Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Marco Carta nella tana del lupo

Fonte: La Nuova Sardegna
18 aprile 2011



Comunale, una spaesata popstar protagonista della fiaba di Prokofiev



Gli innesti tra pop e musica colta andrebbero preparati meglio e meditati con molta più attenzione

GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Mettiamola così: tentar non nuoce. Forse. Ma è lo stesso Marco Carta ad ammettere che in fondo non era il suo ambito. Il Lirico gliel’ha proposto e lui ha voluto accettare la sfida. Così, ieri e giovedì nel XI Festival di Sant’Efisio, ha dismesso eccezionalmente l’abito del cantante per dare voce, sul palco del Comunale, a «Pierino e il lupo» di Sergej Prokofiev. Una favola sinfonica per i più piccoli, pensata come una sorta di propedeutica alla musica, anche se poi sono gli adulti ad apprezzarne non meno la raffinata fattura componistica. Si cimenta dunque nella recitazione il giovane singer cagliaritano, beniamino di tante teenager e vincitore del Festival di Sanremo 2009, con già alcuni dischi di platino sulle spalle, primo sovente nelle classifiche degli album più venduti in Italia. A un altro cagliaritano, Massimiliano Medda, il Lirico già aveva affidato il medesimo ruolo. In quel caso, però, Medda si giostrava in un habitat artistico ovviamente a lui più congeniale. Per Carta invece è un’esperienza inedita, fuori dal suo campo. Ci mette del suo, qui e là, vocalizzando un po’ sulle onomatopee degli animali protagonisti, tentando a momenti qualche punta espressiva. Il risultato, tuttavia, rimane in definitiva abbastanza monocorde, un po’ piatto, impacciato. «Pierino e il lupo», sebbene sia una favola, richiederebbe comunque una certa presenza scenica, verve teatrale, e un minimo di istrionismo. Non si tratta di purismo della musica colta o di remore da parrucconi. Certi “innesti”, però, andrebbero meglio preparati e meditati. Marco Carta sarà senz’altro bravissimo in quel settore della musica leggera italiana in cui riceve l’entusiastico plauso dei suoi fan, e in platea guarda caso non mancano le affiatate “cartine” che gli tributano giustamente una standing ovation, soprattutto quando, liberatosi di giacca e papillon, riprende il ruolo di cantante e regala loro un’interpretazione di «E penso a te» di Mogol-Battisti. Discorso a parte meriterebbe poi la scarsa affluenza di pubblico, che dovrà per forza far riflettere sulle future scelte della programmazione concertistica. In compenso, l’orchestra diretta da Alessandro Cadario offriva in apertura una bella e sorprendente esecuzione delle «Danze polovesiane» di Borodin con un coro, preparato da Fulvio Fogliazza, davvero in ottima forma. Meno convinti, direttore e strumentisti, nella suite dallo «Schiaccianoci» di Ciajkovskij: chissà come son venute fuori alcune imprecisioni, e l’orchestra pareva a tratti demotivata.