Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Non è una città per architetti

Fonte: La Nuova Sardegna
1 aprile 2011

 
Angius: «Difendiamo la necropoli e chiediamo progetti per i cagliaritani» 
 
 
 
 
MAURO LISSIA 

CAGLIARI. L’uscita pubblica è stata dirompente: loro, gli architetti, che attaccano l’amministrazione comunale in difesa del paesaggio, dei beni storici, della sentenza del consiglio di stato che ha fermato la cementificazione di Tuvixeddu, dell’anfiteatro ridotto da undici anni a tribuna da stadio. Il Comune accusato di schierarsi con l’interesse delle imprese contro quello della collettività. Come se d’improvviso, in una città rassegnata e indifferente a tutto, l’azione incessante delle associazioni ecologiste e culturali, di chi si è battuto con archi e frecce contro i tank del potere mattonaro avesse fatto breccia sulla coscienza di chi, da progetti e calcestruzzo, ha solo da guadagnarci. Tullio Angius è il presidente dell’Ordine degli architetti e spiega come si è arrivati alla decisione di scendere in campo: «Ci siamo svegliati, abbiamo scelto di far sentire la nostra voce in un campo fondamentale come quello del paesaggio».
- Tuvixeddu, l’arena romana, il piano per il centro storico. In questa città non mancano i punti critici su cui discutere.
«E’ una città che potrebbe essere bellissima, forse la più bella del Mediterraneo. Ma è stata massacrata da opere conseguenti a progetti scollegati fra di loro. Non c’è un piano, non c’è un’idea...».
- In compenso le betoniere si muovono. L’orrenda cittadella della musica, per esempio.
«Non posso che essere d’accordo su quell’opera, mi dispiace per il collega che l’ha progettata. Ma potrei citarne altre».
- Faccia pure, architetto.
«Abbiamo scoperto che su Bonaria non c’è un vincolo legato al codice Urbani, una cosa incomprensibile. Così dobbiamo aspettarci che quel palazzo di quattro piani a due passi dalla basilica si costruisca davvero. Non c’è vincolo neppure sulla sella del Diavolo, vorrei che qualcuno mi spiegasse».
- Si faccia spiegare anche perchè Cagliari è la sola città di mare al mondo che non ha un lungomare.
«C’era un grande progetto di riqualificazione legato al Betile, sparito il Betile che era finalmente una grande opera di architettura, è finito tutto. Compresa la riqualificazione di Sant’Elia, il campus universitario».
- Può spiegare com’è che nasce una cosa come la piazza Maxia, con le luci verdi e una fossa che sembra destinata ai leoni?
«A lei non piace, ma non è questo il punto. Il punto è che si tratta di un’opera inutile. Che bisogno c’era di farla e di farla in quel modo?».
- Andiamo a Tuvixeddu, architetto. L’Ordine che lei presiede ha salutato la sentenza del consiglio di stato come una vittoria.
«Noi architetti siamo per la difesa del territorio, dei beni storici, della bellezza. Tuvixeddu è un bene dei cittadini, una ricchezza del mondo. Abbiamo un piano paesaggistico regionale che l’Europa ci invidia, che ai congressi cui partecipo viene indicato come un esempio illuminato da seguire. I giudici hanno stabilito che vada applicato, non possiamo che esserne felici».
- Eppure il Comune è schierato anche in giudizio con il costruttore e malgrado la sentenza ha votato una delibera che rilancia l’idea di costruire sui colli punici.
«Posso dire che si tratta di un sito archeologico e di un paesaggio storico di importanza mondiale, come si fa a non difenderlo? Il Ppr di Soru l’ha difeso, i soli a non averlo capito sembra che siamo noi cagliaritani».
- Se Tuvixeddu è salvo, Malfatano è un cantiere aperto.
«Sì, abbiamo pensato di diffondere un documento anche su questo problema, probabilmente lo faremo. Qui il discorso si fa complesso...».
- Dica, architetto.
«Sono figlio di un muratore e vengo da una lunga gavetta, figuriamoci se non capisco l’importanza del lavoro edile. Ho un enorme rispetto per le necessità legate al lavoro, ma allo stesso tempo dico che lavoro e operai non devono essere usati per ottenere volumetrie e per devastare paesaggi».
- Il suo giudizio sul progetto Sitas?
«E’ una cosa vecchia... in quella zona ci sono i furradroxius, si poteva lavorare su quelli, sistemarli, creare una sorta di albergo diffuso. Ci sarebbe stata ricchezza per tutti e il paesaggio sarebbe rimasto intatto. Così invece si porterà solo turismo d’élite, una replica fuori tempo della Costa Smeralda, un modello ormai superato».
- Eppure è il modello che la maggioranza di governo, sembra promuovere.
«Io spero, insieme ai miei colleghi, che in campagna elettorale si parli anche delle esigenze della città e dei cagliaritani. Spero che si pensi a soluzioni per il Poetto, per il lungomare, per i trasporti, per la qualità di vita dei cittadini. Noi architetti non siamo una casta, la nostra ambizione è di lavorare per il benessere dei cittadini e per rendere i luoghi più belli, più vivibili. Vorremmo che il paesaggio venisse prima degli interessi privati ed è questo che chiediamo alla politica».