Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

A Sant’Elia inseguendo i sogni nascosti di Caterina e Luna

Fonte: La Nuova Sardegna
13 luglio 2011

Il regista dorgalese intende lasciare parlare i protagonisti del racconto di Sergio Atzeni




GIANNI OLLA

CAGLIARI. «Bellas Mariposas» (ovvero, in traduzione quasi poetica: belle farfalle) è l’ultimo racconto scritto da Sergio Atzeni. Uscì, per Sellerio, dopo la sua morte e fu seguito da altri scritti postumi, molti dei quali dedicati proprio a Cagliari, la sua città, e raccolti in un’antologia, «I sogni della città bianca», in cui trasuda una sorta di amore/odio per la popolarità selvaggia della sua gente, quasi di stampo pasoliniano: proletari e sottoproletari come angeli e demoni mescolati nella stessa personalità. Anche «Bellas mariposas» racconta l’avventura, reale e mentale, di due adolescenti, Caterina e Luna. Abitanti di un quartiere popolare di Cagliari - lo stesso in cui è vissuto lo scrittore - vivono una giornata avventurosa fuori dall’incubo del quartiere, sognando o immaginando una vita diversa.
Benché linguisticamente difficile - sia per il parlato gergale reinventato da Atzeni, sia per la mancanza di uno sviluppo narrativo - è stato inseguito, fin dalla sua pubblicazione, da diversi registi sardi. E una leggenda metropolitana sostiene addirittura che lo scrittore lo aveva progettato già soggetto cinematografico.
L’ultimo ad innamorarsi di questo racconto - tra i veri capolavori della letteratura italiana di fine secolo - è stato Salvatore Mereu, che è ormai a due passi dall’iniziare le riprese. L’ambientazione sarà in prevalenza S. Elia, un luogo diverso dal quartiere atzeniano di San Michele. S. Elia è, in qualche modo, più chiuso: una sorta di fortezza dove vigono regole sociali proprie, ma in cui, paradossalmente, il desiderio degli adolescenti non è diverso da ciò che si legge nelle pagine del romanzo.
Dorgalese, vincitore di un premio a Venezia per il film d’esordio «Ballo a tre passi» e poi autore della trasposizione del romanzo di Giuseppe Dessì, «Sonetaula», Mereu ha sempre impostato i suoi film attraverso le ricerche ossessive di volti e luoghi - e linguaggi - che facessero risaltare una sorta di realismo di base che rendesse più vera la finzione.
Il percorso che lo ha portato a «Bellas Mariposas» è stato molto lungo - il regista ci pensava già durante le riprese di «Sonetaula» - ed ha avuto come tappa intermedia un lavoro di formazione didattica che, nel corso del 2010, si è svolto in due scuole medie cagliaritane, la prima, appunto, nel quartiere di San Michele, e la seconda a Sant’Elia.
Dai saggi didattici («Via Meilogu 18» e «Via Schiavazzi»), realizzati con i ragazzi al termine del corso, sono stati ricavati poi due veri e propri film: il primo, a firma di Michele Mossa, «Asse mediano» è un bellissimo documentario che, attraverso le diverse fasi della lavorazione, mostra il mondo popolare (fatto anche della multiculturalità cittadina, con ragazzi rom e senegalesi che frequentano le scuole) che sta alla base del film.
Il secondo «Tajabone» - il titolo è una canzone struggente del Senegal - è un rimontaggio poetico dei due saggi. È stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia, nella sezione controcampo italiano, ed ha vinto il premio per il miglior rapporto qualità/budget.
Questa uscita nazionale - che purtroppo, fino ad ora, non è stata seguita da una proiezione in sala o da una pubblicazione in dvd, a causa di un contenzioso con le scuole - ha agevolato il percorso produttivo verso «Bellas Mariposas».
Ma occorre anche segnalare che diverse riviste che avevano i loro inviati a Venezia, hanno scritto che «Tajabone» vale «La classe» di Cantet, Palma d’oro a Venezia nel 2009. Insomma, a ripercorrere la storia di questa passione di un nuorese cosmopolita e antiprovinciale verso la capitale dell’isola - da sempre giudicata, da molti intellettuali, estranea alla vera Sardegna - si riesce ad intuire quale sarà la chiave espressiva di «Bellas Mariposas»: lasciar parlare e agire i protagonisti, fare in modo che i sogni di Caterina e Luna, diventino i loro.