrove succede e con successo) che favoriscano le ristrutturazioni, ma anche i frazionamenti di grandi edifici (in Castello ci sono soprattutto questi) perché diventino abitabili da famiglie, trasfertisti, studenti e anche i turisti che cercano alberghi diffusi e sistemazioni meno anonime degli hotel con varie stelle.
Si tratta di fare una rivoluzione: tante case restano chiuse perché i proprietari non se la sentono di affrontare le trappole di una burocrazia incomprensibile e di un credito agevole soltanto per pochi, ma quasi tutti noti.