Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«La prudenza? Tattica efficace»

Fonte: L'Unione Sarda
16 maggio 2011

INTERVISTA. L'esperienza di un primo cittadino che ora tornerà a fare l'imprenditore

 Emilio Floris saluta il Comune e racconta 10 anni da sindaco
Vedi la foto Oggi si vota e la campagna elettorale è definitivamente in archivio. Niente più appelli per il voto. Niente considerazioni condizionate dall'interesse di parte o di partito ma solo l'umanità di un sindaco che abbandona, in punta di piedi («ma avendo fatto il mio dovere dal primo all'ultimo giorno»), il suo ufficio al terzo piano del Municipio. E racconta di come la sua vita è cambiata negli ultimi dieci anni, accettando di parlare dell'Emilio Floris uomo, senza indulgere in considerazioni elettoralistiche.
Cosa le mancherà della vita in Comune?
«Il contatto con la gente, che a torto o a ragione mi ha considerato un punto di riferimento al quale indirizzare speranze o critiche. Sono felice di non aver mai ricevuto minacce, né manifestazioni di contestazione aspra, come accaduto da altre parti. Le tensioni, qualche volta sfociate in occupazioni e scontri duri, sono state sempre risolte civilmente».
Ha sofferto a essere definito un “indecisionista”?
«Mi sono sempre dato un obiettivo da raggiungere, sperando di riuscire a conseguirlo con meno conflitti possibile. Le polemiche, gli scontri frontali, le complicazioni fanno perdere più tempo della ponderatezza, se le valutazioni vengono fatte correttamente e nel lungo periodo. Per me la politica è dialogo. L'eccessiva prudenza può essere rimproverata solo quando non si raggiunge l'obiettivo. Non credo sia il mio caso».
Quali sono stati i momenti più difficili?
«Ho provato sofferenza vera nel veder sfilare davanti a me persone con disagi personali e familiari veramente toccanti. Quando non siamo stati in grado di fare qualcosa devo dire di aver provato un disagio veramente forte. Mi sono sentito quasi inadeguato».
E quelli più belli?
«Gli incontri con Papa Giovanni Paolo II e con il suo successore Benedetto XVI li porterò sempre nel cuore. A proposito di momenti belli e brutti, il momento simbolico è quello della mia rielezione, nel giugno 2006. Appena quattro giorni dopo morì mio padre, un vero maestro di vita».
Cosa farà dal giorno dopo dell'elezione del suo successore?
«Necessito giusto di una settimana di riposo. E poi sarò pronto a pensare al mio futuro, che certamente per ora sarà lontano dalla politica. Probabilmente tornerò a lavorare nelle mie aziende, nel settore della sanità privata. Necessiterò di un periodo di aggiornamento, per capire quali sono le dinamiche odierne. Ma la voglia di lavorare non mi è mai mancata».
Uno stacco così netto con la vita pubblica?
«Ho parlato di ruoli politici. Ma ho in serbo impegni che saranno comunque rilevanti. Penso, ad esempio, di istituire una fondazione che porti il nome di mio padre Mario, per restituire alla città il tanto che mi ha dato. La immagino proiettata a supporto del mondo del lavoro».
L'essere una persona già “arrivata” e non in cerca di consacrazione nella vita pubblica l'ha in qualche modo condizionata?
«Forse in senso negativo, col senno del poi. Chi ha forti motivazioni personali sviluppa un elevato senso del cinismo, una freddezza che spesso è calcolata. Io sono comunque contento di essere rimasto me stesso e di aver perso anche qualche treno, pur di non derogare ai miei principi».
Si è mai pentito di aver lanciato il tanto vituperato slogan “Cagliari, una capitale nel Mediterraneo”?
«Per essere sicuri di conseguire un obiettivo, c'è un trucco: basta scegliersene uno facilmente raggiungibile. Io ho voluto sollevare l'asticella e ho lavorato per tendere verso il risultato. Non siamo riusciti a raggiungerlo ma abbiamo gettato fondamenta importanti».