Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

CASERME E IMMOBILI PASSINO AI COMUNI

Fonte: Sardegna Quotidiano
23 agosto 2011

 CASERME E IMMOBILI PASSINO AI COMUNI

di Fulvio Dettori

L’acquisizione dei beni dello Stato è stato un punto di maggior contrasto fra la Regione e le amministrazioni statali, che per anni si sono rifiutate di assegnare alla Sardegna i beni che lo statuto speciale le attribuiva. Per l’articolo 14 dello statuto la Regione doveva acquisire immediatamente “i beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e demaniali, escluso il demanio marittimo”. Tuttavia, già nel 1950, il governo aveva integrato questa disposizione con “norme di attuazione statutaria”, che restringevano le regole per il passaggio ed imponevano che restassero allo Stato “i beni ad esso pervenuti successivamente all'entrata in vigore dello statuto”. Così, uffici del demanio e comandi militari hanno trattenuto ed utilizzato (spesso per fini che nulla avevano a che vedere con l’interesse pubblico) un gran numero di case e terreni situati in località di valore paesaggistico o turistico. La situazione è cambiata nel 2006 quando, grazie alla disponibilità del governo Prodi ed all’intelligente collaborazione dell’avvocatura dello Stato, l’amministrazione regionale ha vinto le resistenze delle burocrazie ministeriali, soprattutto di quelle periferiche, che gestivano i beni. Nuove norme di attuazione hanno assegnato alla Regione i beni che lo Stato ha acquisito dopo l’entrata in vigore dello statuto e si è dato avvio al trasferimento all’amministrazio - Agli Enti locali prima che ai privati il patrimonio ceduto dalla Difesa alla Regione con l’intesa del 2007 ne regionale di immobili, spesso cadenti, in gran parte del demanio militare, soprattutto a Cagliari e La Maddalena. La Regione ha quindi acquisito un patrimonio immobiliare notevole, di valore difficilmente calcolabile e che non si sa quanto bene sia stato censito, come dimostrano le dichiarazioni del presidente della Regione sulla possibile vendita di beni (i “fari ”) di cui non risulta che la Regione sia proprietaria. Di fatto, beni, anche in aree a forte valenza ambientale e, potenzialmente, urbanistica, sono abbandonati ed inutilizzati. È poi rimasta in sospeso una cospicua serie di beni, il cui passaggio alla Regione è subordinato alle valutazioni di una commissione paritetica, incaricata di individuare “i beni immobili di interesse storico, artistico ed archeologico da trasferire alla Regione”. La vendita dei beni regionali ai privati è subordinata ad alcuni vincoli, il primo dei quali è la loro assegnazione ai comuni sulla base dei criteri di “territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valorizzazione ambientale”. Prima di mettere in vendita o di cedere a terzi (magari a rimborso di debiti elettorali) gli immobili di cui è proprietaria, l’amministrazione regionale deve cioè verificare se quegli stessi immobili non debbano essere trasferiti ai Comuni, come ha ammesso lo stesso presidente della Regione: “Decideremo il destino dei beni demaniali insieme agli enti locali. Affinché tale processo sia una vera occasione di sviluppo, la via da seguire è quella della valorizzazione, non quella della vendita ai privati". Poiché gli impegni non restino parole, spetta ai Comuni rivendicare, con forza e convinzione, l’attuazione di regole costituzionali che gli attribuiscono i beni, magari indicando in appositi protocolli d’intesa l’uso cui saranno destinati, così da cancellare sospetti di speculazioni e cattiva gestione. Per le stesse ragioni sarebbe bello che le amministrazioni comunali chiamassero al loro fianco i gruppi e le associazioni impegnati nella tutela dei patrimoni pubblici e del territorio. Docente di diritto regionale già direttore generale della Regione