Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Guerra sui terreni del porto, c'è un'inchiesta

Fonte: L'Unione Sarda
2 marzo 2011


La vicenda contrappone il Cacip al Demanio marittimo: una disputa che vale 160 milioni di euro

Aperto un fascicolo per occupazione arbitraria di aree pubbliche

Sfocia in una clamorosa inchiesta giudiziaria la guerra tra Cacip e Capitaneria sulla proprietà di oltre 300 ettari di terreno a suo tempo espropriati nella zona del porto canale. Una montagna di documenti riempie il fascicolo aperto dai sostituti Emanuele Secci e Marco Cocco per occupazione arbitraria di aree pubbliche dopo la segnalazione della Capitaneria di porto, forte di un dettagliato parere dell'avvocatura dello Stato.
Il reato è punito con una semplice contravvenzione ma la posta in gioco è talmente alta che difficilmente l'indagine si fermerà a questa ipotesi.
Anche perché la vicenda, complicata quanto delicata, si è nel frattempo arricchita di un documento che fotografa la portata degli interessi in gioco: quando la procedura di definizione delle aree non era ancora conclusa, nel senso che non erano scaduti i termini entro cui il ministero delle Infrastrutture avrebbe dovuto rispondere alle opposizioni presentate nella riunione del 24 giugno 2010 della cosiddetta Commissione di delimitazione, il presidente del Cacip Emanuele Sanna, attraverso l'avvocato Costantino Murgia, ha inviato una lettera alle amministrazioni che rivendicano come demianiali i terreni che invece il Cacip ritiene di sua proprietà: si tratta di una costituzione in mora, molto argomentata soprattutto sotto il profilo giuridico, con cui il Cacip ha quantificato nella bellezza di 160 milioni di euro il danno che la nuova delimitazione delle aree demaniali potrebbe creare.
LA CAUSA CIVILE I termini sono scaduti, l'azione civile non è stata intentata ma tutto lascia immaginare che il Cacip intraprenderà pure quella strada. Intanto quella lettera è stata acquisita agli atti del procedimento penale. Che, forse proprio a causa degli avvenimenti più recenti, nelle ultime settimane ha subìto una decisa accelerazione. L'indagine era stata avviata nella scorsa estate in seguito all'esposto presentato dallo stesso presidente del Cacip nel mese di luglio, subito dopo la definizione delle nuove delimitazioni delle aere demaniali che da un lato riducono di trecento ettari l'ambito di attività del consorzio, dall'altro allargano fino a 750 ettari l'area portuale gestita dal demanio marittimo.
L'ESPOSTO DEL CACIP Sanna si era rivolto alla magistratura perché il Cacip viveva sostanzialmente come vessatoria la procedura per la definizione delle aree. Per quel motivo aveva consegnato ai pm numerose carte a sostegno della bontà delle sue argomentazioni. La Procura sei mesi fa ha aperto un fascicolo su fatti non costituenti reato, una sorta di pre-indagine al fine di capire se le argomentazioni contenute nell'esposto avessero fondamento. In quello stesso periodo Sanna si era rivolto anche alla Procura della Corte dei conti che ha aperto un fascicolo per verificare l'esistenza di un danno erariale causato dalla gestione di quei terreni: anche lì il problema sarà quello di valutare se è la Capitaneria di porto, il Demanio marittimo, quindi lo Stato a causare un danno attraverso la procedura di delimitazione delle aree o se, viceversa, sia il Cacip a gestire illegalmente quelle aree fino al punto di venderle senza titolo a imprenditori privati.
L'OCCUPAZIONE ARBITRARIA Successivamente anche la Capitaneria di porto si è rivolta alla Procura della Repubblica e, a quel punto, i pm Cocco e Secci hanno acquisito tutti gli atti della disputa e hanno aperto un'inchiesta vera e propria. L'ipotesi di reato è quella di occupazione arbitraria di terreni pubblici. All'interno del fascicolo, al momento contro ignoti, sono già confluiti tutti i documenti relativi al braccio di ferro che oppone la Capitaneria di porto al Casic e ai privati che dal consorzio hanno acquistato alcune aeree dove hanno avviato attività imprenditoriali con investimenti milionari. La nuova delimitazione di fatto li espropria dei terreni passati istantaneamente allo Stato, dunque le imprese non possono continuare con la loro attività. Per questo motivo la Grendi e la Bruno Musso si sono rivolte al Tar: l'udienza per la sospensiva del provvedimento è fissata per il 9 marzo. Il Tribunale amministrativo regionale non ha, invece, ancora fissato al data del ricorso - nel merito - sulla legittimità delle procedure sulle delimitazioni presentato sempre dall'avvocato Murgia per conto del Cacip. Il consorzio non ha chiesto una sospensiva perché dalle nuove delimitazioni non ha subìto un danno immediato.
MARIA FRANCESCA CHIAPPE

 


GLI ATTI. Il parere dell'avvocatura dello Stato
«Beni invendibili
e i contratti sono nulli»
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Fra le carte dell'inchiesta penale c'è il parere dell'avvocatura dello Stato che sottolinea la «correttezza della procedura di delimitazione effettuata il 24 giugno 2010». L'intento è quello di «prevenire l'insorgere di future controversie giudiziarie ponendo una oggettiva interpretazione giuridica degli inequivocabili titoli della demanialità delle aree in contestazione».
La Capitaneria di porto si è rivolta all'avvocatura dello Stato dopo le contestazioni sorte in occasione della riunione dell'estate scorsa. Il parere sottolinea un passaggio: il Cacip, ex Casic, «insiste nel vantare titoli di proprietà assolutamente inesistenti». E ancora: «Aver confuso ruoli, compiti, poteri e risorse economiche ha comportato tutti i conseguenti indebiti accadimenti. In ciò non può essere ravvisata responsabilità di sorta a carico di alcun diverso organo dell'amministrazione statale ma unicamente dallo stesso Casic. Le responsabilità di questa situazione sono, quindi, tutte interne al consorzio e ricadenti sui soli organi amministrativi e di controllo interno ed esterno».
L'avvocatura dello Stato si sofferma sull'esproprio dei terreni effettuato dal Casic anni fa per conto della Cassa per il mezzogiorno: «Lo specifico titolo giuridico in forza del quale il Casic ha operato nelle procedure espropriative esclude che la titolarità dei terreni espropriati a suo nome possa essere mai stata acquisita al patrimonio dell'ente consortile». E se il Cacip non è proprietario dei terreni non può neanche venderli: «Non possono essere oggetto di trasferimento a privati», altrimenti «il patto è nullo». E allora: «Negli atti di vendita conclusi dal Cacip con quattro imprenditori sono riscontrabili i profili di invalidità e inefficacia connessi alla mancanza del titolo di proprietà».
L'avvocatura dello Stato bacchetta infine gli imprenditori acquirenti che, «invece di procedere a tutela della loro posizione nei confronti del Cacip che ha venduto loro i terreni, si accaniscono contro la commissione di delimitazione che ha dato solo conto della preesistente demanialità delle aree inutilmente acquistate».
M. F. CH.

 


LA BATTAGLIA. Particolarmente appetibili le aree davanti a Giorgino
Al centro della contesa oltre 300 ettari
In ballo ci sono 300 ettari di terreno: il Demanio li ha sottratti al Cacip o il Cacip li ha occupati arbitrariamente? La disputa è tutta qui. Sembra facile ma non lo è.
L'attenzione è focalizzata su 21 ettari a Giorgino particolarmente appetibili dal punto di vista imprenditoriale: si tratta di aree funzionali al terminal industriale che potrebbero essere gestite dall'Autorità portuale.
Della battaglia su quelle aeree si era saputo alla fine del giugno 2010, anche perché si tratta di terreni destinati a servizi potenzialmente edificabili. Quelle aree, una volta governate dall'Autorità portuale, per il loro utilizzo rientravano sotto la normativa del Piano urbanistico comunale, dunque non erano più sotto il piano regolatore del Cacip. Ma, meno di sei anni fa, nell'aprile 2005, la terza delimitazione delle aree aveva sancito la non demaniabilità dei terreni del Cacip. Si tratta di tasselli strategici in prossimità della costa dove il Cacip vorrebbe costruire un nuovo centro servizi con 18 milioni di euro. Ora invece quei terreni dovrebbero passare sotto la gestione dell'Autorità portuale.
Nel mese di agosto si era poi saputo dell'esposto presentato da Emanuele Sanna alla Procura e alla Corte dei Conti.