Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Le aree del porto sono demaniali

Fonte: La Nuova Sardegna
7 marzo 2011



Il procuratore esprime apprezzamento per il lavoro della Capitaneria




CAGLIARI. La Capitaneria di porto di Cagliari quando il 24 giugno 2010 ha avviato la quarta delimitazione delle aree del porto canale è diventata un esempio positivo di «tenuta del bene amministrare a presidio della legalità nel territorio della Regione». La lode, lunga un’intera pagina, è arrivata ieri mattina da fonte autorevole: la Corte dei Conti in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario nella relazione del procuratore generale Tommaso Cottone.
Come è noto la Corte dei Conti è l’organo giudiziario di controllo della contabilità pubblica e negli ultimi anni le sue competenze si sono allargate: non solo giudica sugli atti per i quali è chiamata a esprimersi a proposito di un eventuale danno erariale ma «assoggetta» a controllo le amministrazioni pubbliche individuando problemi e risorse e suggerendo anche soluzioni. In Sardegna, nel problematico panorama delle amministrazioni pubbliche, «non mancano segnali positivi». «Quale primo esempio è doveroso citare l’attività svolta dalla Capitaneria di porto di Cagliari che finalmente - ha detto Cottone -, nonostante fortissime (ed a volte ingiustificate) opposizioni, è riuscita a completare l’operazione di delimitazione del porto industriale di Cagliari, cosiddetto porto canale. A seguito degli ingentissimi finanziamenti statali - è sempre il procuratore generale che relaziona - (circa mille miliardi di lire dal 1970), l’Ente concessionario degli espropri, il Consorzio Casic (ora Cacip) ha condotto, nel tempo, una serie di operazioni che, di fatto, avevano privatizzato vaste zone demaniali marittime sottraendole alla loro funzione e vocazione pubblica. Atti di cessioni a privati non consentiti e che, per di più, in alcuni casi, si riferivano a porzioni di terreno a suo tempo e espropriate in virtù della loro funzione e vocazione pubblica». Cottone ha aggiunto anche altri elementi alle informazioni giunte finora a proposito dei problemi causati dall’eterno contenzioso del Casic contro l’autorità portuale prima e la Capitaneria oggi: nel porto canale ci sono «zone demaniali lasciate completamente inutilizzate mentre avrebbero dovuto essere messe a reddito con vantaggi per l’economia portuale e con entrate a titolo di canone di concessione. Nella sostanza - continua il procuratore generale -, l’attività di delimitazione, non ha fatto altro che riportare nell’alveo della proprietà pubblica, aree indebitamente sottratte allo sviluppo dell’economia portuale cagliaritana; il che, consentirà, in modo trasparente e controllato, agli operatori economici di utilizzare quegli stessi spazi mediante lo strumento della concessione». Nella relazione, il procuratore generale ha voluto sottolineare la difficoltà in cui la Capitaneria di porto comandata da Giuseppe Mastroianni si è trovata: «Per condurre tale prevista e ordinaria operazione, la Capitaneria di porto, ha dovuto vinceee non solo le fortissime opposizioni del Consorzio, ma, anche quelle di altre realtà locali che, equivocando sulla reale portata della procedura, sembrano essersi fatte interpreti degli interessi dei privati imprenditori, più che degli interessi pubblici. La sinergia dei vari uffici interessati (oltre la Capitaneria, la locale Agenzia del demanio, il provveditorato alle opere pubbliche, la stessa autorità portuale, guidati e assistiti dall’avvocatura dello Stato che ha accompagnato la correttezza di ogni singolo atto, ha consentito di superare ogni difficoltà e di conseguire risultati, oltre che conformi alle norme, utili all’economia regionale».

 

Il Cacip: «In quella zona solo terreni privati»

La posizione del Consorzio in una lettera del presidente Emanuele Sanna




CAGLIARI. Da molti anni il Casic ora Cacip è impegnato a difendere le proprie posizioni sullo spinoso tema della titolarità delle aree che sono rimaste finora escluse dalla delimitazione territoriale del porto canale. Sull’ultima operazione, la quarta, cominciata il 24 giugno 2010, alcuni giorni fa attraverso la Nuova Sardegna si è espresso il suo artefice, il comandante della Capitaneria di porto, Giuseppe Mastroianni. Con una lettera firmata dal presidente Emanuele Sanna, interviene il Cacip: «... Non è assolutamente vero che le aree tuttora intestate al Consorzio industriale di Cagliari presso la Conservatoria dei registri immobiliari, nonché quelle cedute agli imprenditori privati siano ‘ex stagno’ e quindi statali. Infatti, tali aree: erano e sono terre emerse; hanno sempre avuto le caratteristiche e i requisiti, naturali e oggettivi, dei beni privati, e non statali; non sono state interessate ad alcuna opera portuale, né hanno funzioni inerenti il porto; sono state acquisite mediante procedure espropriative da privati e col pagamento di un corrispettivo; non sono state mai rivendicate dal demanio, né da altri soggetti pubblici; sono state in diversi casi comprate e bonificate dal Cacip rilevando stabilimenti industriali che hanno operato per decenni in quell’area. Tutte le aree ‘demaniali’ a suo tempo consegnate alla Casmez per la realizzazione del porto sono state, con il completamento delle opere, riconsegnate al demanio marittimo che tuttora le detiene. Sono intervenute ben 4 procedure di delimitazione, l’ultima delle quali, la quarta, si è formalmente conclusa con verbale in data 20 gennaio 2003 come del resto risulta da atti della Capitaneria di porto di Cagliari. Risulta quindi assolutamente infondata l’affermazione del comandante Mastroianni secondo cui la Capitaneria non avrebbe trovato una delimitazione conclusa, ma una procedura ancora in corso». Dunque: «Le aree oggi definite demaniali - si continua nella nota del Cacip - non sono mai state consegnate alla Capitaneria di porto alla Cassa per il Mezzogiorno per l’esecuzione di opere portuali in quanto proprietà privata. Nei relativi verbali di consegna la Capitaneria ha fino a oggi escluso tali aree non potendo vantare su di esse alcuna prerogativa o titolo di proprietà. Allo stato, non è chiaro il motivo per il quale abbia voluto avanzare la rivendicazione di aree non interessate da opere o attività portuali e destinate dalla programmazione regionale e territoriale alle imprese e ad attività industriali; ciò che appare evidente è il gravissimo pregiudizio arrecato sia al Cacip, in quanto ente pubblico economico formato da un consorzio di enti locali, sia ai privati e alle imprese che hanno già investito cospicue risorse finanziarie per realizzare fondamentali attività in stretta connessione col porto industriale». (a.s.)

 

Il presidente degli industriali: «Bisogna trovare una soluzione»




CAGLIARI. Il 9 marzo al Tar si terrà l’udienza dove i magistrati amministrativi dovranno decidere se sospendere il provvedimento del ministero che non sconfessa l’operato della Capitaneria di porto di Cagliari. Un giro complicato per dire che due imprenditori, i quali avevano comprato due delle quattro aree vendute dal Cacip oggi diventate demaniali, si erano opposti alla delimitazione e il ministero non aveva dato segno di accoglimento dei loro argomenti. Nella conferenza stampa tenuta nel capannone in costruzione del gruppo Grendi, il presidente dell’associazione industriali, Alberto Scanu, aveva lanciato un appello alla Regione perché favorisse una soluzione pacifica per una contesa dove la posta in gioco sono milioni e milioni di euro: quelli degli imprenditori che hanno comprato dal Cacip; quella della demanio pubblico che non può disporre di aree preziose; quella di Free Zone, la società di gestione della zona franca, paralizzata perché, senza terreni, non può esistere.