Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Tregua armata sui terreni contesi

Fonte: La Nuova Sardegna
12 maggio 2011

 
La Spisa: «Soluzioni per i singoli casi, non contro la demanializzazione» 
 
 
 
CAGLIARI. E’ ufficiale: forse c’è una possibilità di tregua nella guerra delle aree che dilania il porto canale. Una soluzione diversa dalla resa di una delle parti, vale a dire la Capitaneria di porto o i quattro imprenditori privati che hanno comprato dal Cacip terreni diventati demaniali nella delimitazione condotta il 24 giugno 2010. La soluzione è saltata fuori ieri al tavolo di crisi convocato dall’assessore regionale alla Programmazione, Giorgio La Spisa.
Il tavolo di crisi è stato convocato dalla Regione su richiesta degli imprenditori privati che hanno pagato terreni poi entrati nella delimitazione del porto canale e quindi dichiarati demaniali con un decreto. Gli imprenditori avevano invocato la Regione durante una conferenza stampa affinché questa si facesse arbitro di una contesa che ormai era del tutto sfuggita di mano. I privati hanno spiegato di aver comprato terreni dal Cacip e di aver stipulato un atto regolare davanti ai notai, quei terreni sono vicini alla banchina del porto canale ma nelle precedenti delimitazioni sono sempre stati esclusi perché privati e fuori dalle necessità strette del porto. Però nel piano regolatore portuale queste aree sono tutt’uno nelle linee di sviluppo del porto e quindi demaniali per loro natura secondo la Capitaneria. La Regione non accolse l’appello della conferenza stampa, il gruppo Grendi promosse allora una campagna pubblicitaria che raccontava la storia di «Su Portu Furau», ora sito internet con tutti i documenti che secondo i quattro imprenditori dimostrano la non demanialità «naturale» delle aree. Due degli imprenditori (Grendi e Nuova Saci) hanno presentato ricorso al Tar contro il decreto di delimitazione, il terzo (Fradelloni) rappresentato dall’avvocato Vignolo si rivolgerà al giudice civile per il riconoscimento del titolo di proprietà. Il tavolo di crisi nasce perché, tra una disquisizione amministrativa e una risposta giuridica il tempo passa, gli imprenditori che comunque hanno pagato i terreni (milioni di euro) non possono farci ciò che hanno progettato, l’autorità portuale non incassa i canoni eventualmente dovuti e, soprattutto, lo sviluppo del porto canale, oltre 400 ettari di aree da assegnare, nei fatti resta appeso alla sorte di quattro terreni. L’assessore La Spisa a fine seduta ha spiegato che il tema trattato in quel tavolo non è e non sarà la demanializzazione, bensì la ricerca di soluzioni per i singoli casi. Per Grendi forse è arrivata: la rappresentante dell’agenzia del demanio, Rita Soddu, ha sostenuto che forse è possibile dare in concessione il terreno al privato che ha già costruito un capannone nell’attesa che vada avanti la causa giudiziaria e quindi si decida se il terreno è demaniale o no. Se lo è, Grendi ci resta come concessionario, se no come proprietario. La possibilità sarà valutata a un tavolo tecnico, poi si torna alla Regione. Gli altri: la concessione non è la soluzione per tutti, i tre imprenditori rivendicano la proprietà dei terreni. Il giudice civile dirà se il Casic-Cacip poteva vendere, nell’attesa l’unica via è la concessione a canone simbolico. Corte dei conti permettendo.