Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Ora rischiamo la chiusura»

Fonte: La Nuova Sardegna
23 marzo 2011



Finanziaria regionale, chiesto a gran voce il reintegro di due milioni



CULTURA E TAGLI Ieri mattina davanti al Consiglio regionale si è tenuta la protesta degli operatori di tutta l’isola

PABLO SOLE

CAGLIARI. In Sardegna c’è un’industria che dà lavoro a circa duemila persone. Almeno fino ad oggi. È l’universo che ruota intorno alla cultura e allo spettacolo, popolato da attori, registi e musicisti, sceneggiatori e danzatori, poeti. Il giocattolo però rischia di rompersi e il motivo è sempre lo stesso: soldi. I tagli modello mannaia arrivati dal governo nazionale - con quasi il 50% di fondi in meno - si sommano alla scure che si è abbattuta per mano della giunta regionale: rispetto agli anni precedenti, quando si toccava quota undici milioni, oggi all’appello mancano due milioni e mezzo. Ecco perché, ieri mattina, decine di operatori provenienti da tutta la Sardegna si sono dati appuntamento sotto le finestre del consiglio regionale.
«Diciamolo subito, forte e chiaro: molti non saranno in grado di proseguire le attività - ha chiarito Nanni Campus, rappresentante del coordinamento degli operatori sassaresi -. Da un lato aumenta la pressione fiscale, dall’altro i tagli. Con questa manovra finanziaria, la giunta regionale muove un palese attacco al sistema culturale sardo, senza contare che i disoccupati ricadranno sul groppone della stessa Regione». Un cane che si morde la coda, insomma.
«Noi portiamo energie, non le sottraiamo - afferma Stefano Mancini, di Teatro e/o musica di Sassari - e siamo quelli che, durante i 10 mesi non estivi, garantiamo un ricco cartellone culturale malgrado i fondi non siano adeguati». Sulla stessa linea Tonino Murru e Donatella Pau de Is Mascareddas di Monserrato. «La nostra isola ha bisogno di cultura, vera arma di prevenzione contro le devianze. È anche vero che occorre indicare dei criteri per l’assegnazione dei contributi, ora distribuiti a pioggia. Perché? È un modello che serve alla politica, per perpetuare un sistema clientelare». E questo è uno dei problemi del comparto, come conferma anche Antioco Usala del Cada Die teatro. «Crediamo ci sia del marcio in Danimarca. Parto da una riflessione: poco tempo fa una esperta come Mimma Gallina ha confrontato Sardegna e Lombardia. Da noi ci sono 124 soggetti accreditati, da loro circa 200. È normale?». Qualche dubbio pare lecito. «Su questo versante - dice la danzatrice Ornella D’Agostino - aspettiamo una legge da anni, in coerenza con le professionalità dei vari soggetti: la varino al più presto». Ora rimane però il problema del “che fare” per scongiurare i tagli. «Paolo Maninchedda e Francesca Barracciu, della commissione Bilancio - dice Usala - hanno suggerito di pungolare la Regione per il recupero di almeno due milioni: impossibile tentare di avere di più. Intanto, nelle prossime ore, incontreremo l’assessore Sergio Milia».

 

Da oggi in tutta Italia e anche in Sardegna

«È una crisi senza precedenti» Serrata nei teatri e proteste




ROMA. Si parte oggi con il mondo della danza a Montecitorio e si va avanti, tra lo sciopero dei sindacati e la serrata dei teatri fino a lunedì con eventi nei cinema, musei, auditorium e luoghi d’arte di tutta Italia. Il mondo della cultura e dello spettacolo torna in piazza a protestare contro una «crisi senza precedenti», contro quel «Divieto alla cultura» che campeggia nei manifesti delle tre Giornate Nazionali per la Cultura e lo Spettacolo, presentate ieri e cresciute fino a diventare un’intera settimana di manifestazioni. Questa volta l’appello è rivolto ai cittadini, perchè la reazione «deve partire anche dal basso». Promosse da Federculture, Agis, Anci, Upi, Conferenza delle Regioni e Fai, con l’adesione trasversale di decine di enti e istituzioni pubbliche e private, da La Scala di Milano all’Accademia di Santa Cecilia, la manifestazione sarà prima di tutto una grande campagna informativa, rivolta «anche a chi al cinema o alle mostre non ci va». L’obbiettivo, ha spiegato Paolo Protti, presidente dell’Agis, «far capire che in pericolo non è solo l’offerta culturale, ma la forza occupazionale e il mondo della produzione intero». A fronte di un calo del 30% di investimenti pubblici in cinque anni e di un Fus ridotto ai minimi storici, si legge nei dati degli organizzatori, a rischiare la chiusura ci sono anche istituzioni come Cinecittà Luce, e a soffrire fortemente il Festival Letterature di Mantova o la Mostra del Cinema di Venezia. Si protesta contro i tagli e un sistema legislativo «miope», per ribadire la centralità della cultura nell’economia e nell’identità nazionale con riforme che vanno dal reintegro del Fus al sostegno ai giovani. «Ma non c’è nulla di ideologico o politico - sottolinea Roberto Grossi di Federculture - tanto che per la prima volta tutto il mondo pubblico della cultura e dello spettacolo si ritrova unito, perchè con queste decurtazioni è impossibile anche solo il mantenimento dello status quo». «Sta avvenendo una vera implosione - aggiunge Andrea Ranieri dell’Anci - Tremonti ora deve far seguire i fatti alle parole». Questa volta dunque si scende in piazza per creare «la scintilla» nei cittadini. E se anche la scelta è stata contro l’oscuramento in favore della comunicazione, venerdì sarà giornata di black out, con lo sciopero generale indetto dai sindacati e la serrata dei teatri. Anche in Sardegna, chiuderà il Massimo dove sono in corso le repliche del «Don Chisciotte» con Franco Branciaroli. Da sabato fino a lunedì, ogni luogo d’arte, cultura e spettacolo, compresi i siti della Giornata Fai di Primavera, porterà la protesta tra i cittadini nelle tre Giornate Nazionali per la Cultura e lo Spettacolo, con manifestazioni e diffusione di materiale, spot in tutti i cinema. Si chiude a Torino, città simbolo dell’unità d’Italia, con un incontro pubblico al Teatro Regio. «Questo è solo un passaggio - conclude però Protti - Il 29 saremo ancora qui vigili e attivi», in attesa di fatti e pronti ad agire.