Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Ma all’inizio del Novecento i clandestini erano i sardi che sbarcavano in Tunisia

Fonte: La Nuova Sardegna
26 aprile 2011

Ma all’inizio del Novecento i clandestini erano i sardi che sbarcavano in Tunisia




PAOLO MATTEO CHESSA

CAGLIARI. Ufficialmente quelli arrivati una ventina di giorni fa in città e sistemati nell’ex caserma dell’Aeronautica di viale Elmas erano 700, uno più, uno meno. Ora nell’isola sono rimasti in pochi, all’incirca un centinaio. Ma altri sicuramente ne arriveranno, forse anche a breve, perché lì, nel loro Paese affacciato sul Mediterraneo, i problemi ci sono ancora tutti. Eccome.
Tant’è che i tunisini continuano ad abbandonare in tutta fretta la loro terra, puntando verso quell’Europa che ai loro occhi (come d’altra parte accadde anni fa con gli albanesi) appare probabilmente come un Eldorado.
Ma le notizie di nuovi, inevitabili arrivi, nonostante il valzer di smentite e di implicite conferme, sembravano aver reso ancora più profondo il solco che apparentemente aveva diviso la città - non si sa bene in che percentuale, comunque - tra coloro che fanno onore al secolare senso di ospitalità e tolleranza dell’Isola e quanti invece volevano ricacciare in mare, senza mezzi termini, quelli che per loro erano “ospiti” non proprio graditi.
Eppure un tempo accadeva l’esatto contrario. Corsi e ricorsi della storia, si dirà. Ovvero, pagine di cronaca ormai sbiadite, di un’epoca in cui a sbarcare sulle spiagge della Tunisia erano gli italiani, considerati guarda caso come veri e propri clandestini, che confluivano lì praticamente da ogni angolo dello Stivale per cercare fortuna.
Così come d’altro canto facevano gli spagnoli, i tedeschi, gli italo-americani e soprattutto i francesi.
Quelli che poi, giusto per capirsi, diventarono in numero preponderante e in forza della loro mai rinnegata voglia di “grandeur” trasformarono il loro protettorato sulla Tunisia (e non solo su quella, invero) in una colonia vera e propria, se si preferisce.
Insomma, per dirla in breve, già dalla fine dell’Ottocento e fino a metà del 1900 il Paese del nord Africa, oggi sconvolto politicamente ed economicamente dalle conseguenze di quella rivolta popolare che ha portato alla caduta dell’ex dittatore Ben Alì, fu letteralmente terra di conquista. Giusto due numeri: nel 1870 gli italiani in Tunisia erano 25mila, nel 1926 quasi 90mila (esattamente 89.216), fino ad aver dato vita oltre ai quartieri “tricolore” nelle principali località a una vera e propria città battezzata La Goletta (dove nacque Claudia Cardinale, tanto per citare una fra le persone italo-tunisine più conosciute), che puntualmente i francesi trasformarono nell’odierna La Goulette.
E se non proprio in prima fila, ma comunque tra le avanguardie, a quella sorta di pacifica invasione prese parte anche un piccolo esercito di migranti partito alla spicciolata dalla Sardegna.
Fin qui nulla di straordinario, ovviamente, tenuto conto che l’Italia usciva giusto dalla cosiddetta “Grande guerra”, quella del ’15-18, e si preparava più o meno coscientemente a infilarsi nel secondo conflitto mondiale. Erano appunto gli anni delle migrazioni di massa, soprattutto dal Sud, dove le condizioni di vita non erano certo delle migliori, quantomeno tra le classi meno abbienti.
Sicuramente gli italiani hanno il merito di aver contribuito in modo tangibile allo sviluppo della Tunisia (verso la quale, nel Ventennio, mostrò interesse anche il fascismo, suscitando forte fastidio nei francesi), ma è innegabile che chi scelse di vivere in quel Paese ebbe il suo tornaconto.
Che doveva essere abbastanza forte, se è vero come è vero un solo dato: tra le migliaia di italiani che dissero «sì» ci furono anche centinaia di sardi che pur di continuare a vivere e lavorare lì accettarono il diktat della Francia, che dopo gli anni Trenta avviò il processo di naturalizzazione forzata. In breve, tutti i nuovi nati lì da cittadini europei diventavano automaticamente francesi; mentre gli adulti dovettero fare comunque la loro scelta. Molto spesso sofferta. Ecco così che sassaresi, orgolesi, cagliaritani, nuoresi, iglesienti, algheresi e via elencando (vedasi la tabella in alto) videro i loro nomi di battesimo trasformati automaticamente, quasi sempre con veri e propri orrori ortografici, in francese, al pari della loro nazionalità. Insomma, c’era di mezzo la sopravvivenza e in tantissimi preferirono voltare le spalle, diciamo così, alla madre patria e passare sotto la bandiera d’oltralpe. Oggi sono cambiati i tempi e le condizioni: gli italiani in Tunisia sono rimasti pochi ma per quanto se ne sa continuano a essere ben visti. Così come accadeva quando i nostri arrivarono lì a frotte, da clandestini. Chissà, forse oggi bisognerebbe comportarsi come si comportarono all’epoca i tunisini. Fosse solo per sdebitarci.

© RIPRODUZIONE RISERVATA