Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Le donne classichem ,di Iaia Forte, mcosì lontane così vicine

Fonte: L'Unione Sarda
20 luglio 2011

L'attrice stasera in scena al Civico di Cagliari con “Fuochi”

 Vedi la foto È solare e luminosa come la giornata. Racconta del Poetto e di aver smesso di fumare. Racconta del nuovo spettacolo in prima assoluta proprio a Cagliari, dove il cielo e il mare hanno lo stesso colore dei suoi occhi. Iaia Forte è oggi in scena al Teatro Civico di Castello con Fuochi - le donne nel mito (per La notte dei Poeti), una pièce cercata, voluta, amata insieme a Rita Atzeri e alla regista Serena Sinigaglia. Un racconto, dei racconti, che sono un tuffo nell'intimità e nello spirito delle donne dei classici: Medea, Penelope, Semele, Agave, Clitennestra, Antigone, Elena rivivono nelle storie contemporanee di donne, estensioni affatto minori del mito, casomai continuazione, nella tragedia e nella forza. Sono le donne della cronaca, del quotidiano con un filo conduttore col mito: la passione, il coraggio, la testimonianza, fino al sacrificio finale, se occorre.
«Lo spettacolo - dice l'attrice - nasce dall'idea di attraversare delle figure fondamentali e metterle in relazione con delle figure contemporanee di oggi usando anche il linguaggio come archetipo per leggere la realtà».
Il mito che continua a vivere...
«E che diventa specchio e elemento del cangiante nel femminile. La grandezza di un classico c'è quando riesce a raccontare la dimensione intima dell'animo».
Perché il debutto a Cagliari?
«Qui c'è passione nella gente che lavora in teatro, c'è una tradizione solida, c'è una identità che ancora non si è persa. E, contrariamente a quanto si pensa, non è periferia. Anzi è un luogo dove non c'è l'omologazione tipica delle periferie, ma il conforto del non conformismo».
Frase fatta: essere di Napoli aiuta l'attore?
«In realtà c'è un principio di verità in questo. Perché anche Napoli come la Sardegna è un luogo con un'identità precisa e forte. A partire dalla lingua. Basta vedere da dove arrivano gli scrittori, i musicisti, gli artisti nuovi, così veri e intatti».
Si pone limiti come artista?
«Nessuno. Non c'è differenza tra cinema, teatro o TV. Esistono le cose fatte bene e le cose fatte male indipendentemente dallo strumento usato. Ovvio che mi piacerebbe fare le cose che vorrei vedere come spettatrice ma questo non esclude che ci sia, per esempio, una commedia di qualità. Ho finito di girare La Famiglia Gambardella per la Tv e mi sono divertita».
Cos'è il teatro?
«La recitazione è l'arte del tramando. Si accumulano esperienze per poi poterle mettere a disposizione, trasmetterle. Il teatro è arte comunitaria, collettiva».
Voli alto. Un attore e un regista con cui lavorare
«Al Pacino. Poi Quentin Tarantino perché ama il travestimento, l'insolito, l'eccentrico. Una caratteristica e una voglia che da noi è un po' persa».
Perché?
«Si ha paura di rischiare e si è soggetti al volere delle produzioni che spesso condizionano i linguaggi e gli stili».
Un cinema che sembra una televisione
«Molte cose si salvano: Corsicato, Garrone, Sorrentino... Il cinema dovrebbe sperimentare e azzardare di più. E la tv... Possibile che si debba rimpiangere con nostalgia I fratelli Karamazov o i Promessi Sposi ?»
Giuseppe Cadeddu