Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Il jazz? Una musica popolare»

Fonte: La Nuova Sardegna
3 maggio 2011



Il musicista Raphael Gualazzi incontra i giovani allievi del Conservatorio



Il trionfatore di Sanremo di scena a Cagliari. Al Verdi di Sassari invece live del pianista Giovanni Allevi

PABLO SOLE

  CAGLIARI. Al successo l’ha portato una «Follia d’amore», il brano con cui ha vinto la sezione Giovani dell’ultimo Sanremo. Ma la storia di Raffaele “Raphael” Gualazzi, classe 1981 da Urbino e devoto dello stride-piano alla Scott Joplin, assomiglia più ad un altro gran bel pezzo, quel «Reality and fantasy» poi ripreso da Gilles Peterson - producer e selector stile Re Mida - che l’ha trasformato in un tormentone da dancefloor e oltre. Come descrivere altrimenti, se non con una fantasia che diventa realtà, l’ascesa del giovane pianista marchigiano che a pochi anni premeva «compulsivamente le dita sui tasti bianchi e neri» e suonava “a orecchio” Ray Charles e dopo gli studi al conservatorio di Pesaro, già a 24 anni girava il mondo sui palchi dei più importanti jazz festival? Normale che, con queste premesse, sia arrivato al successo dopo aver diviso il palcoscenico con mostri sacri come Michael Ray e Steve Ferraris (Sun Ra Arkestra) compagni di viaggio grazie al progetto «The history & mistery of Jazz», poco tempo fa tra Vermont e New Hampshire.
Ed è dunque con queste credenziali che Gualazzi si presenta al concerto in programma stasera alle 21 all’auditorium del Conservatorio di Cagliari, appuntamento inserito nel cartellone dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. In contemporanea, a Sassari al teatro Verdi, il concerto di Giovanni Allevi.
Ma se Allevi non ha mai nascosto una certa predilezione per l’auto-celebrazione, definendosi in più occasioni fautore di un linguaggio musicale «colto ed emozionale» - e finendo peraltro con l’essere un Clayderman fuori tempo - Gualazzi al contrario riprende i basilari del jazz partendo dalla sua storia. E ricordando, ieri in un incontro con gli allievi del Conservatorio, come non vi sia stato «nulla di intellettuale agli albori del jazz» - periodo da cui ha preso spunto - e che anzi «operazioni come quella effettuata da Peterson, che stimo, contribuiscono a riportare appunto questo genere a quello che era: musica popolare e per il popolo». Normale quindi che per la strutturazione del suo stile Gualazzi abbia guardato al rag-time e dunque allo stride-piano, definizione che sta «a significare i grandi balzi che le mani fanno sulla tastiera per passare dalle tonalità acute a quelle basse».
Anche da qui nasce «Follia d’amore», come ha spiegato sollecitato dal giornalista Giacomo Serreli. «Pensavo ad una fusione tra stride e melodia italiana - ha risposto sicuro il jazz-man - Non tanto per una ricerca filologica, quanto per una rilettura personale di questi due elementi». Ai quali se ne aggiunge un altro: la lingua inglese. Sarà infatti con «Madness of love», il 14 maggio a Dusseldorf, che Gualazzi parteciperà all’Eurovision song contest. «Testo in italiano e inglese - ha detto - per rispettare la nostra tradizione, dall’altro per un tributo verso il genere musicale al quale mi sono ispirato».