Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Ventiquattro milioni sul palcoscenico

Fonte: La Nuova Sardegna
11 aprile 2011

CAGLIARI. La grande paura è passata. I finanziamenti per lo spettacolo saranno ...
 
 I contributi nazionali e regionali per teatro, danza, musica, cinema e artisti di strada 
 
 
UMBERTO AIME 

 

CAGLIARI. La grande paura è passata. I finanziamenti per lo spettacolo saranno gli stessi dell’anno scorso. Sono stati giorni difficili per compagnie più o meno stabili dopo che lo Stato e le regioni avevano tagliato i fondi del 20 per cento fino a dimezzarli. Ma qualche settimana fa ministri e assessori hanno dovuto fare marcia indietro: sono stati costretti a farlo all’indomani di furiose e giuste sollevazioni. Oggi il grosso della posta è in salvo.
I finanziamenti. Subito voci e numeri, per capire di cosa si parla. Sono quattro i filoni di contributo: nazionale, regionale, europeo e locale.
Nel 2011 il tre per cento del Fondo unico per lo spettacolo, lo chiamano Fus e ammonta a 434 milioni, dovrebbe essere destinato ancora una volta alla Sardegna e distribuito fra i 54 gruppi isolani accreditati al ministero, compresi la Fondazione teatro lirico di Cagliari, il cinema e le compagnie viaggianti. Tutte insieme, nel 2009 (ultimo dato ufficiale) hanno ricevuto 13 milioni e mezzo, importo pare confermato nel 2011. Il 90 per cento del fondo pro-Sardegna - 10 milioni e più - finirà, come sempre, in una sola cassa, quella del Lirico cagliaritano, agli altri le briciole.
Dopo il finanziamento dello Stato, c’è quello regionale: erogato a singhiozzo dal 1950, in maniera continuativa dal 1990. Teatro lirico di Cagliari a parte, ha un suo canale privilegiato, all’inizio dell’anno la giunta Cappellacci aveva ridotto il piatto a 8 milioni e mezzo, poi anche in Sardegna ci sono state le proteste e con i prossimi aggiustamenti in aula, il monte ritornerà a essere quello del 2010, poco più di 10 milioni e mezzo. A presentare le domande per il fondo della Regione 2011, la scadenza era a febbraio, sono stati in 200 fra gruppi teatrali, di danza, organizzatori musicali, compresi i festival. Non è ancora chiaro da dove la giunta recupererà i 2 milioni promessi, ma c’è un dato che deve far riflettere: nel 2005 a chiedere la sovvenzione erano stati 75 fra gruppi, enti, associazioni, corali, eccetera, in cinque anni gli ammessi al bando sono diventati 124 e crescono ancora. Troppi e spesso è proprio la folla di pretendenti, più o meno qualificati, a far saltare il banco.
Dopo lo Stato e la Regione, ci sono i finanziamenti dell’Unione europea, che transitano attraverso i Piani operativi destinati a migliorare la qualità della vita e della cultura nelle aree svantaggiate, la Sardegna lo è. Di recente il Pd ha denunciato che la giunta Cappellacci da due anni non sa come spendere i 12 milioni stanziati da Bruxelles: «Sono purtroppo soldi fermi per la loro totale incapacità di presentare progetti», sostiene l’opposizione. Accusa forte, immediata la replica dell’assessore Sergio Milia del Pdl: «Sull’argomento c’è molta confusione nelle procedure». Chissà chi ha ragione.
Infine, ci sono i finanziamenti erogati da quasi tutti i 337 comuni della Sardegna e dalle otto province. È una torta difficile da pesare, bisognerebbe spulciare un’infinità di carte, ma anche questi soldi pubblici servono a fare massa contabile o assistenza e comunque da qualcuno sono attesi con ansia per tirare avanti sulla scena, in piazza o pagare la bolletta, semmai di ca-
sa e non del teatro.
È questo il quadro. Anzi, l’oceano dove nuotano sirene e squali, pesci rossi e piranha. Oppure è navigato da chi ha qualità certificate ma prende meno di quanto gli spetterebbe, o da chi pensa (sono in pochi, per fortuna) più agli affari suoi e meno alla cultura. Comunque, il monte contributi 2011 sarà ancora di 3 milioni (detratti i 10,6 destinati al Lirico cagliaritano) dal Fus e di 10,5 milioni dalla Regio- ne. Soldi indispensabili per chi vive di spettacolo: da sempre è il denaro statal-regionale a coprire la metà dei costi di una stagione, il resto delle entrate devono arrivare dal botteghino e dalle sponsorizzazioni. Se non accade, si va in malora.
Il Fus. Nel 2009 dei 13 milioni e mezzo del Fondo nazionale destinati alla Sardegna, il Lirico di Cagliari ha avuto poco meno del 90 per cento, resta da capire come avviene la ripartizione di quanto rimane, intorno ai 3 milioni.
Ogni anno il ministero stabilisce una griglia, li chiamano criteri di assegnazione, vanno dal numero di spettacoli alle giornate lavorative, e pubblica il bando. Presentate le domande, i conti li fa sempre l’insindacabile Osservatorio nazionale dello spettacolo e nella ripartizione la Sardegna esce spesso penalizzata: supera appena Marche e Molise, ma è molto dietro rispetto a Lazio, Liguria e Lombardia.
Senza addentrarsi nei parametri qualitativi, l’argomento è spinoso, rispetto alle regioni concorrenti sono il basso numero di spettacoli e la scarsa consistenza della forza lavoro, insieme ai piccoli numeri demografici dell’isola (qui intesi come spettatori paganti), a imprigionare le compagnie nostrane nella parte bassa della classifica.
In fondo al Fus. In Sardegna il contributo pro-capite dello Stato per lo spettacolo è di 8,14 euro per abitante, 60 centesimi in più rispetto alla media nazionale. In questo confronto, l’isola recupera qualcosa rispetto al Nord e al Centro ma soltanto perché il totale del contributo, compresi i 10 milioni erogati al Lirico, è diviso per la popolazione residente nell’isola, un milione e seicentomila abitanti. Dunque, la generosità dello Stato è soltanto un’illusione. Ebbene sì, è colpa della calcolatrice se sembra che il Fus preferisca la Sardegna ad esempio alla Lombardia, regione in cui l’investimento pro-capite è inferiore, 5 euro e 75 centesimi. Nella realtà, il monte da quelle parti è enorme (56 milioni contro i 13,6 della Sardegna) e gli abitanti sono dieci volte tanto rispetto ai sardi, è l’intreccio della divisione contributi-abitanti a falsare la realtà. Senza la matematica di mezzo, non ci sono sono santi: il Fus continua a essere stretto con l’isola.
Nel dettaglio, l’investimento più alto è nel Cagliaritano con 22 euro per abitante, 10 in meno rispetto al 2008. Subito dopo c’è Sassari con 2,7 euro (-1,1), chiudono le altre province (esclusa l’Ogliastra per cui non ci sono finanziamenti) con meno di un euro (-0,40). I tagli adesso sono ancora più evidenti nonostante la Siae dichiari: «Al botte- ghino la Sardegna ha registrato nel 2009 un aumento medio del 6,5 per cento di spettatori paganti», e l’Osservatorio aggiunga: «Il risultato potrebbe essere migliorato se fossero presenti più luoghi capaci di intercettare la domanda», ma si sa la mancanza di spazi è una nostra pecca storica.
Nel 2009 fra i soggetti accreditati a Roma, escluso il Lirico, chi ha avuto di più dal ministero sono stati l’Ente concerti «De Carolis» di Sassari, (610mila, trentamila in meno rispetto al 2008) e la Cooperativa Teatro di Sardegna, 419mila, con un taglio costante e significativo in tre anni. Fra le associazioni che hanno avuto meno spicca il gruppo di Ales, con 550 euro, mentre la banda «Città di Sassari» due anni fa è stata bocciata dopo aver ottenuto lo stesso contributo (550) dal 2007 al 2008.
Poche o zero che siano le quote del Fus, va detto che i tentativi delle compagnie sarde di risalire la classifica non hanno avuto finora fortuna. È il caso del «Cada die teatro» di Cagliari, che nel tempo ha incrementato il numero delle giornate lavoro coperte dai contributi, fino a un più 16 per cento nel 2008, ma di contro l’anno successivo ha avuto dal Fus un meno 2 in percentuale e oggi non supera la soglia dei settantamila euro. Cioè: ha provato a migliorare uno degli standard previsti, le giornate di lavoro, ma è stato stroncato. Peccato.
Fondo regionale. Se i finanziamenti dello Stato sono una lotteria, il fondo dell’assessorato alla cultura (10 milioni e mezzo) è peggio delle sabbie mobili. Il sistema è regolato da un articolo della Finanziaria del 1990, che ogni anno le giunte ritoccano e adeguano a seconda delle esigenze. Ed è qui che comincia il caos.
Primo: non esiste un registro del «settore professionistico dello spettacolo». Per partecipare al bando, basta autocertificare che da cinque anni si produce cultura, intanto nessuno verificherà la verità di quanto dichiarato.
Secondo: i criteri di assegnazione sono spesso inquinati dai gladiatori della politica, anche se all’apparenza possano sembrare oggettivi.
Terzo: nel 2006, una delibera della Giunta Soru, oltre a dividere il contributo in tre fasce - musica (50 per cento del totale), teatro (45) e danza (5) - ha inserito il correttivo della premialità. Doveva servire a far pulizia, invece ha scatenato l’assalto alla diligenza, col risultato che i gruppi di medie dimensioni, semmai in ascesa, sono stati penalizzati dalla smisurata platea di pretendenti autocertificati. La premialità è stata adottata anche dalla giunta Cappellacci e nulla è cambiato.
Quarto: l’Osservatorio regionale per lo spettacolo, potenziale organo di controllo, è stato finanziato (200mila euro) ma non funziona, non censisce e neanche vigila.
Quinto: nelle pezze giustificative, indispensabili per incassare il contributo, qualche incivile ci infila persino scandalose spese personali, che passano indenni visto le maglie larghe del setaccio.
Sesto: non esiste una programmazione che, ogni anno, dica in anticipo senza essere invasiva e arrogante su quale tipo di cultura o spettacoli bisogna puntare per diffondere le arti o attrarre i turisti.
Settimo: c’è una legge votata sempre nel 2006 dal Consiglio, che è inapplicata in parte per l’opposizione delle compagnie, contestano la premialità, e molto perché azzererebbe il vizio delle regalie.
Meriti e clientele. Bastano sette peccati capitali, per dire che regna il caos? Certo, fino al punto che persino fra i 22 organismi di interesse regionale (individuati nel 2006) è facile leggere fra le righe l’influenza e le distorsioni della politica. Secondo il colore della giunta, o l’essere vicino o meno nelle idee e nella simpatia elettoral-territoriale all’assessore del momento, può favorire o punire. Così fra gli accreditati in Regione alcuni da una stagione all’altra sono penalizzati con un meno 15 per cento, mentre altri, più amici - a parità di condizioni - riescono a strappare tagli meno cruenti, o ottengono addirittura un aumento. È questo il delitto clientelare consumato ogni anno ai danni di artisti seri, bilanci sani, produzioni eccellenti e spettatori paganti. Sono loro le vittime dell’autocertificazione: se il mondo resterà senza regole, che venga giù il sipario.