Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

IL Poetto s'è ristretto

Fonte: L'Unione Sarda
4 agosto 2011

 

Dal 2002 persi cento metri nei punti di maggiore erosione
 

Sono chiare le cause ma non si sono ancora studiati i rimedi

Nell'estate del 2002, dopo il ripascimento, la rotonda del Lido aveva davanti a sé 35 metri di sabbia. Nove anni dopo il mare si è ripreso quasi tutto. Pochi metri e tutto sarà come prima, tranne il colore e la consistenza della sabbia: prima era bianca e finissima ora è grigio topo e grossa. L'erosione è stata graduale ma inesorabile: meno trenta metri tra il 2002 e il 2004, 20 dal 2005 al 2007, 20 tra il 2007 e il 2008, altrettanti nei due anni successivi.
Niente di nuovo. «Semplicemente non sono state rimosse le cause che hanno determinato l'erosione che indusse la Provincia, nel 2002, a effettuare quell'intervento di protezione civile», come dimostra lo studio elaborato nel 2005 da Enrico Corti, Enzo Pranzini e Pierluigi Amminiti, i docenti universitari che hanno effettuato l'“Indagine conoscitiva preliminare per un progetto di salvaguardia e ripristino del litorale del Poetto” commissionata dall'assessorato regionale all'Ambiente. Un lavoro che avrebbe dovuto costituire la base per pianificare gli interventi necessari per rimediare ai danni ma che è rimasto solo sulla carta.
LE CAUSE DELL'EROSIONE Le cause dell'erosione sono note: «La grande fossa scavata dalle draghe a 2 chilometri dalla costa dal dopoguerra in poi, quando la sabbia del Poetto servì a ricostruire la città. Il furto di 2 milioni di metri cubi alla natura - proseguito negli anni '80 con il boom di Quartu e nel 2002 con il ripascimento, quando sono stati sottratti al mare altri 370.000 metri cubi di sabbia sommersa - ha creato una voragine sottomarina che ha modificato le correnti. E siccome «la natura tende a riprendersi ciò che le è stato tolto», come evidenzia Felice Di Gregorio, docente associato di Geografia fisica e Geomorfologia al dipartimento di Scienze della terra dell'università, «ecco individuata una delle ragioni per cui il mare avanza». Le banchine del porto storico e del porto canale, quelle di Marina Piccola, le costruzioni sul Lungomare, la fine dell'apporto dei fiumi (il rio Mannu e il rio Pula, ad esempio) e la demolizione dei casotti, sono notoriamente le altre cause della progressiva avanzata dell'acqua. «Hanno modificato la direzione delle correnti e l'attività del mare e impediscono il naturale movimento della sabbia», chiarisce Gaetano Ranieri, ordinario di Geofisica applicata al dipartimento di ingegneria del territorio dell'università.
LA CITTÀ SI È ABBASSATA Non solo: «Negli ultimi cinquant'anni la città si è abbassata di otto centimetri a causa di normali fenomeni geologici e nel contempo il mare si è sollevato di 12 centimetri a causa dello scioglimento dei ghiacciai», prosegue Ranieri. Che aggiunge un dato apparentemente irrilevante: «sapete a quanto ammonta il cosiddetto trasporto innocente di sabbia, cioè l'arena che ciascun bagnante si porta via ogni giorno quando va via dal mare? Al tre per cento del totale della sabbia persa. Sabbia», dice, «che si potrebbe benissimo recuperare se si introducesse l'obbligo di fare la doccia prima di andar via e che invece finisce quasi sempre nella rete idrica».
Ecco, a giudizio di Ranieri, perché stiamo tornando ai livelli pre ripascimento. «Tra l'altro», fa notare, «la spiaggia è più erosa dove ci sono edifici e più lunga dove non ce ne sono perché le costruzioni impediscono il normale flusso della sabbia a seconda dei venti».
Sandro Angioni, proprietario del chiosco-stabilimento Le Palmette, alla prima fermata, 380 metri quadri di concessione, conferma. «Facciamo le misurazioni ogni anno a settembre: perdiamo venti metri all'anno». Per lui e per gli altri gestori di stabilimenti balneari significa ombrelloni e lettini in meno. Al D'Aquila, invece, hanno più o meno lo stesso numero di ombrelloni (circa 700) solo che nell'imminenza del ripascimento distavano tre metri e ora sono a due.
CENTO METRI IN MENO Da marzo 2002 la linea di battigia si è accorciata di poco meno di cento metri nei punti di massima erosione (la prima fermata) e studiare una soluzione per rimediare appare necessario. Il problema è che il Poetto è una patata troppo bollente. Per questo forse ha ragione Massimiliano Tavolacci, ingegnere, ex consigliere comunale dell'Udc e attuale capo di Gabinetto dell'assessore regionale all'Urbanistica Antonio Rassu: «Tutti hanno paura di metterci mano e farsi male, per questo non si fa nulla». Ma se si vuole correre al capezzale del Poetto non si può ragionare solo di baretti e di concessioni. Occorre mettere in campo le idee migliori e pensare a che cosa fare per la spiaggia. Prima che sia troppo tardi.
Fabio Manca
(2.Continua)